Siamo già in periodo elettorale. La cosa ci riguarda da vicinissimo come professionisti (per gli iscritti all’ENPAP si vota dal 26 Gennaio al 1 Febbraio 2013 per il rinnovo degli organi dirigenti) e come cittadini (24 Febbraio per le elezioni politiche).
La mia riflessione parte dalle seguenti considerazioni: la vulgata dei sondaggisti sul comportamento elettorale della popolazione generale dice che l’elettorato effettivo, al netto degli astenuti, si divide grosso modo in:
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- 1/3 di elettori che votano decisi secondo le proprie convinzioni,
- 1/3 di elettori che votano facendosi influenzare dalla campagna elettorale,
- 1/3 di elettori che vota in maniera estemporanea decidendo all’ultimo momento.
Ed allora mi sono domandato: come si comportano gli psicologi durante le elezioni? Come votano? Quanti votano e quanti si astengono? Mi limito qui a esprimere sulla base delle mie conoscenze la mia previsione standard su come il voto degli psicologi si sia fin qui discostato dalle previsioni dei sondaggisti (nelle elezioni interne alla categoria), ecco la mia “torta”:
Naturalmente queste sono solo le mie stime, assolutamente arbitrarie e falsificabili, basate sulle elezioni passate, dalle quali si evince come con una percentuale minima (basta controllare la maggioranza di quel 5% degli elettori già decisi) è possibile controllare e occupare militarmente ogni piega della professione. Ed infatti è quanto a grandi linee è accaduto in questi primi 23 anni di ordinamento (con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti).
Ma vediamo più nel dettaglio da cosa nasce questa (orribile) previsione.
Facciamoci qualche domandina.
Domanda 1: è vero che gli psicologi per loro habitus professionale sono mediamente più razionali e perciò il loro voto è più “esatto” ed esprime una posizione più equilibrata?
Falso. Gli psicologi non sono più razionali, non sono più informati, non sono meno emotivi, meno impulsivi della popolazione generale. In genere non hanno facile accesso alle informazioni scientifiche che sarebbero anche di loro pertinenza che li aiuterebbero a decidere per il meglio (vedi ad esempio Barbara Collevecchio – nostra blogger – in un interessantissimo post sul Fatto online dove ci illustra il fact checking). Sono influenzabili, controllabili, manipolabili tanto quanto tutti gli altri.
Domanda 2: è vero che gli psicologi, grazie ad una maggiore conoscenza dell’animo umano, hanno più coscienza politica e manifestano più esplicitamente di altri il bisogno di occuparsi del bene comune anche attraverso una loro rappresentanza politica?
Falso. Si considerino i seguenti fatti:
La percentuale degli astenuti agli appuntamenti elettorali interni alla professione (votazione per il rinnovo dei consigli degli Ordini regionali e rinnovo dei consigli dell’ENPAP) oscilla tra il 75-80%. Sembrerebbe proprio che gli psicologi farebbero allegramente a meno di ogni rappresentanza politica interna. Ma intanto la subiscono (e come la subiscono!).
La presenza di esponenti della categoria in ambiti politici pubblici (Parlamenti nazionali, regionali, europei, etc,) può essere un altro indicatore, ebbene mai uno psicologo è stato eletto al Parlamento italiano e altrettanto mi risulta altrove (spero in smentite) e anche qui sembrerebbe proprio che gli psicologi farebbero altrettanto allegramente a meno di ogni rappresentanza politica nazionale. Inoltre gli psicologi tendono a dubitare (e a non votare) dei loro colleghi quando si presentano.
Domanda 3: è vero che gli psicologi che conoscono l’animo umano e quindi i limiti dell’individualismo, conoscono bene i vantaggi dei comportamenti collaborativi, cooperativi, sanno quindi facilmente fare squadra?
Falso. È sotto gli occhi di tutti quali e quante difficoltà incontrino gli psicologi a sentirsi parte di gruppalità, di reti professionali finalizzate ad obiettivi lavorativi o sociali. Piuttosto sembrano prediligere gruppalità a forte contenuto di affiliazione/dipendenza, con componenti di affettività familistica. Infatti, non sono rare purtroppo le derive settarie di tali configurazioni così fortemente connotate da queste affettività, ed è una caratteristica italiana il provincialismo, il tribalismo, il clientelismo delle migliaia di organizzazioni formative e associative della professione, l’un contro l’altra armata.
Sembrerebbe proprio che gli psicologi nel loro comportamento elettorale siano stati fin qui mediamente:
- non particolarmente informati e attenti
- non particolarmente orientati
- non particolarmente cooperativi
- non particolarmente immunizzati da fattori emotivi/affiliativi
Ogni sistema clientelare conta fermamente su altissime percentuali di astenuti e sulle minime fluttuazioni, sui minimi spostamenti, di elettori astenuti ed elettori incerti o estemporanei. Questo è il modo migliore per esercitare il controllo sull’elettorato ben disinformato, ben anestetizzato e manipolabile da piccole percentuali.
Se viceversa gli psicologi andassero a votare in massa, tutte le previsioni si smentirebbero, il sistema clientelare si scardinerebbe e crollerebbe in un sol colpo.
Questo è vero anche sul piano politico più generale.
Tu, invece, che previsione fai?
Decisi 8%
Influenzabili 16%
Estemporanei 25%
Astenuti 51%
Bellissimo articolo! Qui si va a toccare il vero problema della categoria, tutti dicono che ci sarebbe un gran bisogno di psicologia in svariati settori ma ciò che manca è il riconoscimento della nostra nostra professione da parte della politica. Quando riuscirà a entrare uno psicologo in parlamento? E noi lo voteremo?
Ottimista 🙂 Se votasse il 49% avremmo di certo un’AltraPsicologia, le clientele sarebbero travolte, è quello che spero. Grazie dei complimenti.
Ritengo che gli psicologi non possiedano ville e beni di ricchezza particolare. Quindi se dovessero votare a sinistrra, male che vada, non hanno da perdere niente, a parte le laute pensioni erogate dall’ente previdenziale.
Le considerazioni di Luigi D Elia mi sembrano tristemente corrette e condivisibili: fotografano un nostro “passato” di categoria, di cui vergognarci ampiamente. Speriamo non fotografino il “presente”.
Va beh…
Spero di non disturbare se mi permetto di fare una breve considerazione sul “futuro” di categoria: l’Aupi, secondo me, ha vinto perchè è l’unico sindacato di categoria degli psicologi e non crediamo che sia così tanto amato dal dipendenti pubblici. Ha solo il monopolio storico ed attuale. In compenso, e QUI STA IL PROBLEMA, quelli che vogliono scalzare l’Aupi dalle sedie istituzionali sono divisi i 27 associazioni e si presentano con 27 liste. Complimenti per la trasmissione.
E’ chiedere troppo, se chiedo di migliorare la strategia prima possibile, in modo da contrapporre all’Aupi un Bel Cartello Associativo di Tutte le 27 Liste? Secondo me, se riuscissimo a farlo, rischieremmo di vincere.
Caro Roberto, il tuo intervento mi consente alcune precisazioni storiche ad uso di chi volendo votare, abbia anche voglia di informarsi sulle organizzazioni in campo.
L’AUPI è l’unica organizzazione sindacalizzata degli psicologi, ma rappresenta solo il 3-4% della popolazione professionale, solo cioè i colleghi che lavorano nel servizio pubblico e NON I LIBERI PROFESSIONISTI. Come noto questa organizzazione oltre ad aver espresso l’attuale dirigenza dell’ENPAP (in genere si presenta sotto mentite spoglie attraverso sigle diverse: Costruire Previdenza, Psicoeuropa, etc), governa da sempre la maggiorparte degli Ordini regionali e in Nazionale contando su una trdizionale rete di potere e clientele.
Sul versante libero-professionale, non è vero che sono 27 le organizzazione, ma 3-4. Mi riferisco a quelle che hanno un radicamento in più di una regione, e sono:
Cultura & Professione, nasce nel Lazio da alcuni AUPI, alcuni docenti universitari e alcuni libero professionisti, rappresenta gli interessi dell’accademia e alcune scuole di specializzazione. Da alcuni anni ha rappresentanti sparsi in altre regioni. E’ in sostanza un cartello elettorale che rappresenta le baronie e le clientele conservatrici e che si ritrova solo in vista delle elezioni.
Sipap è una sigla libero professionale presente in molte regioni che rappresenta alcune scuole di specializzazione, ma ne segue il declino e ha ultimamente diminuito fortemente i consensi.
Mopi è un’altra piccola sigla libero-professionale particolarmente favorevole all’abolizione dell’Ordine e favorevole all’ingresso delle nuove psuedo-prefessioni, presente soprattutto in Toscana, anch’essa in forte declino.
E poi c’è AltraPsicologia, nata 7 anni fa in Lazio e Lombardia (in Lombardia gestisce l’Ordine), è l’unica forza libero-professionale in netta ascesa, ad oggi con gruppi regionali in Veneto, E.Romagna, Piemonte, Abruzzo, Sicilia. Non rappresenta alcuna lobby, non ha santi in paradiso, non ha padrini e patroni, si rivolge al futuro delle nuove generazioni (ma anche a quei senior che sono stanchi di essere rappresentati dai soliti noti), vuol essere una vera e propria rifondazione identitaria della professione basata sulla forza del gruppo, sulla presenza informativa 365 giorni l’anno (e non solo poco prima delle elezioni), su uno spirito di servizio, una fucina di idee, su una vera e propria scuola politica a forte connotazione etico-professionale. Ha già dimostrato dove presente (Lombardia), di essere in grado di dare un impulso riformatore e identitario senza precedenti.
Non a caso nelle nostre candidature per l’ENPAP abbiamo rappresentati, attraverso i suoi Presidenti, i due Ordini regionali (Lombardia, e Toscana come indipendente) che spiccano per cultura comunitaria, trasparenza, servizi agli iscritti, iniziative di tutele e promozione.
Insomma questi i fatti (almeno secondo la mia non neutrale prospettiva, essendo io uno dei fodnatori di AP). Poi ognuno voti chi crede, ma almeno vada a votare. Come sottolineavo nell’articolo, basterebbe che aumentasse la percentuale dei votanti per sovvertire l’andazzo già segnato dai clientelismi ed aumentare le garanzie di controllo collegate alla maggiore partecipazione.
Luigi D’Elia
Come ho già testimoniato a Luigi personalmente, sono commosso da questa abnegazione che vedo in tantissimi colleghi nel tentativo di tenere in vita uno zombie; una professione vituperata e invisa al mondo “ufficiale” al punto di non essere nemmeno considerata (a detta del nostro Prof. Palma Presidente Ordine Nazionale) in sede di riforma sanitaria (Balduzzi)nonostante lo Psicologo e in particolare lo Psicoterapeuta (premessa oggi anche per essere Psicanalisti) siano accorpati al comparto sanitario……Ma dopo le lamentele, di Palma avrei voluto vedere le sue dimissioni;invece è indubbio che lo stato dell’arte ci dice che il governo della professione si limita alla gestione dell’esistente sulla base di spartizioni di potere che non devono intaccare lo status quo….Con le dimissioni dopo la denuncia avrei anche potuto, in un sussulto di idealismo, tornare a votare nonstante la storiaccia di Arcicasa e della sede da 44 mln di euro….Mi chiedo, come Bob Dylan, quanto tempo dovremo attendere prima che la ricerca di professionisti seri come Solano (lo Psicologo di Base) divengano la base su cui rifondare l’azione istituzionale e politica della categoria. Il resto sono battaglie di retroguardia; come quella contro il DDL 3270 sulle professioni “non regolamentate” che configurano ancora logiche di casta, di cortili, cortiletti e androni di potere in cui gli Psicologi vanno vieppiù rinchiudendosi. La cultura “psicologica” non si promuove con l’esclusività; bisognerebbe prima dimostrare che tutti gli psicologi o una loro stragrande maggioranza hanno una formazione sufficiente per la delicatezza del loro ruolo. Non parlo del ruolo dei medici in questa vicenda perché il discorso lì cambia e la loro massa critica rispetto alle possibilità di business (Farmaci) e di controllo sociale (consenso) diviene decisiva, l’argomento che noi non potremo mai avanzare. Come nel caso dell’IMU, non ci si chiede se sia giusto chiedere di più ai poveri, ma solo quanto sia conveniente farlo visto che ormai sono tanti….. AI medici non verrà mai chiesto di “ospitarci” nella grande famiglia della salute, salutogenesi, sanità perché sono troppo importanti per il malandato mercato della salute “chimica”….è sufficiente far sì che ci tollerino, come cani alla catena……..Se mai vedrò un Presidente capace di strappare la catena e rivedere l’impostazione complessiva della professione allora forse ritornerò al seggio…ma fino ad allora, Buona Vita e auguri a tutti
Buone Feste a tutti
Mario Bianchini
PS; però una proposta la faccio: un bello sciopero delle rette, Ordine ed Enpap per contarci, per vedere quanti siamo…dopodiché liberi tutti
Mario, l’astensione dal voto per protesta francamente non mi sembra una posizione difendibile, soprattutto dopo che come ti dico chiaro e tondo in questo post è stata proprio la grande astensione che ha mandato Arcicasa all’ENPAP. Che tu lo faccia per protesta o che lo faccia per ignavia, non fa nessuna differenza per chi alla fine sceglie impunito anche per te.
Lo sciopero delle rette per essere un gesto politico deve essere largamente partecipativo oppure è solo un reato. Capisco che il degrado di cui siamo circondati ci porti a scelte di pancia, ma di pancia facciamo talora strani rumori… Meglio a mio parere essere più strategici e fare la strada lunga e faticosa della partecipazione e della democrazia e provare a cambiare le cose nei tempi e nei modi opportuni.
Sulla rinuncia alla difesa dei confini, non sono d’accordo, come sai. Rinunci ai confini nel momento in cui ce li hai, non prima, altrimenti stai solo sbracando.
Dunque, i confini……la psicodiagnosi chi la fa? Michielin sosteneva che la gran parte degli psichiatri non è in grado di avere le basi culturali e tecniche (dal punto di vista psicologico) per compiere un atto tanto delicato in maniera consapevole e corretta. Tanto che i frutti di questa “ignoranza” sono di fronte a noi; moltiplicazione delle “sindromi” e caos totale (vedi articolo di Salvini, qualche tempo fa, sulle banalizzazioni diagnostiche di tipo psichiatrico a beneficio di Big Pharma -per inciso, assisto un disabile affetto da gravissima forma di Nevrosi Ossessivo Compulsiva con annesse Fobie sociali, igieniche di vario tipo e natura ma diagnosticato come psicotico per garantire un’invalidità e quindi una pensione)………il colloquio….ora IO SFIDO CHIUNQUE A POTER SOSTENERE SCIENTIFICAMENTE CHE UN COLLOQUIO PSICOLOGICO POSSA ESSERE ESCLUSIVITA’ DELLA CATEGORIA COME LA COSTRUZIONE DI UN PONTE PER UN INGEGNERE (E ANCHE LI’….GLI EGIZIANI COME HANNO FATTO A COSTRUIRE LE PIRAMIDI SENZA UNO STRACCIO DI INGEGNERE A DISPOSIZIONE DELL’UFFICIO TECNICO?)….se l’esclusività diviene difficile se non impossibile da dimostrare su che cosa possiamo basare la difesa della professione dalle cosiddette invasioni barbariche?
A me tutta la retorica del cambiamento sta veramente cominciando a stufare…leggo stamane un avviso di incarico libero professionale che è roba da denuncia per le improprietà e le illegittimità (esempi; che contratto è quello chge riporta alla voce impegno orario NON INFERIORE ALLE 300 ORE? Che il mio compenso orario muta col meteo? O che mi faranno fare a iosa straordinari come volontario? Cambiamento fatto da chi e come? Con le elezioni di categoria? No grazie! Ho smesso di drogarmi da tempo, ma se avete un peyote migliore di quello che usavo io fatemelo sapere.
Comunque tutti coloeo che hanno hancora “fede” in questa logica settoriale HANNO IL DOVERE DI VOTARE, come è successo a me fino a quando la fede ha retto…….
A tutti costoro Buon Voto
Non voler votare perché si è perso o non si è mai avuto ogni senso di appartenenza alla comunità professionale può avere un senso. La questione mi sembra un tantino a monte, dunque…, è semplicemente che ti vuoi dimettere da psicologo, da quello che ho inteso. Non entro nel merito delle cose che dici sul collequio psicologico che a tuo parere potrebbero fare anche gli egizi (ti prendo in giro… 😉 )in quanto mi sembrano piuttosto Off Topic col tema del comportamento elettorale degli psicologi, anche se indirettamente ci fornisci una chiave di lettura dell’astensionismo.
Ed allora colleghi che volete dimettervi da psicologi e stracciare la vostra tessera, non votate! Ma se rimanete psicologi e non votate, non lamentatevi più per favore.
Caro Luigi, il numero 27 era ironico. D’altronde di cognome faccio Sbrana, cognome d’origini toscane. L’ironia ce l’ho nel DNA.
E’ pur vero che il fronte antagonista all’Aupi, come dici, è rappresentato da 3 o 4 liste.
Ma il problema resta: se ognuna di queste 3 o 4 liste si presenta da sola e non si raccorda con le altre 2 o 3 liste, secondo me l’Aupi continuerà ad occupare le seggiole istituzionali in eterno.
E’ di tutta evidenza che in questa tornata elettorale non si fa più in tempo a far niente e, quindi, non resta che promuovere, come fai tu e come faccio io nel mio piccolo, una di queste 3 o 4 liste. Però, organizziamoci per il rinnovo del 2017, se saremo ancora vivi.
Un caro saluto. Roberto Sbrana
Caro Roberto, certo che avevo capito che era un numero iperbolico. Il fronte dei liberi-professionisti è diviso per evidenti ragioni di bottega. Come provavo a spiegarti, esistono dei punti di inconciliabilità secondo i quali o si fanno gli interessi di pochi o si fanno gli interessi di tutti.
Da questo punto di vista le nostre liste concorrenti non si sono fin qui dimostrate migliori dell’AUPI e si propongono in sostanza come alternativa piuttosto contigua e continua nello stile istituzionale.
Non è affatto tardi per cambiare rotta, se non fossi assolutamente certo della discontinuità e della ampissimo ptenziale di rappresentatività della lista di AltraPsicologia (i dati demografici parlano chiaro), non starei nemmeno a scrivere qui. Capisco che dall’esterno tutto sembra un’immonda marmellata, ma AP funziona davvero in modo diverso e dove è salita al governo ha mostrato una forte discontinuità nella gestione della cosa pubblica. Dopodiché ci si può informare o meno e toccare con mano. Oppure si rimane a casa a lasciare al prossimo Arcicasa di turno di farci l’ennesimo scherzetto.
Se le ragioni di bottega prevarranno, vorrà dire che ci meritiamo la situazione imbarazzante in cui ci troviamo. Spero tanto di sbagliarmi. Ciao Luigi
Temo purtroppo che il prevalere delle ragioni di bottega, legge valida non solo per psicologi ma per l’intero mondo delle professioni (e delle sottocategorie professionali, fra cui le varie associazioni), vada declinato soprattutto al presente, ed al passato, più che ad una prospettiva futura del nostro sistema politico.
Pensare di accedere alle stanze dei bottoni per difendere o incrementare i privilegi di un gruppo significa ricalcare i modelli dominanti della politica in cui siamo cresciuti. Del resto non sarà un caso se, in una società come la nostra, ipermedicalizzata e dalle forti tinte paranoiche, ci ritroviamo in Parlamento i medici e gli avvocati fra i gruppi professionali più rappresentati.
Per quanto mi riguarda, chiarisco che non rientra nei miei progetti lavorare nella direzione di una psicologizzazione dell’esistenza, e auspicare così l’elezione di psicologi in Parlamento e nei Consigli Regionali.
Sono psicologo, psicoterapeuta, candidato alle elezioni Regionali Lombarde nella circoscrizione Monza Brianza per il Movimento 5 Stelle. Anch’io faccio parte della schiera degli indignati. Non voglio più assistere a questo decadimento sociale, politico, economico, culturale, senza reagire, come ci ha abituati l’attuale classe politica italiana, più interessata ai propri piaceri personali che ai bisogni dei cittadini, ed ho scelto di fare qualcosa di più incisivo per cambiare questo stato di cose. Da qui è nata la mia scelta di contribuire ad un processo di cambiamento all’interno del Movimento 5 Stelle, che fra tutti i movimenti civili è quello che a mio avviso si sta dimostrando più sensibile ai bisogni dei cittadini.
La scelta di presentarmi come candidato alle elezioni Regionali non nasce da una desiderio di tutela di una particolare categoria professionale, ma per difendere i valori e principi etici che stanno alla base della convivenza civile. Valori da applicare all’intera comunità, e non ad un gruppo ristretto di professionisti.
Per questo motivo vorrei proporre ai colleghi che mi leggeranno un ribaltamento di prospettiva: piuttosto che chiedere il riconoscimento della nostra professione da parte della politica, facciamo in modo da essere noi psicologi a riconoscere il senso dell’attività politica.
E’ così che io stesso ho iniziato a lavorare per la realizzazione del Programma Sanità del Movimento 5 Stelle per la Lombardia, e fra i diversi punti programmatici da me presentati, ho proposto la stesura di una legge che istituisca lo psicologo di base nel servizio sanitario nazionale, http://www.beppegrillo.it/listeciviche/forum/2012/09/diritto-allassistenza-psicologica-istituzione-dello-psicologo-di-base.html?fb_action_ids=149604385182309&fb_action_types=og.likes&fb_source=aggregation&fb_aggregation_id=288381481237582
In quanto psicologi possiamo portare la nostra competenza, il nostro sguardo verso i fenomeni sociali, individuali e collettivi. Il riconoscimento della professione di psicologo da parte della politica comincia nel momento in cui noi stessi ci riconosciamo in quanto cittadini, portatori di proposte e competenze specifiche per il miglioramento della società in cui viviamo. Infatti i punti programmatici e la proposte di legge che ho presentato al Movimento 5 Stelle (e che mi auguro vengano riproposti nelle sedi opportune) non sono stati pensati per affrontare i problemi occupazionali della nostra categoria, ma per far in modo che lo psicologo esca dalla gabbia in cui giace rinchiuso ed assolva i compiti che la società si aspetta da lui. Utilizzando le proprie competenze per svolgere una corretta prevenzione e una cura a costi accettabili per il nostro Stato Sociale.
In quanto a colleghi parlamentari, qualcuno c’è già da parecchio tempo (forse troppo …)
http://www.ordpsicologier.it/uspub_mod.php?ID=335
Cari saluti
Maurizio Romanò
Caro Maurizio, intanto grazie per la smentita riguardante Franco Grillini. Uno Psicologo è stato presente anche se non ce ne siamo accorti.
Il focus dell’articolo è soprattutto sul comportamento alle elezioni interne, anche se come osservi anche tu lo stesso atteggiamento di indifferenza politica si riverbera anche sulla rappresentanza allargata.
Sento di condividere solo in parte il tuo intervento. Mi ci riconosco laddove esprimi il senso dello scambio tra attività professionale e coinvolgimento civico-politico. Non mi riconosco laddove critichi implicitamente un corporativismo che gli psicologi, dico purtroppo, non hanno mai avuto. Non perché creda che il corporativismo sia un bene in sé, ma semplicemente perché credo che per diventare adulti occorra sporcarsi le mani e passare da certi steps che gli psicologi mai hanno svolto nella loro pur breve storia. Se gli psicologi avessero fatto come tutti gli altri, piazzando questo o quello nei posti chiave, avresti ragione a pensare ad una mentalità di quel tipo, ma NEANCHE QUELLO!! Gli psicologi sono snob di default, proteggono una purezza ideologica, moralisticheggiante, senza entrare mai nel mondo e nelle sue contraddizioni, senza diventare mai adulti. Certo, generalizzo e forzo un bel po’ giusto per sottolineare alcuni bugs ricorrenti, certe tendenze standard del nostro approccio argomentativo. Non mi riferiso certo a te che le mani te le stai sporcando eccome e che l’impegno ce lo stai mettendo, ma ti faccio notare che anche tu vuoi distinguerti dal cosi fan tutti per sostenere che la proposta dello psicologo di base (che appoggio) non è sul piano corporativistico, ma sul piano della salute pubblica tout court. Perché questa sottolineatura, mi domando…
C’è per caso il rischio che veniamo tacciati di corporativismo, noi che non siamo mai stati una corporazione???????? E da chi, dai counselors con la scuola media? Dai colleghi ultraliberisti che fanno formazione psy a cani e porci? Dai medici furbetti che non ci vogliono tra le palle e si vogliono pappare loro tutta la salute mentale?
Suddai!!! La professione di psicologo secondo la legge italiana è una professione sanitaria (poi come declinare socialmente questo è un altro discorso), nel bene e nel male, quindi richiede certi standard e livelli di prestazione ben maggiori di un geometra o un archeologo. Vogliamo partire da questo nella costruzione di una linea politico-professionale? E se dovessimo apparire corporativisti, sticavoli, vorrà dire che forse stiamo diventando adulti anche noi.
Caro Luigi
ritengo che la tua visione della professione di psicologo sia davvero molto approfondita. Nella sua profondità, però, rischia di perdere il contatto con una visione ‘esterna’ di noi professionisti. Ti domandi il perché di una mia sottolineatura, e chiedi. ‘C’è per caso il rischio che veniamo tacciati di corporativismo, noi che non siamo mai stati una corporazione????????’
Ebbene, sì. Addirittura qualcosa più di un rischio, cioè una possibilità reale, tanto che questo è accaduto più volte nel corso dei lavori di realizzazione del Programma Sanità della Lombardia. Alla proposta di istituzione dello Psicologo di base, hanno fatto seguito commenti non sempre favorevoli, accompagnati da accuse di lobbismo, di tutela di interessi particolari, sino a contestazioni da chi ritiene di voler abolire gli Ordini tout court e chiedeva di eliminare la frase ‘Agli elenchi degli Psicologi di base possono essere ammessi solamente i professionisti iscritti all’Ordine degli Psicologi, in possesso di adeguata e specifica formazione ad indirizzo clinico.’ Questa contestazione, però, è stata la più facile da dirimere; è bastato rispondere allegando una copia della proposta di legge n. 3215/2010 accompagnata da una domanda ‘Forse preferiresti avere il tuo dentista come Psicologo di base?’
Le altre accuse invece, quelle di corporativismo, non ci devono sorprendere. I comuni mortali (intendo ovviamente i non-psicologi) ci vedono come una categoria dotata di un proprio potere intrinseco (forse derivante dal prefisso ‘psi’?), spesso ci confondono con i medici, e ci desiderano, ma ci temono. Chissà, forse mentre scrivevo il post precedente mi sono distratto, dimenticandomi di essere fra colleghi che cerchiamo di distinguerci anziché fra normali cittadini che vogliono capire di cosa si sta parlando.
Ma il commento per me più amaro da digerire relativamente alla proposta incriminata, è stato quello di alcuni medici; un commento non proferito apertamente, ma che lasciava trasparire la sfiducia nella nostra categoria di poter ricoprire un ruolo così importante per la società. Questo mi sembra il punto su cui dobbiamo lavorare. Il resto sono solo chiacchiere.
Ho perfettamente presente e da molti anni lo scenario di cui mi parli, Maurizio, ma tutta questa vicenda mi ricorda molto la storiella del bue che dà del cornuto all’asino… Francamente non abbiamo nulla di cui temere né lezioni da prendere. Occorre imparare a condividere con tutti le responsabilità deontologiche e politiche che le scelte cruciali che state facendo comportano, individuando alleanze sui punti del programma. Sia l’introduzione dello psicologo di base (lassù in Lombardia), o di quello scolastico (qui nel Lazio) da parte dei “tavoli” tecnici del M5S nei loro programmi sulla sanità, partono da alcuni principi imprescindibili che riguardano prevenzione primaria e terziaria, e una visione della salute che vede moltissimi medici (i più intelligenti) assolutamente allineati con gli psicologi. Qui non si tratta di affermare gli interessi di una professione, ma di far capire ai nostri colleghi medici che se uno fa l’operatore della salute pubblica e lo fa da psicologo non può non farlo che con determinati principi e con determinate pre-condizioni, e che la nostra responsabilità è verso la cittadinanza. Alla fine della fiera una convergenza piena (o ampia) sui principi in ambienti con forte componente ecologista è scontato trovarla.
Occorre saper motivare e argomentare queste necessità e anche, se vogliamo, saperle affermare con la necessaria convinzione. E’ abbastanza prevedibile che si incontrino obiezioni come quelle che tu riporti, ma la differenza che passa tra l’agenda Monti e un programma alternativo è innanzitutto di tipo “biopolitico” in definitiva, cioè in come si snocciola la visione del rapporto individuo-società, la visione della salute, la visione del benessere individuale e collettivo. Se la partita tra i vari programmi si gioca semplicemente su visioni alternative di allocazione di risorse e altri piccoli dettagli, allora il vostro movimento spara a salve e non segnerà un’autentica discontinuità.
Se invece si comincia a parlare (per la salute) del rapporto tra stili di vita e salute, di psiconeuroimmunologia, di disturbi somatoformi, di evidenze scientifiche legate a farmaci e psicoterapie, dell’importanza della prevenzione primaria, dell’importamza della socialità nella vita contemporanea, ed altri mille argomenti del genere, be’ allora forse si comincerà a fare discorsi differenti e a segnare la necessaria discontinuità tra tutte le agende del cavolo che ci stanno propinando.
Insomma Maurizio il punto di svolta mi sembra quello di acquisire in quanto psicologi la consapevolezza che il nostro lavoro è intrinsecamente politico, concetto questo che troppo raramente ci viene trasmesso dalle agenzie formative (o deformative) del nostro panorama interno, ma che chi lavora sul campo e con diretta responsabilità rispetto l’utenza in genere acquisisce autonomamente. Specie laddove si rende conto di non poter operare privo di moltissime garanzie sociali.
O troviamo un Movimento Politico (……………) Nazionale che ci rappresenti, cui interessino potenzialmente 60,70 mila voti o questa retorica dell’impegno/disimpegno degli psicologi rischia di essere un tafazzismo letale……i medici sono tutti impegnati, presenti a tutti gli eventi istituzionali di categoria? sempre? Mah! Io sto con Grillo perché è l’unica via attraverso la quale vedo la possibilità di una re-visione ecologica della salute nella quale la Psicologia entrerebbe a pieno titolo tramite il concetto di stile di vita che il M5S ha fino ad oggi sbandierato a più non posso….che cos’abbiamo da perdere? Tutta la gentaglia che ha albergato finora nelle stanze del potere va sradicata al di là delle loro intenzioni….non faranno mai niente se non nel proprio particolare interesse….non credo che Vendola sia un’alternativa…..dato che è Bersani a dettar legge e il PD è uno degli ostacoli che impedisce ogni passo in avanti…..già dissi che lo Psicologo di base fu una proposta fatta al nascente PD anni fa da un cattedratico di chiara fama e di indubbia indole progressista…risultato? Nada, nulla, zero!!!! Discorso chiuso! Big Pharma non vult (vedi storia della sigaretta elettronica…fa male secondo le ricerche…si quelle finanziate dalla Pfizer che commercializza farmaci antifumo costosi ed inefficaci….)
Loro non molleranno mai (ma gli conviene?) noi neppure……CI VEDIAMO IN PARLAMENTO, SARA’ UN PIACERE
Mario Bianchini
Verba volant, mio caro Mario, io fino a quando non vedo nero su bianco le proposte di cambiamento che noi psicologi ci auguriamo per la salute pubblica (come quella che faceva in Lombardia il collega Maurizio Romanò), io personalmente non faccio alcun endorsement. Anzi, qualcosa da dire sulle culture istituzionali che viaggiano non tanto nel movimento, ma nelle sue alte sfere, ce l’avrei…ma questo è un altro discorso.
Ti dico anche che come AltraPsicologia dunque come Associazione di Categoria, non abbiamo naturalmente alcun interesse e volontà a schierarci con nessuno, rimaniamo equidistanti e stiamo alla finestra a guardare chi fa le proposte che riteniamo opportune. Appoggeremo dunque certamente tutti i colleghi che si presentano come candidati nelle varie elezioni politiche ed in ogni schieramento, ma ovviamente gli staremo addosso come pitbull. Di promesse se ne fanno tante, di fatti molto meno. Vedere cammello, please.
Proposte? Alternative e provocatorie…..Ci troviamo davanti a Montecitorio, con Palma in testa che espone un cartello “70.000 voti a disposizione, quelli di una categoria professionale ignorata…..alla migliore offerta”….non è lui che ha detto che Balduzzi nella riforma neppure ci ha consultato? Basta battaglie di retroguardia, Enpap Ordine, cazzate……andiamo in piazza……chi convince Palma? Io mi prendo le ferie da educatore e faccio anche Presidio per vedere chi ci viene ad ascoltare……..aspetto controproposte
Mario, ti sfugge un passaggio democratico, sempre il solito, ed è quello che il presidente dell’Ordine Nazionale è votato dai presidenti degli ordini regionali che a loro volta vengono votati da noi, o meglio da quel famoso 2% di pacchetto elettorale clientelare e manovrato di cui parlo nell’articolo e che riesce a pilotare gli altri pochi elettori e che quindi decide da sempre i nostri destini. Quindi altro che cazzate… Chi dovrebbe andare secondo te a contrattare? Tu l’hai conosciuto Palma? Evidentemente no da quanto dici. Io si. E’ un bravo signore mite, cauto e moderato che per nulla al mondo, nemmeno sotto minaccia armata, si presterebbe ad una roba del genere. Non ha interesse a farlo, rappresenta gli interessi del gruppo che lo elegge e poco più.
Ergo occorre eleggere finalmente presidenti che abbiano interesse a rappresentare tutti i colleghi, soprattutto tutti i liberi professionisti (e non solo quelli del servizio pubblico) e che siano disposti a fare discorsi del genere, mio caro. E sempre lì che ricaschiamo… La democrazia è faticosa e avara di gratificazioni, ma è l’unico percorso che esiste.
Come dice il Magistrato Gratteri è difficile far diventare un mafioso collaboratore di Giustizia se non fai diventare la scelta economicamente vantaggiosa. Aspettare che il mafioso si penta è come chiedere ad un ciliegio di dare frutti a Dicembre. Fagli la serra e forse verrà fuori qualche OGM. Le leve per un mutamento culturale, a questo punto, non possono che essere “materiali”, concrete, tangibili…….