Non si sa bene il perché.
Perché in un Paese in cui quelle di Psicologo e di Psicoterapeuta sono professioni normate, sanitarie, sottoposte ad alta sorveglianza di un Ministero, perché, dicevamo, in un simile Paese vi è una continua proliferazione di persone che si mettono a fare gli Psicologi senza esserlo, attribuendosi nomi anglosassoni come counsellor o curiose e simpatiche varianti di professioni “vere”, come sociologo (clinico), il filosofo (pratico), il pegadogista (e basta)?
Perché non si può semplicemente studiare, sostenere gli esami, iscriversi all’Ordine Psicologi e realizzare così il proprio sogno professionale di fare lo Psicologo?
Mha! Accadra perchè “siamo tutti un po’ Psicologi….”
Fatto sta che, per pigrizia, ignoranza, fretta o altro, c’è chi vuole fare lo Psicologo ma non ce la fa proprio a fare la strada dritta.
E’ comprensibile (ma solo agli Psicologi) che, in un mondo di furbi, trovare il modo di “gabbare” lo Stato, i cittadini, la categoria degli Psicologi e la loro mentalità retrograda e protezionistica, possa anche essere fonte di piacere, di un godimento sadico.
E’ del resto noto che la furbizia sia, in effetti, una caratteristica che nel nostro Paese tende ad essere premiata. L’episodio che vi narriamo oggi ne è, purtroppo, un buon esempio.
Poniamo che un naturopata (?), segnalato perché esercita abusivamente il mestiere di Psicologo, risulti curiosamente iscritto ad una sedicente Federazione di… Psicoterapeuti.
Poniamo, poi, che nel sito di questa Federazione risultino iscritti letteralmente centinaia di counselor, ma la sezione “Psicoterapia” del sito sia del tutto vuota. Può sembrare una storia al confine della realtà, eppure c’è ancora di peggio.
Per il momento fermiamoci solo un istante per una piccola riflessione. Se ti vietano di dire in giro che sei uno Psicoterapeuta, e questa cattiveria avviene per la semplice ragione che non lo sei, nessuno può darti disturbo se fondi un’associazione e gli dai il nome che vuoi. Per esempio, chiunque può fondare l'”Associazione dei Chirurghi”, di cui può andare in giro a dire che è membro.
Non è “proprio” come essere davvero Chirurgo, ma … quasi. La gente si confonde, e magari arrivano pure clienti che vogliono farsi operare.
Finita qui? Macchè.
Già, perché, proviamo per un istante a realizzare la migliore delle truffe possibili. L’ideale è creare confusione.
Prendiamo un’associazione autorevole, che si chiama “Federazione Italiana delle Associazioni di Psicoterapia”, in sigla FIAP. Una roba seria, con gente che gestisce scuole, che scrive articoli e libri.
E allora, ecco l’idea: la mia associazione taroccata sai come te la chiamo? “Federazione delle Associazioni Italiane di Psicoterapia”, in sigla FAIP. Tac! Colpo di genio! Quasi uguale. Cambio l’ordine della seconda e della terza parolina e il gioco è fatto! Sfido a non confondersi! Facile anche non ricordarsi qual è l’associazione “buona” e quale la patacca.
Il Consiglio dell’Ordine della Lombardia, a maggioranza AltraPsicologia, ha inviato in proposito una segnalazione all’Antitrust.
Last but non least: quali sono le attività ordinarie della FAIP, che, per chi non ci credesse, esiste davvero? Un bel convegno sul counseling alla Camera, per esempio.
Si fanno dare (e gli danno) una sede istituzionale alla Camera per fare un convegno, il 6 di Ottobre. Argomento: “la professione di counselor”, pensa pensa. Argomento curioso per un’associazione… di Psicoterapeuti, in teoria.
Una chicca: forse consci che la nostra è una professione intellettuale, o di intellettuali che troppo puntano sullo studio e sull’impegno e troppo poco sull’immagine, una sola è la prerogativa richiesta a chiunque voglia partecipare: “Per la partecipazione è gradito l’abito scuro”. Come una festa, la festa delle apparenze, che forse si conclude con un bel falò di titoli di studio e una risata sulle fatiche di chi ha studiato undici anni quando bastava qualche weekend e un po’ di coraggio.
Quello stesso coraggio che serve per rapinare il tabaccaio sotto casa.
L’autorevolezza e la specificità della professione di psicologo vanno ribadite in continuazione. Inoltre vista anche l’enorme quantità di psicologi non si capisce la ragione per cui debba diventare psicoterapeuta un medico chirurgo che, per quanto mi riguarda, sa di psicologia più o meno quanto ne può sapere un idraulico, o un ingegnere, un chimico o un fattorino. Poichè la psicoterapia è una parte della psicologia e uno psicologo di entrambe non può che saperne (e saper usare, e saper essere) molto più di un medico, sarebbe ora che il CNOP e gli ordini regionali affrontino questo imbarazzante problema, osando a scontrarsi con la lobby dei medici.
(Massimo D’Angeli – psicologo)
Beh, mi sembra una visione molto anacronistica e circoscritta ad un paese il cui sistema va aggiornato, snellito e migliorato in genere. Counselors, psicoterapeuti, sociologi clinici, ecc. sono figure professionali ad alto livello d’istruzione, pari ad uno psicologo italiano, che in altri paesi aiutano a ridurre i costi e a procurare l’aiuto necessario a quelle persone che hanno bisogno. In posti come l’America dove tutto ha un costo, si fa quello che si puo` per creare posti di lavoro e strutture alternative per rispondere alle necessita` della gente. Non si e` rimasti ai tempi primitivi in cui o si e` dottori o manovali. Neppure ad un sistema stagnante in cui, per essere un professionista, ci si parcheggia all’Universita` a tempo indefinito e, una volta laureato, si fa tutt’altro che quello per cui si e` studiato. Si`, ci sono dei sistemi diversi, delle religioni diverse dalla Cattolica, e dei professionisti come i paramedici, pedagogisti, assistenti dei dottori o avvocati, che studiano e lavorano in maniera legittima, funzionale ed efficace. Non ci sono scorciatoie o invidie nei confronti di chi va oltre e ottiene altri titoli professionali soltanto aggiungendo magari un anno in piu` di ricerca o un esame presente solo in Italia. C’e` chi vuole lavorare e si rimbocca le maniche per farlo, e chi si siede su una poltrona, guarda con disdegno tutto quello che non e` la solita minestra e aspetta che il lavoro cada dal cielo! Siamai che uno possa guardare agli altri paesi non solo per il cibo o l’economia, ma anche per imparare ad uscire da una crisi o migliorare il sistema!
Ho letto con interesse questo suo intervento, fortemente polemico e pieno di inesattezze. Ma non mi soprendo: in un mondo di furbi chiunque può fondare un sito e scriverci quello che vuole facendo cattiva informazione. Tra l’altro la cosa non mi disturba, considerando che do per scontato il fatto che il mondo sia pieno di persone che fanno le loro mosse e combattono le loro battaglie. Tuttavia lei, oltre che a noi lettori, mente a se stesso quando afferma che certe figure professionali sono inventate ad hoc: il counselor, il sociologo clinico, il pedagogista. Forse vuole usare questo sito per dar consiglio ai suoi lettori di indossare gli stessi paraocchi che indossa lei stesso? No, io credo che voglia solo mantenersi stretta quella nicchia di mercato affermando che solo un psicologo può esercitare una professione di aiuto, che così è (informazione falsa) e che così deve essere (atteggiamento conservatore). Non mi esprimo sul discorso Fiap-Faip perchè non sono informato a proposito, ma aggiungo che qualunque convegno si svolga alla camera richiede l’abito scuro. Buonanotte.
Gentile Alessio, se il sito e i suoi argomenti non le piacciono è libero di non frequentarlo. Volentieri ospitiamo i commenti, se sono utili al dibattito e non insultano chi li ospita. Perché non dobbiamo dimenticarci questo: lei qui è un ospite, non è necessario l’abito scuro e non è necessario rendersi graditi con posizioni allineate alle nostre. Ma l’educazione è necessaria.
Gentile Federico,
In verità non credo di essere un ospite, piuttosto sono un navigante che ha attraversato queste acque. Ho riletto il mio commento e non mi sembra di essere stato maleducato. Piuttosto mi sono attenuto fedelmente ai contenuti del vostro articolo, commentandolo. Se vuole comunicarmi i motivi per cui ha trovato il mio intervento maleducato sarò felice di chiarirmi. Si è forse offesso perchè ho espresso un opinione contraria alla sua? Vuole forse negare di aver diffuso falsa informazione affermando che counselor, sociologi clinici e pedagogisti sono figure professionali inventate ad hoc? Inoltre dipinge la categoria degli psicologi come “intellettuali che troppo puntano sullo studio e sull’impegno e troppo poco sull’immagine”: ma le sembra corretto? Tutti gli psicologi sono intellettuali in cannottiera? Tutti i counselor (ecc) sono capre in giacca e cravatta? Per diventare counselor sono sufficenti pochi week end? Io esercito la mia professione con una laurea con lode in sociologia, una specializzazione con lode in politiche e servizi sociali, 3 anni di counseling ed ancora formazione continua. Quanto dai lei detto è offensivo Dottore, e non si sorprenda di fronte a reazioni decise.
Nella relazione d’aiuto rientrano molte figure di cui una è lo Psicologo ma non è l’unica possibile. Il mercato è vastissimo, a cominciare dai Medici che possono dare consigli anche su come mantenere una salute mentale, come combattere lo stress ed affrontare situazioni emotivamente critiche, è il vasto campo della Psicosomatica che è una materia al confine tra medicina e psicologia.
Poi ci sono gli Avvocati, che spesso si trovano a fare i mediatori di conflitti ed anche loro possono contribuire ad aiutare una persona che si trova in situazioni conflittuali, possono favorirne la presa di coscienza su un problema e la scelta di una soluzione.
Inoltre ci sono le classiche figure di Sacerdoti ed Educatori che si dedicano da sempre all’aiuto della persona e alla sua crescita morale e sociale.
In questi ultimi anni è venuta fuori anche la figura del counselor che è una via di mezzo tra un esperto di buon senso e un mediatore di conflitti, a proposito, ho dimenticato i mediatori famigliari che anche non essendo psicologi si dedicano però alla relazione di aiuto alle coppie e ai minori.
Insomma il campo è molto variegato ed anche piuttosto confuso per l’utenza che spesso non sa a chi rivolgersi.
La figura di Psicologo si differenzia prevalentemente per la possibilità di effettuare una psicodiagnosi utilizzando test, perciò diciamo che ha un campo di azione più “specialistico” può diagnosticare e trattare disturbi che né un counselor né un mediatore né altre figure possono diagnosticare e trattare. Ma per l’individuo che non ha disturbi di personalità o psicosi o disturbi dell’umore tali da richiedere l’intervento di uno “specialista” ma che vuole solo vedere più chiaro nella sua realtà contingente o affrontare delle scelte, dei momenti di transizione, con un supporto, anche la formazione del counselor è sufficiente. Sono comunque corsi triennali che danno una formazione piuttosto approfondita delle dinamiche psicologiche e delle possibilità di aiuto alle persone esenti ovviamente da psicopatologie.
È incredibile come i sistemi siano capaci di confondersi tra loro e permettere situazioni limite a volte imbarazzanti ma che forse sono inevitabili.
Se pure è vero che tante figure professionali nascono da un principio indefinito per poi strutturati, è soprattutto vero che in un ambito così organizzato come il nostro sistema, non possiamo permettere vie di mezzo e fraintendimenti.
Uno Psicologo, o uno Psicoterapeuta, iscritto all’albo, dopo esperienze lavorato e, di tirocinio e personali, acquisisce una competenza vasta, precisa, specifica nei Ari ambiti, ha una formazione mirata teorico pratica, di strumenti e tecniche ma anche di intuizioni e capacità do gestire rapporti e sistemi.
E ci si arriva dopo tanta fatica, esperienze interiori ed esteriori complesse, sacrifico economici fisici e psicologici, e deve acquisire e rivestire quel ruolo che gli compete senza alcun dubbio, soprattutto senza la possibilità che altre figure mal comprese ed i definite rubino spazi di mercato ma soprattutto di operatività che provoca solo confusione. Quando non propriamente dei danni nelle persone che con tali figure vengono a contatto. Se è vero che a seconda di come siamo collocati troviamo le nostre motivazioni e scusanti, e ci creiamo le nostre teorie, credo che in tal caso non si possa essere indecisi e permissivi ma metti e definiti. Chi arriva al titolo di Psicologo lo fa dopo sforzo immensi e merita il rispetto che spesso non ha, già a livello lavorativo e di contesto, costretto a travestirsi da educatore o da operatore, o da mille altre figure che tutto sommato ci mandano avanti ma non ci danno dimensione. Ci sentiremo sempre stretti ed inadeguati sicuramente insoddisfatti quando non propriamente arrabbiati, verso un sistema che ti forma ma poi non ti riconosce, che pretende in una prima fase ma poi ti svaluta, che ti disconferma dopo aver preteso tutta la rigidità possibile in fase formativa e tecnico operativa. È un processo dirompente che provoca solo conflitto, insoddisfazione quando non vera e propria rabbia in quei giovani ma anche meno giovani professionisti che non possono neanche insegnare a scuola, che si ritrovano con un bagaglio di competenze che non riescono a sfruttare, che non si sentono di poter esprimere, chiusi in un contesto marginale che non li riconosce.
Costretti e disperati a volte a sottostare a coordinatori e cooperative che per pochi euro lordi all’ora si ritrovano un lavoro svolto sotto tanti punti di vista. Tra relazioni, rapporti disfunzioni, responsabilità non comprese e mai chiarite, si sopravvive quando non si esplode, in colloqui e rapporti imbarazzanti con persone che ne sanno molto ma molto meno di te sotto tutti i punti di vista, quando magari trovi dall’altra parte ad esaminati magari una ragazzina che non sai neanche cosa abbia studiato o fatto finora, ma si permette di chiederti le tue esperienze ed i perché della tua vita.
Io sono diventato molto rigido ed a tratti aggressivo, metto subito i confini sulle e faccio capire che se mi vogliono io sono qui e do tutto, ma so quanti valgo e conosco le mie capacità. Vivo e viviamo un contrasto di fondo che diventa rabbia, e che poi non ti permette di lavorare con tranquillità ma resta sempre una certa amarezza. Le casualità della vita fanno il resto è non sempre ognuno ha il ruolo che merita. Ma siamo sfiniti a parlare di tutt’altro rispetto all’inizio del discorso.