Mi trovo spesso a confrontarmi con i colleghi sull’impegno che l’Ordine Professionale mette nel combattere le battaglie per la tutela della nostra professione e nel sostenere i nostri percorsi professionali.
Ci chiediamo: cosa può rendere l’ Ordine Professionale forte e in grado di rappresentare e sostenere le battaglie della nostra categoria?
Il percorso delle discussioni porta sempre al concetto di responsabilità individuale: è l’unità dei membri dell’Ordine e la nostra capacità di sostenerci e valorizzarci a vicenda a renderlo politicamente forte, in grado di dialogare con altri Soggetti.
Osservando gli andamenti degli altri Ordini Professionali, soprattutto quelli che paiono più vicini al nostro, notiamo di essere meno coesi, meno forti istituzionalmente, meno abili nel sostenerci gli uni con gli altri. Notiamo anche di essere interessati dalle logiche politiche e di mercato che spesso viviamo fuorvianti rispetto agli aspetti professionali ai quali preferiamo dedicarci in esclusiva, fino a scadere, alle volte, anche nel pudore della richiesta economica a fronte dei nostri servizi resi.
Altri Ordini, quale quello dei Medici, hanno sempre annoverato tra i loro membri chi si è interessato alle problematiche di politica professionale: hanno ben compreso l’importanza di essere una categoria numericamente elevata, consapevoli del valore del prendersi cura delle battaglie politiche per proporre ed ottenere consensi, perfino alla Camera e al Senato.
Tra le battaglie, ricordo quando nel 1996 diversi psicologi vollero specializzarsi in sicurezza stradale con la speranza che la legge in fase di approvazione ponesse obbligatoriamente lo psicologo a fianco del medico per tutte le attività di rilascio di ogni tipologia di patente. Ma quanti posti di lavoro sarebbero stati disponibili per noi psicologi se fossimo stati più ampiamente rappresentati e avessimo votato per portare avanti la nostra battaglia professionale?
Quanti di noi sarebbero stati riconosciuti dal cittadino in qualità di appartenenti ad una categoria professionale di rilievo? Quanti progetti avremmo potuto realizzare? Quanti passi avremmo potuto percorrere in merito alla tutela della professione?
Ci è sfuggita per molto tempo la visione del potenziale risultato delle nostre trascuratezze e della scarsa partecipazione politica e di rete professionale. Ma oggi ci lamentiamo nell’osservare che altri svolgono la nostra attività senza averne i titoli. Alcuni di noi addirittura non si scandalizzano, si chiudono nella loro isola personale, dimenticando che applicare tecniche psicologiche, che sia in ambito lavorativo, clinico, scolastico, formativo, giuridico o di qualsiasi altra natura, comporta un intervento in grado di sollecitare leve personali in grado di elicitare l’insorgenza di aspetti non intenzionali, ma profondi nel cliente. In questi momenti non sapere riconoscere un aspetto di disagio, di disturbo o di normalità comporta la selezione di un intervento al cliente utilizzando tecniche e modalità non sempre adeguate, i cui esiti risultano imprevedibili, non da ultimi i possibili aggravati disagi in chi non riesce a trovare accolta la propria istanza.
Se oggi ancora avvertiamo che il mondo accademico, sanitario, i cittadini non tengano molto in considerazione le attività dello Psicologo, non è forse perché siamo noi stessi i primi che non sanno valorizzare il sapere, schivi alle questioni politiche, di categoria professionale, a volte anche a quelle economiche?
Siamo numericamente forti e ogni anno il numero degli iscritti all’Ordine è sempre maggiore. Abbiamo tutto quanto necessario per esprimerci come forza politica. È fondamentare agire sul territorio: essere uniti, lavorare in rete significa essere una forza sociale, non più un singolo individuo che combatte le proprie battaglie; unirsi implica la possibilità di esprimersi con voce corale, essere ascoltati, avere voce in capitolo, fare in modo che le nostre istanze vengano tenute in considerazione se non perfino sostenute e incoraggiate.
Collaborare insieme, con l’Ordine, interessarsi di politica professionale significa lavorare per lo sviluppo di nuove prospettive professionali e di promozione della professione.
Non è più utile chiudersi nel proprio piccolo orticello nella speranza che nessuno entri e ci porti via quello che abbiamo personalmente costruito. Non è funzionale a nessuno scopo avere paura di lavorare in rete perché forse il collega può rappresentare un pericolo. Della gelosia professionale se ne stanno approfittando tutti coloro che psicologi non sono e che tendono a rendere evidente un messaggio: vieni da me che ti risolvo i problemi che te ne fai dello psicologo?
CLAUDIA FABRIS
Vorrei evidenziare come ancora una volta l’Ordine altro non sappia se non riscuotere la tassa.
In una scuola in cui ho lavorato come insegnante, una cara collega (non psicologa)teneva lo sportello psicologico senza averne alcun diritto, venendo quindi a conoscenza non solo di problematiche famigliari di ragazzi minorenni, ma anche di problematiche intimamente personali. L’Ordine, da me interpellato circa la legalità di tale comportamento, mi rispose che di illegale non vi era nulla, in quanto esistono molti centri d’ascolto in cui lavorano non-psicologi, quali telefono amico, gli oratori e così via. Rivoltomi all’AUPI, quest’ultimo mi ha rimandato all’Ordine. Sono veramente desolato e sconfortato, in quanto ho visto defraudata la professione dello psicologo in uno dei suoi ruoli fondamentali. E intanto all’Ordine fanno le loro belle riunioni sul sesso degli angeli (interessanti quanto un maccherone troppo bollito). Se qualcuno desidera rispondere, lo faccia. Mi hanno accusato (quelli dell’Ordine) di essermi introdotto in una questione di “lana caprina”. Insomma, ho torto io. Certo, va tutto bene, basta stare zitti e pagare le tasse.
Dr. Massimo Tagliabue
Caro collega,
innanzitutto mi viene da chiederti a quale Ordine tu sia iscritto: avendo lavorato in Lombardia negli ultimi 4 anni ho seri dubbi che ti sia stata data una risposta del genere dalla segreteria. Da noi esiste persino una commissione apposita (all’interno della quale ci sono anche avvocati) che si occupa di eventuali casi di abuso professionale.
Secondo poi: pur comprendendo il senso di impotenza di quando ci si trova in situazioni come quelle che hai descritto, credo sia fondamentale distinguere i piani.
Una cosa è l’Ordine professionale, che si occupa evidentemente degli psicologi regolarmente iscritti. Altra cosa sono gli abusivi della professione: in questo caso non è l’Ordine che se ne può occupare direttamente, ma esiste una giurisprudenza precisa. L’art. 348 del Codice Penale si esprime infatti nel merito di chi abusa di una professione; in questo caso, l’Ordine può costituirsi parte civile, ma certamente non si può occupare direttamente del procedimento, che è in capo alla Magistratura!
Spero di aver chiarito meglio l’orizzonte all’interno del quale ci troviamo. Segnalazioni come le tue sono importanti proprio perché l’Ordine possa vigilare e fare innanzitutto prevenzione, “educando” le istituzioni ad avvalersi di professionisti e non di presunti chi-sa-che-cosa. In Lombardia abbiamo distribuito nelle scuole un fumetto sulla prevenzione al disagio adolescenziale (in cui evidentemente viene valorizzata la professionalità dello psicologo), e uno proprio sull’abuvismo, per far conoscere il fenomeno (spesso ignoto a chi nemmeno capisce che differenza ci sia tra uno psicologo e un pedagogista).
Gentile Roberta,
con tutta franchezza, non pare che la risposta fornita al collega sia stata… esaustiva, poichè – se è vero che dev’essere la magistratura ad occuparsi di accertare le violazioni di legge – è altrettanto vero che debba essere l’Ordine (in quanto delegato a tutelare la professione !) a denunziare, con nomi e cognomi, eventuali abusivi ai sensi dell’art. 348 c.p..
Peccato che, ad eccezione della Lombardia (dove l’Ordine vigila), in altre parti d’Italia i famigerati “counselor” la fanno da padroni grazie ad un pezzo di carta colorata rilasciata – a pagamento – da sedicenti “scuole” dirette a volte da psicologi/psicoterapeuti privi di clientela.
Con i più cordiali saluti.
dott. (LM-51) C. Petrucci
Caro Massimo, ho massimo rispetto di quanto affermi, nel senso che non ho motivo di dubitare della veridicità. Se ti riferisci all’Ordine della Lombardia degli ultimi 4 anni però trovo un pò strana la risposta che ti sarebbe stata data non so da chi. È l’Ordine che maggiormente in assoluto si è occupato delle questioni di abusivismo che ci sono state segnalate. Abbiamo dato specifici incarichi ad avvocati penalisti perché se ne occupassero, cosa mai accaduta in precedenza. In merito al resto delle affermazioni su un’Ordine inerte e che mira solo a far pagare la quota annuale, non entro nel merito. Troppo facile difendermi e difendere. Ti inviterei a dare uno sguardo al sito http://www.opl.it. 107 progetti per la professione negli ultimi 4 anni 🙂
Alessandro Spano
Gentili colleghi,
è chiaro che mi sto riferendo all’Ordine degli Psicologi della Lombardia. La risposta mi venne data da un avvocato (risposta è un modo di dire: giri di parole fumosi)con il quale mi venne fissato un appuntamento telefonico.
Cordialmente
Massimo Tagliabue
Caro Massimo, forse è proprio la persona che non collabora più con noi in OPL.
Comunque, proprio per evitare che accadano queste incomprensioni con i consulenti dell’Ordine, abbiamo previsto una vera e proprio “commissione tutela”, cioè una commissione di colleghi psicologi che per primi riceveranno la tua denuncia o richiesta e, con te, preparanno azioni concrete.
Guarda il nostro programma http://www.altrapsicologia.com/lombardia/wp-content/uploads/programma_lombardia.pdf al punto 1 c’è la tutela. Se hai dei consigli a riguardo vieni a trovarci al camper sotto l’Ordine nei giorni delle elezioni (10-11-12 gennaio) così ne parliamo.
Ti aspettiamo!