image_pdfimage_print

CONCORSI E SELEZIONI:

Vademecum per il partecipante

Parte Prima

Federico Zanon

Scrivo questo articolo per contribuire a chiarire una materia, quella dell’accesso a rapporti di lavoro con enti pubblici, che riveste particolare rilievo per gli psicologi. Il mio intento non è ovviamente quello di offrire una dettagliata rassegna giurisprudenziale, ma di richiamare della giurisprudenza i punti di maggior rilievo per il partecipante a selezioni e concorsi.

L’ottica è quella di offrire poche, chiare indicazioni su come dovrebbero svolgersi le operazioni di scelta di personale negli enti pubblici, ad uso dei candidati. A piede, una nota rinvia alle Leggi e ai Decreti di rilievo in materia.

Rimando comunque il lettore alle fonti normative originali, facilmente richiamabili in internet, uniche a dare piena garanzia di esattezza delle informazioni.

Definizione di Pubblica Amministrazione

In via preliminare, occorre delimitare il campo di cui stiamo parlando. Una definizione di Pubbliche Amministrazioni è contenuta nell’art. 1 del D.Lgs. N°165/2001, che dice:

“Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. N°300/1999.”

Il rapporto di lavoro dipendente e i Concorsi Pubblici.

Le pubbliche amministrazioni possono assumere (si intende: stipulare contratti con rapporto di lavoro dipendente, a tempo determinato o indeterminato) il proprio personale attraverso tre modalità (art. 1 del D.P.R. 09.05.1994 n. 487):

1)     per concorso pubblico, aperto a tutti. Può essere per titoli ed esami oppure per soli esami.

2)     Per avviamento attraverso le liste di collocamento (eventualità quantomai rara per gli psicologi).

3)     Per chiamata numerica degli iscritti alle liste degli appartenenti alle categorie protette.

Il concorso pubblico deve svolgersi rispettando i criteri di:

1)     imparzialità

2)     economicità

3)     celerità di espletamento.

Pare superfluo specificare che, se tutti i concorsi rispettassero tali principi, non saremmo qui a scriverne e a leggerne.

Nello stesso DPR, sono contenute le indicazioni, con valore vincolante per gli enti, che definiscono le modalità di svolgimento dei concorsi pubblici.

Riassumo quelle che mi paiono di maggior rilievo per il candidato psicologo, mantenendo per utilità pratica  un ordine di esposizione che ricalca la successione cronologica degli eventi di un concorso:

1)     I concorsi constano di due prove scritte (una teorica ed una pratica) ed una prova orale. Se il numero di candidati è inizialmente molto alto, alle due prove scritte è possibile far precedere una pre-selezione scritta, anche tramite procedure automatizzate e con l’ausilio di società di selezione specializzate.

2)     Materie d’esame sono quelle indicate dal bando. Non sono a conoscenza di vincoli relativi alla scelta della materia da parte della commissione, ed è prassi che nei concorsi pubblici (per qualunque profilo professionale) siano presenti domande in materia di legislazione del settore. Paiono dunque infondate le lamentele dei candidati che rivendicano il diritto di sostenere prove soltanto sulle materie tecniche (psicologiche).

3)     Le date delle prove scritte devono essere comunicate singolarmente ai candidati; in alternativa, è opzione per l’ente di avvalersi di una comunicazione pubblica attraverso la Gazzetta Ufficiale, sezione concorsi.

4)     La commissione deve essere composta da “tecnici esperti della materia oggetto del concorso”. A questo proposito, l’Ordine Veneto ha recentemente promosso un ricorso amministrativo per un concorso che non prevedeva psicologi iscritti all’ordine fra i membri della commissione; tale metodologia pare essere inammissibile, anche qualora il tecnico esperto sia un medico psichiatra, in quanto le due professionalità non sono sovrapponibili.

5)     Il giorno delle prove scritte, la commissione valuta il numero di partecipanti e comunica l’orario di conclusione delle prove. Quindi, ogni membro prende visione dell’elenco dei partecipanti e sottoscrive una dichiarazione che attesta che non sussistono situazioni di incompatibilità con i candidati, ai sensi degli articoli 51 e 52 del Codice di Procedura Civile.

6)     La commissione prepara tre tracce diverse per le prove, sigillandole in tre buste separate e firmate sui lembi. Inoltre, stabilisce i criteri di valutazione degli elaborati e li verbalizza.

7)     Il giorno della prova scritta, la commissione procede all’appello nominale e al controllo dell’identità. Quindi, fa accomodare i candidati in modo che non comunichino fra loro.

8)     All’inizio della prova scritta, un candidato estrae a sorte una delle tre buste. Le altre due sono aperte e lette ai candidati. In questa fase, generalmente un membro della commissione si incarica di fotocopiare il testo della prova per tutti i partecipanti, accompagnato da uno o più candidati che controllino la regolarità dell’operazione.

9)     I candidati possono avere con sé soltanto i dizionari di lingua italiana e i testi di legge non commentati che la commissione ha autorizzato. Non possono comunicare o mettersi in relazione fra loro.

10)  Ad ogni candidato sono consegnati fogli timbrati e firmati per rispondere alle domande, una busta grande e una busta piccola, un cartoncino e una penna. Al termine della prova, ogni candidato scrive il proprio nome, luogo e data di nascita sul cartoncino, che chiuderà nella busta piccola. Quindi, chiuderà la busta piccola insieme alla prova d’esame, rigorosamente anonima e non recante alcun segno di riconoscimento (questa è la funzione delle penne tutte uguali), nella busta grande.

11)  Al termine di ogni giornata, la commissione incolla una etichetta numerata sulle buste delle prove, per poter riunire in seguito tutte le prove scritte di uno stesso candidato esclusivamente attraverso il numero ed in modo anonimo.

12)  Al termine dell’ultima prova scritta, la commissione deve comunicare ai candidati che alcuni di loro, in numero non superiore a dieci, potranno assistere alle operazioni di riunione delle buste, per verificare che siano ancora sigillate e che vengano riunite in modo corretto.

13)  In ogni caso, il riconoscimento del candidato non può mai avvenire prima della correzione delle prove.

14)  Se il concorso prevede la valutazione dei titoli, questi possono concorrere al punteggio finale per un massimo di 10/30, e la loro valutazione avviene al termine delle prove scritte e prima delle prove orali. Il bando deve indicare i titoli valutabili e i criteri di attribuzione del punteggio.

15)  I candidati che conseguono un punteggio di almeno 21/30 in ciascuna delle prove scritte possono accedere alla prova orale. Devono essere avvisati singolarmente (telegramma, raccomandata e simili) almeno venti giorni prima dello svolgimento della prova.

16)  La prova orale va svolta entro sei mesi dalla prima prova scritta.

17) “La prova orale deve svolgersi in aula aperta al pubblico, idonea ad assicurare la massima partecipazione” (cit. testualmente).

18)  La commissione stabilisce le domande da porre a ciascun candidato; le scrive e le fa estrarre a sorte durante l’esame orale.

19)  I candidati possono accedere ai verbali del concorso, secondo quanto stabilito dal DPR 352/1992 e secondo le modalità ivi contenute.

20)  La graduatoria resta in vigore per 18 mesi (ora 36 mesi) per i posti messi a concorso che dovessero rendersi disponibili. Ciò significa che in caso di rinuncia di un vincitore si procede in ordine di graduatoria all’assunzione sostitutiva, mentre se l’ente istituisce nuovi posti, non dovrà seguire la graduatoria ma indire un nuovo concorso.

Incarichi libero-professionali e Selezioni.

Per il  D.Lgs. N°165/2001, poi ribadito dalla Legge biagi, le pubbliche amministrazioni possono, “per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio (…) conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di provata competenza, in presenza dei seguenti presupposti:

1)     l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente e ad obiettivi e progetti specifici e determinati;

2)     l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;

3)     la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata;

4)     devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.”

Per lo stesso D.Lgs., “le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione.”

Pare chiaro che il potere di decidere dei criteri e delle modalità di selezione sono attribuiti all’ente che promuove la selezione, in misura molto più libera rispetto ad un concorso pubblico. Ad esempio, una selezione per incarichi libero-professionali non richiede le strette procedure di controllo di un concorso, o l’obbligo di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che in una certa misura garantiscono una ampia partecipazione e una maggiore imparzialità; essa è quindi maggiormente soggetta alla possibilità che la scelta del candidato non avvenga sulla base dell’effettiva competenza professionale, ma in base ad altri criteri.

Parimenti, non esistono norme che stabiliscano che un incarico non può essere attribuito più volte alla stessa persona, a seguito di diversi procedimenti di selezione.

La normativa sembra aprire uno spazio alla possibilità che l’attribuzione di incarichi professionali in regime di autonomia sia utilizzato dagli enti pubblici in sostituzione di assunzioni, e non per far fronte ad esigenze temporanee.

Il caso estremo, ma non infrequente nella pratica, è quello dell’ente pubblico che non emette bandi di concorso ma si avvale di contratti libero-professionali, ripetendo ogni anno le procedure di selezione che riconfermano gli stessi consulenti. Ciò è comprensibile e conveniente per l’ente, ma può configurare una distorsione del principio generale di imparzialità e possibilità di una larga partecipazione, che è esplicito per i concorsi e che potrebbe essere applicato estensivamente anche alle selezioni.

CONCORSI E SELEZIONI:

Vademecum per il partecipante

Parte Seconda

Facendo seguito al mio primo contributo sulla questione dei concorsi e delle selezioni, e al dibattito svolto attraverso il forum riservato agli iscritti dell’Ordine Veneto, dedicherò questa seconda parte all’annoso problema dei concorsi e delle selezioni che paiono scegliere i candidati sulla base di criteri diversi dalla competenza professionale; in particolare, proverò a suggerire degli spunti per la creazione di metodi infallibili per pilotare i risultati di concorsi e selezioni.

Per meglio delineare la questione, introdurrò il tema con una barzelletta, credo molto conosciuta, che ho postato tempo addietro nel forum citato sopra:

In un piccolo ospedale di provincia, un uomo si lamenta con l’infermiera che gli sta martoriando il braccio per eseguire un semplice prelievo di sangue. Alle rimostranze dell’uomo, l’inferimera risponde: “e di che si lamenta? guardi che il primario mi ha assunta perchè sono brava con la bocca, mica con le mani!”

Il concorso pubblico: tecniche di guida

La normativa sui concorsi pubblici è concepita in modo da garantire il rispetto del criterio di imparzialità. Senza addentrarmi nella ricerca di una definizione giuridica precisa del principio di imparzialità, ritengo che possa corrispondere alla garanzia che tutti i candidati abbiano identiche probabilità iniziali di aggiudicarsi i posti messi a concorso, e che la decisione finale sia raggiunta in base a criteri trasparenti, decisi dalla commissione in sede di prima riunione, e riconducibili al possesso di competenze e conoscenze coerenti con l’incarico da ricoprire.

Tuttavia, qualora l’interesse dell’ente pubblico sia diverso dall’esigenza di individuare in modo imparziale il candidato professionalmente più adatto per la funzione, è necessario applicare metodologie specifiche, atte a realizzare una deroga di fatto dalle infinite trappole che lo svolgimento regolare delle procedure concorsuali può tendere al candidato di interesse.

Ecco perciò una rosa di ipotesi su come pilotare i risultati di un concorso, naturalmente frutto di fantasia e assolutamente non riconducibili ad alcun accadimento reale passato, presente o futuro:

1)     Concorsi estivi, natalizi e pasquali: emettere il bando in Agosto, nel periodo natalizio o pasquale, e svolgere le prove in tali periodi (ad esempio, il 31 Dicembre) permette di ridurre drasticamente il numero dei partecipanti, effettuando così una selezione all’origine. Oppure permette di intercettare tutti gli psicologi in vacanza fra  Venezia Lido e Jesolo, ampliando la rosa dei candidati.

2)     Lo scritto su misura: la normativa vieta tassativamente la diffusione delle domande delle prove scritte. Tuttavia, non può vietare alla commissione di formulare domande ad hoc basate sulle competenze professionali di un candidato che si conosca personalmente, per precedente frequentazione, collaborazione, affinità, parentela. La stessa tecnica può essere attuata per le prove pratiche, avendo l’accortezza di sottoporre ai candidati i casi pratici che il candidato abbia precedentemente gestito per conto dell’ente, nel corso di collaborazioni attive durante gli ultimi dodici mesi.

3)     Grafologia: in tempi di relativismo scientifico, anche la grafologia è stata elevata al rango di scienza… e un commissario particolarmente esperto o bene addestrato potrebbe anche rinvenire, fra le armoniche volute della calligrafia, i segni inequivocabili che permettono di associare un compito al suo autore. Lasciati, ovviamente, senza intenzionalità dolosa…

4)     Verba volant: quale migliore occasione, se non la prova orale (priva di anonimato) che sempre conclude l’iter concorsuale, per ribaltare gli esiti della classifica mettendo il primo al posto del secondo, il secondo al posto del terzo, il terzo al posto del quarto, e il quarto al posto del primo? Le tecniche argomentative a disposizione di commissione e candidato sono svariate, come è noto a chiunque lavori con il linguaggio verbale.

Tecniche illecite.

Già. Sarà malizia, ma qualcuno potrebbe anche pensare di trasgredire la legge! Naturalmente la probabilità è remota, e l’ipotesi che tutto ciò possa davvero accadere è frutto di una mente luciferina. Ma sarebbe davvero possibile?

1)     La burocrazia pubblica: fra uffici polverosi e disordinati, fotocopiatrici collettive, terminali connessi in rete, potrebbe anche capitare che il documento contenente le domande degli scritti capiti nelle mani di un candidato, che casualmente si trova a collaborare con l’ente.

2)     Inversione di fase: la normativa sui concorsi, si sa, è complessa. E una commissione particolarmente pasticciona potrebbe anche aprire le buste con i nomi prima di correggere i compiti.

3)     Gli spazi nelle pubbliche amministrazioni sono, da sempre, un problema. Anche volendo, è quasi impossibile rispettare la norma che impone che la prova orale debba svolgersi in un’aula abbastanza capiente da accogliere il pubblico. La parola d’ordine è adattarsi, anche per i candidati in attesa, che “per rispetto dei colleghi” si accontenteranno di rimanere fuori dalla stanza.

Alla fantasia scatenata di chi legge la possibilità di continuare il racconto…