In data 27 dicembre 2012, il Ministero del Lavoro ha ulteriormente chiarito quando scatta la trasformazione di un contratto di Partita Iva in una collaborazione a progetto o assunzione a tempo indeterminato.
Ripassiamo brevemente gli ingredienti per l’uso: una prestazione d’opera resa da un titolare di partita IVA si deve commutare in un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa quando ricorrano almeno due delle seguenti possibilità:
- una durata dell’incarico superiore a 8 mesi nell’arco dell’anno solare, ovvero 241 giorni lavorativi, anche se non continuativi à attenzione però …. per i rapporti in essere, la norma inizierà a produrre effetti solo dal 2014 perché si applicherà a partire dal 18 luglio 2013 (le calende greche insomma!);
- il corrispettivo economico risulti superiore all’80% di quanto complessivamente percepito dal collaboratore durante l’anno solare à non abbiate paura, quindi: tale accorgimento servirà ad individuare e scoraggiare situazioni di mono-committenza;
- l’accessibilità ad una postazione fissa di lavoro presso una sede del committente (anche quelle ad uso non esclusivo).
Fin qui, l’analisi sembrerebbe abbastanza completa e rappresentativa di molte irregolari condizioni contrattuali dei lavoratori italiani. Ma il gergo legale ama molto la parola ‘presunzione’ e quindi vediamo che cosa si sono inventati per tamponare e non esagerare con la regolarizzazione di molti contratti professionali.
La legge infatti recita che non scatta la presunzione di subordinazione quando il lavoro è svolto attraverso l’esercizio di una professionalità regolamentata da un ordine (ovviamente ci siamo anche noi psicologi!).
Sono pertanto esclusi coloro che svolgano prestazioni connotate da “competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività
Forse il Ministro Fornero ha ritenuto di dare per scontato che – ad esempio – lo psicologo iscritto all’Albo abbia certamente almeno 15 committenti all’anno (soprattutto quando ha meno di 30 anni), non abbia bisogno di un’entrata mensile più o meno fissa (per carità, con tutti i clienti che potrebbe avere!) e che sia talmente preparato (come recita l’eccezione sopra riportata) da non desiderare la trasformazione di una falsa partita IVA in un contratto più stabile e, soprattutto, regolare.
Peccato che tra molti colleghi sia molto frequente quello che potremmo chiamare il ‘caso misto’, ovvero la prestazione d’opera professionalizzata che produce più dell’80% del reddito con un unico committente.
Ad esempio, situazioni simili si possono ritrovare presso le comunità, le agenzie di comunicazione, le aziende all’interno delle quali gli psicologi non sono meri fornitori di servizi o consulenti esterni, ma sviluppano anche attività di accounting e gestione dei clienti in modo continuativo (quindi non a progetto!), oltre a conoscerne storia ed informazioni riservate.
Ma accade anche presso le ASL! Il 7 febbraio la cronaca di Milano ha dato visibilità alla prima class action collettiva di 7 psicologi che si sono ribellati! Tutti lavorano all’Asl 1 di Milano da più di 10 anni e hanno deciso di dire basta: ‘Abbiamo un contratto atipico ma il lavoro che svolgiamo è da dipendenti! Non abbiamo garanzie per il futuro!’
Pertanto, tutti e 7 hanno chiesto al Tribunale del Lavoro un risarcimento importante, per ricevere i soldi che avrebbero ricevuto in busta paga se fossero stati regolarmente assunti.
Come andrà finire? Segnaliamo che, anche in questo caso, si ritrovano i requisiti della ‘falsa partita IVA’: sulla porta dell’ambulatorio c’è la targa con i nomi e cognomi degli psicologi non assunti, i professionisti hanno l’email aziendale, gli orari di lavoro sono concordati con i superiori. Come per tutto il personale in organico. Peccato che i 7 psicologi ‘ribelli’ siano precari e abbiano fornito al Tribunale del Lavoro un elenco di contratti rinnovati anche per 18 volte di seguito!
Risulta evidente che una consulenza interna prolungata nel tempo ed altamente professionalizzata rientri nell’obbligo legislativo di assunzione a tempo indeterminato
Peccato che, con la legge Fornero, anche nella situazione sopra citata, il datore di lavoro potrebbe appellarsi all’eccezione dei professionisti iscritti all’albo!
Certo qualcosa si può fare: si può rivendicare la propria autonomia e la libertà da vincoli di orario e tempi/modi di esecuzione del lavoro ma è sufficiente a livello di tutela e trattamento democratico?
Forse ci saranno ci saranno professionisti che, valutando la propria situazione, decideranno comunque di tenere la partita IVA e di continuare al libitum la libera professione, ma perché chi desidera essere assunto e ne ha tutti i diritti dovrà invece scontrarsi con questa eccezione?
Infine, esiste un ulteriore rischio di discriminazione nei confronti della nostra professione: immaginiamo ancora un ufficio oppure un ente in cui lo psicologo eserciti il suo incarico attraverso una collaborazione coordinata e continuativa …. se la legge rimanesse tale, il professionista potrebbe assistere, nel corso del tempo, all’assunzione o almeno regolarizzazione di molti suoi colleghi non psicologi e non iscritti all’Albo (che rientrerebbero pienamente nei requisiti della legge Fornero) e di non ottenere lo stesso trattamento.
Ma stiamo scherzando!
Ad oggi prevale una preoccupante ambiguità in questo prodotto legislativo che rimanda
pericolosamente alla famosa frase di George Orwell ‘Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri’.
È possibile sapere dove rintracciare l’articolo relativo agli psicologi di Milano? Grazie
Che questa legge fosse allucinante lo sapevo, ma grazie al vostro interessante articolo ho capito in che misura lo è: siamo nel paradosso! Per cui mi viene in mente una domanda, che forse rivelerà la confusione che provo, scaturita dal paradosso stesso:
poniamo il caso di uno psicolgo iscritto regolarmente all’ordine che un domani vinca un concorso presso una asl (so che questa è fantascienza, ma poniamo il caso): da quel momento, dato che avrà un contratto, dovrà farsi cancellare dall’ordine????
Oppure magari significa esattamente il contrario: da ora in poi si decreta (subdolamente) che gli psicologi non saranno mai più assunti! Congratulazioni alla legislatrice! quello che non riesco a capire è se è incapace di comprendere i meccanismi che regolano la situazione lavorativa di noi psicologi o se piuttosto ha un’intenzione nascosta di favorire altre figure di più basso profilo professionale. E mi chiedo ulteriormente: perchè mai? chi ha cultura ed alto profilo professionale dà forse fastidio a qualcuno?
Ecco il link all’articolo del corriere della sera
http://archiviostorico.corriere.it/2013/febbraio/07/Psicologi_termine_contro_Asl_Class_co_0_20130207_629cc828-70f2-11e2-9fd0-9610cd09b058.shtml
Nel terzo settore, e ancora più nello specifico, nelle cooperative sociali, questo tipo di distorsione e di discriminazione é all ordine del giorno.nella cooperativa di cui sono socia , Per lavorare nelle case famiglia, nei centri di diurni, nelle comunità, ecc, orari, turni, ferie, sono concordati come s e si fosse dipendenti. Per le stesse identiche mansioni un educatore ha infatti un contratto (e relative ferie, malattia ecc pagati ) mentre uno psicologo non ha nulla: é obbligato ad avere la partita iva e pertanto no ha nessuna tutela. Neanche per la gravidanza!!!
Lo sconcerto e la lamentela di tutti noi colpiti da questa legge iniqua sono comprensibili, io per prima mi sono lamentata ed ho mostrato il mio sconcerto poco più sopra in questi commenti. Ma mi sto chiedendo, e lo chiedo a tutti i colleghi che leggeranno ed ai membri di Altra Psicologia: possiamo fare qualcosa per studiare in che modo uscire da questa situazione? possiamo in qualsiasi modo istituire, sostenere o lavorare attivamente a cosa è possibile fare? anche in accordo con gli altri ordini professionali? Perchè anche negli ordini, così come nella società civile allargata, le nuove generazioni di professionisti devono pagare per le “malefatte” (o presupposte tali, dal legislatore) dei “vecchi” professionisti?
Ormai sembra che la tendenza dei legislatori sia quella di tagliare con l’accetta tra vecchie e nuove generazioni, facendo pagare alle nuove ciò che neanche hanno, e non piuttosto quella di studiare con professionalità soluzioni idonee ai tempi ed alle circostanze REALI delle persone REALI.
Come si pretende che in un mondo sempre più privo di lavoro e con una offerta sempre più numerosa di psicologi (a fronte di una domanda nella popolazione sempre più alta ma, per contro, sempre meno intercettata dalle vie istituzionali) che uno psicologo e/o psicoterapeuta lavori solo e per tutta la sua vita professionale con P.IVA? magari dando per scontato, come fanno gli studi di settore (che chi non è più a regime dei minimi dovrebbe conoscere bene), che i suoi introiti siano intorno ai 30mila all’anno e quindi la sua tassazione debba essere congruente con tali quote di presupposto guadagno? ma di cosa stiamo parlando?? per non parlare di tutto il resto che comporta il regime a P.IVA, niente ferie, malattia, ecc.
Sembra che un periodo positivo di cambiamento vero sia iniziato nel nostro paese, ed anche nella nostra organizzazione professionale, dato il recentissimo e felice ingresso di Altra Psicologia alla direzione della nostra cassa previdenziale. Possiamo fare di più e iniziare a pensare a come non farci rubare lavoro e futuro da chi (tutto sommato) ha studiato meno di noi e (si!) ha meno competenze di noi psicologi? a come non far si che dobbiamo essere noi, molti dei quali ancora agli inizi della loro carriera, a pagare ciò che neanche abbiamo?
E’ solo un suggerimento, ma spero che da qualcuno venga accolto o che magari qualcuno ci stia già pensando in maniera molto più strutturata di quanto sto facendo umilmente io.
A me personalmente non piace lamentarmi e stare a guardare mentre mi rubano futuro e lavoro (e soldi che non ho!), spero che anche altri colleghi si sentano come me.
errata corrige: alla linea 5 del precedente commento con “istituire” intendevo “istituire un gruppo di lavoro”.
Noi ci abbiamo provato ricorrendo al tribunale del lavoro, dopo avere tentato vie di collaborazione con la ASL, senza successo.
Il tribunale del lavoro però ha rigettato il nostro ricorso. A parere del giudice, non abbiamo il diritto di avere dei diritti….
Cioè di essere convenzionati.
Ora stiamo cercando di riprenderci dalla”botta” ma poi penso che cercheremo di muoverci a livello “politico”, anche se non ho ancora idea di cosa fare esattamente.
ho letto con molto paicere l’articolo sopra scritto. ho una domanda: io sono una psicologa a partita iva, faccio supervisione in una struttura del privato sociale da ormai 15 anni. da quest’anno mi dicono che ai professionisti con partita iva non si deve più fare il contratto. è corretto? lo fanno per tutelare loro senza lacuna tutela mia? mia spieghi? grazi mille
micaela
guarda caso è stato fatto tanto clamore per poi bloccare le due categorie più numerose e guardacaso più centrali per le amministrazioni:
sanità (gran parte dei precari sono psicologi, biologi e tecnici sanitari vari – quindi ordine o alta formazione)
università (docenti e ricercatori – più alta formazione di così!!9
sapete per stima di quanti laureati precari si tratta? 52mila su 76mila precari totali!!! 31mila sono solo nelle università! ed intanto ci hanno parlato della “più grande stabilizzazione” … ma ci aveva anche detto che Monti non si sarebbe mai candidato!
em
Ciao Micaela, dovresti verificare quanto incidono le tue supervisioni sul tuo reddito …. se costituiscono almeno l’80% la struttura è obbligata ad assumerti
Cosa significa che non ti vogliono fare il contratto? Semmai dovrebbero dirti che ti devono assumere …
Stai lavorando senza contratto? Non permetterlo!!!!!
Ciao
La questione si fa ancora più complessa quando come me a tutti gli effetti lavori come psicologo nel servizio Google pubblico tramite coop che è un puro fruitore di manodopera a prezzo stracciato perche a tutti gli effetti – mail, sede, direttive, obiettivi -ho i doveri del dirigente psicologo e nessun diritto. Fino alla legge fornero ho preteso di rimanere libero prof con la cooperativa appaltante per non aver alcun vincolo…loro hanno sempre cercato di assumermi ma io ho sempre detto che non sarei stato contro l’assunzione…ma dal mio vero datore di lavoro…che di fatto è asl..ora siamo arrivati al paradosso che con la fornero la coop mi vuole assumere con l’inquadramento economico allucinante del ccnl delle cooperative sociali..e io voglio rimanere libero professionista. Mi volete assumere?? Che sia asl…visto che a tutti gli effetti io sono operatore asl..il tutto è insopportabile. Sapete che chi lavora nel s pubblico tramite coop non matura titoli professionali in vista di un utopico concorso?
…qualcuno si trova.nella mia stessa situazione paradossale?