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Quando si intorpidisce il pensiero, la nostra mente inizia a produrre mostri: questa è un’interpretazione della famosa frase di Francisco Goya “Il sonno della ragione genera mostri”. Niente è più azzeccato per descrivere quello che sta avvenendo nella comunità degli psicologi in seguito all’approvazione del DDL 3270 relativo alle “professioni non regolamentate.

Per comprendere meglio quanto questa frase sia calzante con la situazione attuale vorrei soffermare l’attenzione sul significato di “mostro”.

Un essere reale o immaginario diventa un mostro quando gli sono attribuite una o più caratteristiche straordinarie, cioè lo si riconosce come tale. Nel nostro caso il mostro è un essere reale (la Legge 3270) a cui sono attribuite caratteristiche straordinarie, cioè la capacità di demolire la nostra professione. L’aspetto più interessante, quello più squisitamente psicologico, è che tali caratteristiche straordinarie non devo essere per forza intrinseche all’essere mostruoso ma è sufficiente attribuirgliele, anche se non esistono.

Come per dei bambini una vecchietta scontrosa in una casa isolata diventa la strega da cui scappare o come nel sonno i nostri incubi, le nostre preoccupazioni e le nostre ansie possono apparirci reali, così questa legge ci è rappresentata come la nostra paura professionale più grande, il nostro mostro.

Se la Legge sulle professioni non regolamentate è mostruosa è solo a causa del torpore che governa la nostra professione. Infatti, chi avrebbe dovuto tutelare la nostra professione ha dormito e sta dormendo tutt’ora.

La Legge all’articolo 1 afferma chiaramente che per professione non organizzata in ordini o collegi si intende “l’attività economica … esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi”.

Quindi, teoricamente non avremmo nulla da temere per la nostra professione. Dovremmo essere già tutelati dalla Legge stessa che esclude, da subito, il riconoscimento di quelle professioni che svolgono attività che utilizzano “strumenti conoscitivi e di intervento … in ambito psicologico” (Legge 56/89). Eppure l’allarme è scattato, la preoccupazione è elevata e la Legge è mostruosa.

La responsabilità di quanto sta avvenendo è da attribuire a chi ha rappresentato e rappresenta gli psicologi presso le istituzioni. Non solo non hanno saputo tutelare realmente i confini professionali ma non hanno neanche sentito il bisogno di definirli chiaramente! Come dire che la nostra politica professionale non si è preoccupata di affermare nel mercato del lavoro quanto indicato dalla Legge istitutiva della nostra professione: in pratica la nostra politica professionale dormiva sonni tranquilli mentre il mondo si evolveva.

Ora è facile individuare in questa Legge il nemico per la professione di psicologo e prefigurare scenari catastrofici, ma in realtà la disfatta della nostra professione è una storia che viene dal lontano e si configura nel presente: chi regge e ha retto le nostre istituzioni professionali non ha fatto nulla di utile per evitare il riconoscimento di attività che utilizzano “strumenti psicologici”. Eppure queste attività si configurano come “abuso professionale” e sono presenti da svariati anni.

Solitamente si ha paura di qualcosa che non si conosce, del diverso, dell’ignoto. Si teme qualcosa che ci ha già fatto male oppure non sappiamo quanto può farcene. Forse quello che fa veramente paura al nostro Consiglio Nazionale è proprio la psicologia; forse è questo il motivo per cui non se ne è occupato.

Dobbiamo riaffermare quello che AltraPsicolgia ha sempre sostenuto: in più di vent’anni della nostra professione, chi ha gestito la politica professionale è risultato incapace di tutelare l’ “ambito psicologico”. Non si è definito il nostro ambito specifico al di fuori della psicoterapia, non sono state fatte azioni coraggiose per far valere la Legge che ci obbliga a iscriverci ad un Ordine.

I gruppi di politica professionale che si sono susseguiti alla gestione degli ordini professionali (sempre gli stessi) si sono dimostrati inefficaci nell’affermare quanto è di competenza dello psicologo, forse anche ignorando cosa vuole dire essere psicologo. Il problema è che questi stessi gruppi e persone, sotto sigle differenti, sono ancora presenti sia negli ordini sia nella cassa di previdenza ENPAP. Se questa legge suscita così tanta paura è solamente per quanto non è mai stato fatto. Ora è facile prendersela con la Legge e accusare il Parlamento. È noto che è più facile dare la colpa a qualcuno d’altro piuttosto che a se stessi, la responsabilità di questi “pericoli” è di chi non è stato in grado di definire, difendere, TUTELARE LA PROFESSIONE.

Per questo è importante interessarsi di politica professionale e votare per gli ordini e l’ENPAP, perché se rimaniamo indifferenti lasciamo ai soliti la gestione della nostra rappresentanza e i risultati li vediamo oggi: se non è uno scandalo per l’acquisto di un palazzo è una semplice Legge che diventa un serio pericolo per la nostra professione. C’è bisogno di un’AltraPsicologia: se stiamo svegli, i mostri non esistono.