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Non solo pizza, pasta e mandolino. Tra qualche anno il bel paese sarà pieno anche di girelli e bastoni. Già ora 1 italiano su 5 ha più di 65 anni. Entro pochi decenni la un italiano su tre sarà un anziano ma, purtroppo, non invecchieremo tutti bene.

L’ultimo rapporto Istat (2015) parla chiaro: siamo tra i paesi più longevi ma con la peggior qualità di vita in rapporto all’età.  E la maggior parte degli anziani vive in casa, in carico a famiglie già gravate da altre difficoltà.

Una popolazione che invecchia è una popolazione che cambia caratteristiche ed esigenze. E in Italia questo sta accadendo ad una velocità sostenuta.  Significa che nel giro di pochi anni ci troveremo di fronte ad una richiesta di Servizi completamente mutata, dove a farla da padrone saranno le esigenze degli anziani, e delle famiglie con anziani. Il tutto in una Società ancora profondamente impreparata ad arginare l’ondata dei Silver Needs. Lo dimostra la paradossale contrazione di risorse economiche nella sanità e nel sociale e la mancanza di una vision chiara sulla terza età nella legislazione degli ultimi anni, trasversale alle diverse correnti politiche.

Mentre cresce significativamente l’interesse per la cosiddetta Silver Economy, il settore dell’economia relativo ai servizi rivolti alla popolazione anziana, il SNN assume sempre meno psicologi, anche in geriatria. Nel futuro (e per molti già nel presente) pensioni basse, problemi di salute, difficoltà di spostamento non favoriranno un’impennata di capelli bianchi nelle sale d’attesa dei nostri studi privati.

Chi risponderà all’ondata dei Silver Needs?

Bella domanda. Al fianco del SSN, se la pone da un bel po’ anche il privato sociale che, con risorse sempre più scarse, da anni tenta di potenziare i Servizi. Se lo chiedono le aziende, dove l’invecchiamento della forza lavoro sta diventando sempre di più una condizione con cui fare i conti. Ma è una domanda a cui stanno provando a rispondere anche settori impensabili: le telecomunicazioni, il commercio, i trasporti. Perché una popolazione che invecchia è anche una popolazione che compra e consuma.

Quindi, ancora una volta, un buco nell’acqua per gli psicologi? Di nuovo un settore dove la nostra arte non sarà abbastanza capita, apprezzata, considerata? Io dico di no. Anzi!

In questo scenario più che mai servono figure capaci di analizzare i bisogni degli anziani e delle loro famiglie, fornire chiavi di lettura del modo in cui il cervello cambia con l’età, pensare e progettare servizi capaci di far fronte ai bisogni crescenti dei nuclei familiari che si scontrano con l’invecchiamento patologico. Perché quando le risorse sono ridotte e la domanda cresce in modo esponenziale, gli investimenti vanno nella direzione di soluzioni efficaci, ragionate, innovative.  C’è bisogno di progettazione, prevenzione, sostegno, riabilitazione, informazione.  E qui lo psicologo potrebbe fare da proverbiale “cacio sui maccheroni”.

La condizione è che anche gli psicologi facciano uno sforzo per ripensare alle tipologie di servizi e alle loro modalità di presentazione ed erogazione nel mercato, uscendo da logiche troppo classiche e inadeguate all’evoluzione del contesto socioeconomico e demografico in corso. Del resto anche se teniamo la testa sotto la sabbia le persone invecchiano lo stesso, e alla velocità che gli pare, affollando con i loro figli e nipoti gli studi di medici di base e assistenti sociali alla ricerca della risposta ai loro bisogni. Che, al momento, non è nemmeno lontanamente sufficiente.

È una chiamata alle armi che nessuno ci farà direttamente, ma che dobbiamo saper cogliere (con una solida preparazione alle spalle, s’intende). Perché siamo noi i professionisti che lavorano, tutti i giorni, con l’analisi dei bisogni, che studiano i fenomeni sociali, che si occupano di contrasto al pregiudizio e allo stereotipo, che lavorano con le risorse umane nelle aziende, ecc. ecc. ecc.

Questo è uno dei settori del futuro, sicuramente quello in cui la domanda è destinata ad aumentare. Un settore che richiederà professionisti capaci di innovare e mettersi in gioco, lavorando in team con le più svariate professionalità.  Perché non sono solo i dottori e gli psicologi a poter dare un contributo al miglioramento della qualità di vita di una società che invecchia.

Senza contare che, se ci pensate, è pure un investimento. Perché a esser vecchi, prima o poi, ci arriveremo tutti.