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Ma chi sono ’sti counsellors?

(leggi il I Atto)

Dopo aver chiarito i miei dubbi riguardo i titoli professionali – soprattutto riguardo all’assenza di titoli legalmente riconosciuti – del referente della “Scuola di Counseling Relazionale”, naturalmente il passo successivo è consistito nel cercare di capire cosa fosse la “Libera Università del Counseling” dalla quale questa dipendeva, anche perché fin dal primo momento la denominazione di “Università” mi aveva lasciato un po’ perplesso; per farlo sono andato a visitare il sito Web dell’organizzazione che la gestisce.

Capirci qualcosa non è stato facile, perché, per gente che si presenta anche come “esperta di comunicazione”, è un sito quantomeno complesso da navigare, scarsamente informativo e pieno di “vicoli ciechi”. Intanto ho trovato degno di nota che sulla barra di navigazione della home-page ci fossero dei links un po’ “particolari”: Psicoterapia (attivo, ma non funzionante!), Counseling (non attivo), Pedagogia (attivo, ma non funzionante!), Psicologia (non attivo), ecc… Praticamente le uniche aree del sito allora effettivamente navigabili erano proprio quelle relative al “gruppo di lavoro” ed alla “Libera Università del Counseling”.

Per quanto riguarda il “gruppo di lavoro” ho trovato davvero strano che la presentazione dei suoi membri fosse corredata da fotografie di tutti i tipi, molte delle quali erano evidentemente ritagli di foto scattate in occasione di matrimoni, feste, gite in montagna, ecc…, e tra le quali compariva addirittura il tesserino di un’agenzia di sicurezza! Quale spiegazione darsi di una simile scelta? Limpida espressione dell’avversione che, come avevo letto sul sito del “referente”, i “counselors” nutrono per tutto ciò che è «formale» – a partire dai titoli di studio legalmente riconosciuti –, raffinatissimo espediente comunicativo, oppure semplice trascuratezza?

Ma veniamo alla composizione del gruppo. In esso compaiono alcuni psicologi e psicoterapeuti, accanto a teologi, avvocati, sociologi, pedagogisti e ad un certo numero di “counselor trainer”; qualcuno si presenta con nome e cognome senza alcun titolo. Sotto la foto di ognuno compaiono le materie “insegnate” ed i ruoli all’interno dell’organizzazione.

Naturalmente i dubbi più importanti mi sono venuti riguardo ai colleghi psicologi, quando ho letto che si occupano adolescenza ed inserimento scolastico, di coppie adottive e di test psicologici, operando in questi settori ed insegnando metodi e tecniche per farlo. Ma l’art.21 del C.D. degli Psicologi Italiani non prescrive che «Lo psicologo, a salvaguardia dell’utenza e della professione, è tenuto a non insegnare l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo, a soggetti estranei alla professione stessa, anche qualora insegni a tali soggetti discipline psicologiche»?

Mi è bastato clickare un paio di links per scoprire che qualcuno dell’art. 21 non sa davvero che farsene, tant’è vero che ho trovato una bella sezione espressamente dedicata a questionari e test psicologici, naturalmente accessibile a chiunque. Se è vero che fra di essi non compare nessuno degli strumenti psicodiagnostici solitamente utilizzati da psicologi e psichiatri, ma sembrano essere tutti materiali “artigianali”, da psicologo mi sono comunque chiesto quale utilità possa avere un questionario del quale non sono chiari i metodi di costruzione, standardizzazione e validazione, ed il cui testo e manuale di utilizzo sono pubblici. Il fatto poi che sotto un paio di essi, denominati «questionario clinico di personalità» e «questionario di relazione con il paziente», sia stata apposta la dicitura «per medici e psicologi», non credo possa sortire altro effetto che quello di suscitare in chi le legge la divorante curiosità di andare a vedere in cosa consistano; curiosità che il nostro occasionale lettore può, peraltro, immediatamente soddisfare, dato che non sono protetti in alcun modo!

Le informazioni più sconcertanti sulla “Libera Università del Counseling” le ho tuttavia ricavate qualche giorno dopo la mia visita sul suo sito Web, dalla lettura di una brochure che, all’approssimarsi dell’inaugurazione della “Scuola di Counseling Relazionale” è stata “seminata” in molti esercizi commerciali della mia zona. Scorrendo i programmi di studio ho potuto constatare che nelle sue “scuole” sono previste materie del tipo «il colloquio alla coppia in crisi», «proiezione, negazione, scissione», «i questionari di personalità», «l’investigazione (investigazione?!?!?) relazionale nelle famiglie, nei gruppi e nelle organizzazioni», «i conflitti interni alla persona ed i disturbi psicopatologici conseguenti», «somatizzazioni del disagio e disturbi alimentari», ecc…. Sfido chiunque a sostenere che non rientrano nelle competenze riservate allo psicologo che lavora in ambito clinico! E, non per essere pedante, ma ricordo che l’art.21 del C.D. degli Psicologi Italiani prescrive agli psicologi di non insegnare l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo, a soggetti estranei alla professione stessa”, che non significa semplicemente non insegnare i test, giacché le tecniche del colloquio psicologico ed i metodi diagnostici che discendono dalle varie teorie psicopatologiche, solo per il fatto di essere magari meno formalizzati, non per questo non sono strumenti professionali, né il loro uso improprio è esente dal provocare danni.

A questo proposito ricordo di aver letto da qualche parte che alcuni counselors ed addirittura alcuni psicologi (!!!) sostengono che l’art.1 della Legge 56/1989, in quanto riserva l’insegnamento degli “strumenti conoscitivi e di intervento […] in ambito psicologico” agli psicologi, sarebbe incostituzionale, perché l’art.33 della Costituzione Italiana sancisce che “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Se solo queste persone avessero l’onestà intellettuale di citare l’articolo per intero – sempre che lo conoscano –, dovrebbero considerare che, al comma 5 si afferma che “È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale”. Forse sbaglio, ma dal mio punto di vista l’intento dei legislatori non era quello, davvero improbabile, di garantire a chiunque l’accesso a qualunque tipo di conoscenza per permettergli di improvvisarsi “esperto” e mischiarla ai riti taumaturgici ed alle panacee che vende abitualmente, mascherandosi da professionista o da scienziato, ma quello di sancire il principio ideale della libertà dell’arte e della scienza da influenze di tipo politico, religioso, ecc…, riservando però allo Stato, attraverso gli Ordini Professionali, la verifica delle competenze di chiunque intenda esercitare una professione; se non altro, a tutela dei cittadini.

Traendo le conclusioni, questa seconda parte della mia ricerca mi ha permesso di allargare lo scenario da un “counselor” all’organizzazione che gli sta intorno, scoprendo come al suo interno operino anche degli psicologi regolarmente iscritti all’Albo e come alcune delle materie insegnate in una “scuola di counseling” più che con la psicologia sembrino avere a che fare proprio con la professione di psicologo. A questo punto nella mia mente ha cominciato a farsi strada l’idea che non solo l’attività dei “counselors” non è poi così diversa ed autonoma da quella degli psicologi come qualcuno vorrebbe far credere, ma anche che alcuni psicologi intrattengono con il “mondo dei counselors” legami particolarmente stretti. Lo stupore un po’ divertito con cui, all’inizio, avevo accolto il “malfunzionamento” dei links denominati “psicologia” e “psicoterapia” si è quindi trasformato in dubbio e dal dubbio è nata un’ipotesi: forse quei links non erano malfunzionanti, né erano stati messi lì per velleità, senza sapere bene come riempirli; al contrario erano stati opportunamente predisposti ed intenzionalmente lasciati vuoti per cautela… in attesa di essere riempiti!

Ma per sostenere adeguatamente questa mia ipotesi dovrei anticiparvi le conclusioni a cui sono giunto alla fine della mia ricerca e, non per tenervi ancora sulle spine, ma voglio prima raccontarvi qualcosa sulla FAIP, cosa che farò nella prossima ed ultima puntata.

Massimiliano Gàbboli