image_pdfimage_print

Il Codice Deontologico degli Psicologi italiani proprio non gli piaceva.

Sarà che gli stava stretto il concetto di Deontologia, che mette un limite al lucro che si può ottenere dalla formazione degli impiegati del catasto alla ricerca di un lavoro diverso e più intrigante e dei panettieri sensibili e stanchi di svegliarsi così presto la mattina.

Sarà che sembrava tanto un’idea luminosa quella di usare un nome inglese per “proteggersi” dal legislatore cattivo che ha voluto – con la legge istitutiva della professione di Psicologo, la 56/89 – riservare a chi avesse una laurea specialistica la cura della psiche umana.

Insomma, sarà come sarà, quelli di Zerbetto & Co (ossia una parte del gruppo docente della scuola CSTG), che proprio ai corsi di counseling aperti a tutti non ci volevano rinunciare, “Ci hanno provato”.

Così, si sono dapprima scagliati contro la Carta Etica, iniziativa dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia (OPL) che partiva proprio dalla fucina AltraPsicologia e dal recepimento di centinaia di anomalie segnalate da studenti delle Scuole di Psicoterapia.

Nulla di straordinario, in fondo, solo che la Carta Etica riprende il Codice Deontologico degli Psicologi, ricordando che esiste un articolo – il 21 – che vieta di insegnare tecniche psicologiche a chi Psicologo non è. Banale, tranne per chi della trasgressione alla deontologia ha fatto un mestiere.

E dopo, hanno provato a confutare una determinazione apparentemente altrettanto banale: l’articolo 21 del Codice Deontologico va rispettato, ha ribadito l’OPL.

Apriti cielo! Eh,no, secondo Zerbetto & Co non poteva andare bene. E hanno chiamato l’OPL a difendere in tribunale la sua “banale” determinazione.

Salvo che il giudice di primo grado, invece di salvare gli interessi personali dei ricorrenti è entrato nel merito della questione e ha ragionato di diritto alla salute, della fede pubblica, della funzione di garanzia dell’interesse collettivo che ha la legge istitutiva della professione di Psicologo, concludendo, con una precisione e una chiarezza senza precedenti: “… poiché l’art. 1.1 della legge 56/89 stabilisce che ‘la professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento…’ l’insegnamento dell’uso degli strumenti a persone estranee equivale in tutto e per tutto a facilitare l’esercizio abusivo della professione, ciò che la legge e il codice deontologico tutelano direttamente, prescrivendo comportamenti attivi per impedirlo.” (qui l’articolo sulla prima sentenza).

Quindi, secondo il giudice, si ha addirittura l’obbligo di agire contro questo scempio della fiducia pubblica costituito dai corsi di counseling aperti a tutti, corsi che aggirano gli obblighi di legge per la formazione di chi vorrebbe effettuare un intervento che è Psicologico eccome, comunque lo si chiami.

A quel punto, Zerbetto e Co, anziché ritirarsi di buon grado hanno deciso di fare ricorso, con l’arroganza di chi pretende di avere ragione anche di fronte a tanta chiarezza.

Pochi, anche tra i ricorrenti di primo grado, hanno osato seguirli: l’impresa era disperata.

Il giudice di secondo grado, in Corte d’Appello, non è neppure entrato nel merito, accogliendo l’eccezione riguardante la “legittimazione attiva”, che è un pò come dire: ma che vuoi? Nessun diritto è stato violato, il Codice Deontologico è sempre lì ed è sempre valido. Se non lo vuoi seguire, padronissimo, come lo sei di passare al semaforo rosso: lo fai, ma se ti pizzicano ti becchi la sacrosanta sanzione che ti meriti e te ne stai muto.

I temerari ricorrenti, infatti, sono stati condannati a spese legali che superano i 17.000 euro (e sono solo quelle della difesa).

E, come non bastasse, quasi in contemporanea ecco il secondo colpo di mazza: qualche giorno fa è comparsa in Parlamento una interrogazione parlamentare che pone (finalmente) la questione di cosa sia il Counseling se non Psicologia

Il limite scritto nell’art. 21 del Codice Deontologico – oggi è ancora più chiaro – è a salvaguardia non tanto degli Psicologi ma soprattutto di quel valore superiore che è la salute pubblica ed è ora di finirla di svendere questo valore in cambio di qualche iscritto ad un corso in cui si banalizza e si contrabbanda la Consulenza Psicologica chiamandola con un nomignolo inglese.