Succede che ci sono morti e feriti. E danni ingenti, e disperazione, e dolore. Una popolazione coraggiosa, colpita duramente, che si rimbocca le maniche.
Succede che la psicologia dell’emergenza ha da anni protocolli, procedure e tecniche operative specifiche per intervenire in questi contesti delicatissimi; competenze specialistiche, che non si improvvisano da un giorno all’altro. Come non ci si improvvisa psicologi forensi, e non ci si improvvisa neuropsicologi, allo stesso modo non ci si improvvisa esperti di emergenze: devi essere addestrato in tecniche di protezione civile, devi essere assicurato, devi avere attrezzature adatte.
Succede che poche decine di colleghi in Veneto, all’interno di associazioni di settore, si siano formati, esercitati, organizzati per anni per essere in grado di fornire assistenza qualificata e sicura in emergenza: un contesto difficile, complesso, con normative precise, di cui bisogna conoscere bene logiche, linguaggi tecnici, modalità di coordinamento.
In cui ci sono rischi per gli operatori (e a volte gravi).
In cui ci sono rischi per i cittadini.
Gli psicologi dell’emergenza del Veneto, poi, hanno grandi esperienze che vanno dagli tsunami ai terremoti, dagli incidenti montani alle alluvioni, dalle trombe d’aria ai crolli di edifici. Si sono guadagnati decine di Attestati di Pubblica Benemerenza per meriti di Protezione Civile nelle tendopoli del Molise e dell’Abruzzo, dell’Emilia e del Veneto, in mezzo a macerie, obitori, su montagne, negli ospedali…
In sintesi: non ci si improvvisa, in emergenza.
Mai.
Ma poi, appunto, un brutto giorno arriva il tornado di Dolo.
E succede che un bravo Sindaco si preoccupi giustamente di supportare i suoi cittadini anche dal punto di vista psicologico. Ed accade che l’Ordine degli Psicologi del Veneto, contattato, non si rivolga subito – come sarebbe ovvio – ai gruppi organizzati di colleghi specializzati; ma mandi invece… una mail generica a tutti quanti gli psicologi del Veneto, in massa.
Ai clinici, agli psicologi del lavoro, a quelli del marketing, a quelli dello sport. Anche a quelli che di emergenza non sanno nulla o quasi nulla, e non hanno mai visto un disastro in vita loro (ciascuno ha il proprio ambito di maggiore competenza professionale, come è normale che sia).
E così l’Ordine degli Psicologi, che dovrebbe promuovere appunto i massimi standard di qualità professionale nei vari settori della psicologia, lascia tutti i colleghi esperti a bocca aperta: chiede di fatto, a chiunque lo voglia, di autonominarsi volontario per andare immediatamente ad “ascoltare la popolazione colpita”!!!
Senza – apparenti – procedure di selezione sulla base di competenze, formazione o esperienze specifiche. Senza chiarire cosa, chi, come, con che modalità. Senza spiegare con che attrezzature di Protezione Civile. Con quali protocolli tecnici di intervento. Con che organizzazione operativa di team. Con che supervisione professionale. Con che catena di comando.
Niente.
Non si sa nemmeno se con un’Assicurazione specifica (se un collega generoso si fa male per le strade – sembra ci siano anche rottami di amianto- o causa involontariamente un danno civile, potrebbe magari rivalersi sull’Ordine “che l’ha mandato” in mezzo ai danni di un tornado senza fornirlo di adeguata attrezzatura e copertura assicurativa specifica?).
OPV però sa che in Veneto esistono almeno 3-4 gruppi altamente qualificati di psicologi esperti in emergenze. Perché allora “chiedere genericamente” di autocandidarsi a chiunque, per fare un lavoro delicato e specialistico, nel confuso e pericoloso contesto di un’emergenza?
La Protezione Civile si basa su questo presupposto: anche il Volontariato qualificato (ingegneri, medici, geologi, etc.) deve essere competente in maniera *specifica* per l’Emergenza, e muoversi all’interno di gruppi specificatamente organizzati *prima* dell’Emergenza. Per lavorare al 118 non basta essere un medico di buona volontà: devi essere un medico esperto di emergenza, che sa come muoversi nelle crisi coordinandosi con altri esperti. Allo stesso modo, non basta essere un pur brillante psicologo, per essere un buon psicologo “dell’emergenza” in mezzo a un disastro…
Pacatamente chiediamo quindi, per trasparenza nei confronti della categoria, e soprattutto della cittadinanza coinvolta:
- Come siano stati tecnicamente selezionati i colleghi volontari (le cui capacità, buona volontà e generosità sono fuori discussione, questo sia chiaro); quali siano state le loro specifiche esperienze pregresse in contesti di Protezione Civile, e quale sia la loro formazione certificata in ambito emergenziale (anche nello spirito dell’Art. 5 del CD).
- Quale specifico modello tecnico di “Psychological First Aid” sia stato implementato da OPV: non si possono infatti fare interventi di emergenza senza un chiaro modello organizzativo e di “teoria della tecnica” di riferimento, condiviso da tutti gli operatori.
- Perché OPV non si sia mosso secondo le previsioni del “Decreto Prodi” del 2006 (e succ.). La normativa descrive infatti esplicitamente le forme operative che deve assumere il sostegno psicologico in grandi emergenze di Protezione Civile (tramite EPE, “Equipe Psicosociali Emergenza”, e in seguito PASS, “Posti Assistenza Socio Sanitaria”).
- Se per i colleghi volontari, bravi e generosi, partiti su richiesta di OPV sia stata almeno attivata una specifica Assicurazione integrativa, e siano stati formati rispetto ai possibili rischi (ad es., crolli, amianto) ed alle responsabilità legali connesse al ruolo che assumevano (un Volontario di PC è un Incaricato di Pubblico Servizio; un “volontario privato” no; inoltre, i Volontari devono rispettare le normative sulla sicurezza), a tutela loro e dei cittadini.
- Se per tali colleghi siano stati predisposti servizi di Supervisione, per la loro tutela emotiva rispetto a rischi di “vicarious traumatization” (prassi basilare della psicologia dell’emergenza).
- OPV sul suo profilo ufficiale dice esplicitamente che sarebbero stati addirittura diagnosticati dei “Disturbi Post-Traumatici da Stress”. La cosa è molto strana: il DSM chiarisce infatti nettamente che la diagnosi di PTSD non può MAI essere diagnosticato prima di 30 giorni dall’esordio dei sintomi! Siccome ne sono passati solo 4… ci troviamo davanti ad un preoccupante paradosso temporale. Attendiamo quindi conferma, come ovvio, che si tratti solo di un errore materiale di un addetto stampa.
- Perché non siano state ufficialmente coinvolte le realtà organizzate di psicologi dell’emergenza; e perché sia stato loro preferito il: “Chiunque voglia ci mandi una mail, e dica in che orario è disponibile per venire ad ascoltare le persone”, mandato genericamente a migliaia di colleghi.
Il fatto che poi l’attività sia stata ampiamente ripresa dai media rende ancora più necessario un chiarimento professionale urgente su questi punti.
Troviamo preoccupanti queste apparenti modalità di organizzazione: come psicologi, siamo i primi a sapere che il generico desiderio di “portare aiuto” è nobile, ma deve essere sempre accompagnato da una “logica esecutiva” ferrea e da chiarezza totale, secondo le Best Practices internazionali.
Ci attendiamo quindi spiegazioni che, siamo certi, fugheranno queste fisiologiche perplessità derivate dalla lettura dei giornali.
La nostra piena solidarietà va alla popolazione colpita, ed a tutti i nostri bravi colleghi che si sono “trovati in mezzo” a questa strana questione: sia a quelli particolarmente competenti dei gruppi organizzati apparentemente ignorati da OPV; sia a quelli che, seppur magari senza specifiche esperienze pregresse, hanno operato generosamente per il bene collettivo.
AP VENETO
Ecco, proprio per essere del tutto chiari:
sinceramente… proprio perchè so bene quale è il grande valore che la nostra professione può dare in situazioni di emergenza, quanto è forte la generosità di chi si presenta volontario, e quanto è preziosa una buona azione psicosociale per la comunità colpita, sarei solo felice di ricevere chiarimenti seri e positivi sull’organizzazione degli interventi e le tutele attuate per i colleghi operanti sul campo; chiarimenti dettagliati, che possano finalmente dissipare le inevitabili perplessità che derivano purtroppo dai comunicati ufficiali.
Attendiamo fiduciosi…
Sono rimasto anche io basito inizialmente dal fatto che non fossero stati contattati i diversi gruppi che qui in Veneto si sono occupati generosamente e proficuamente di psicologia dell’emergenza. Poi sono stato personalmente contattato per intervenire, nonostante non avessi dato la mia disponibilità, proprio perchè cercavano colleghi con esperienza di intervento in contesti di crisi. A chiamata ho risposto; e una volta arrivato a Dolo ho avuto il piacere di rivedere diversi volti di colleghi conosciuti o intravisti in altre emergenze. La maggior parte di noi non era alle prime armi. Che poi la chiamata dell’Ordine fosse generica e probabilmente ingenua posso anche concordarlo. Ancora di più concordo con il fatto che si poteva prima chiedere ai gruppi già organizzati di colleghi. Ma consentitemi una provocazione: dopo la chiamata, i responsabili dei gruppi di psicologi dell’emergenza hanno contattato l’ordine per rendersi disponibili con le loro unità? Oppure si sono più che altro indignati per non essere stati riconosciuti e chiamati personalmente? Perchè questa volta ho un po’ la sensazione che sia andata come da seconda ipotesi…
Ciao Riccardo,
grazie della tua testimonianza.
Sono felice che vi siano stati sul campo anche alcuni colleghi che avevano già avuto esperienze, anche se per certi aspetti questo mi sembra che aumenti alcuni dubbi sulla confusione organizzativa della questione.
Se non ho capito male, infatti, l’Ordine prima manda una richiesta generalizzata e aspecifica a 9.000 colleghi; poi però ci ripensa ma senza dirlo in pubblico, e contatta privatamente (con che criterio? solo di conoscenza personale diretta “random”?) singoli individui, e continua a non contattare i gruppi organizzati e attrezzati cui pure avrebbe immediato accesso, anche tramite il GdL Emergenza che – da quanto mi risulta – comprende membri di vari di questi gruppi…
Perchè allora cercare di corsa degli individui singoli a “random”, pur bravi, invece che riferirsi a squadre pronte, già organizzate e ben rodate? Non capisco proprio.
Se è effettivamente stato così, mi sembra una modalità di intervento probabilmente non ben pianificata a priori, e che sarebbe magari bastato poco per correggere in itinere.
Sulle attivazioni: come noto, i gruppi di psicologia dell’emergenza inquadrati formalmente del Sistema di Protezione Civile si attivano tramite le procedure standard di Protezione Civile; e così come erano pronti a intervenire immediatamente in Molise, Abruzzo, Alluvioni del 2010 in Veneto, Emilia… per quello che li conosco, lo erano anche questa volta; e di certo non è certo abitudine di questi gruppi “fare l’indignato”: semmai, “fanno i generosi” (fin troppo, a volte :-D).
Non la metterei pertanto sul “si sono offesi”, perchè di certo è una “provocazione” che non rende giustizia alle decine dei colleghi che dedicano il loro tempo libero ad addestrarsi, formarsi e soccorrere continuamente in tutta Italia, in maniera molto riservata, molto discreta e generosa… spesso senza che neanche si sappia.
Di tempo per l'”indignazione” e per “l’apparire”, lavorando in emergenza, ce ne è poco ! 🙂
Ma il Sistema di Protezione Civile segue delle regole semplici e chiare, per cui in emergenza non ci si “autoattiva spontaneamente”, ma solo seguendo i protocolli definiti apposta per garantire l’efficiente affluire dei soccorsi con il coordinamento della Protezione Civile.
Grazie del tuo contributo; ne approfitto per chiederti: avete ricevuto almeno un’assicurazione integrativa per coprirvi dagli eventuali rischi di intervento ?
Ciao!