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Le malattie croniche sono un fenomeno in progressiva crescita.

I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sottolineano che l’86% delle morti e il 75% della spesa sanitaria in Europa e in Italia sono determinate da patologie croniche, che hanno come minimo comune denominatore 4 principali fattori di rischio: fumo, abuso di alcol, scorretta alimentazione e inattività fisica.

Certamente, la malattia cronica e in generale la cronicità portano in primo piano l’attenzione a variabili non solo organiche ma anche e soprattutto psicosociali, che hanno un peso significativo nella gestione della patologia e del suo decorso.

Per questo, il trattamento suggerito dalle linee guida prevede interventi di approccio integrato in cui gli specialisti, ciascuno con i propri strumenti, possano agire in modo complementare con il fine ultimo di apportare modificazioni nello stile di vita e  sviluppo dell’empowerment del paziente per ottenere risultati a lungo termine.

La cronicità, è quindi il nuovo scenario con cui i professionisti e le istituzioni devono urgentemente confrontarsi per sviluppare risposte assistenziali efficaci e sostenibili. Confrontarsi con la cronicità significa cogliere l’ardua sfida di gestire la complessità, significa promuovere un’efficace integrazione tra le organizzazioni sanitarie e i servizi territoriali e tra professionisti diversi, ottimizzando i percorsi terapeutici. Da questo punto di vista nel nostro Paese, il Piano Nazionale Cronicità (PNC) rappresenta un tentativo di proporre un rinnovata  visione strategica e un approccio di cura nell’ambito delle patologie croniche fondato su  pilastri quali la centralità della persona, la presa in carico globale, un sistema di assistenza continuativa, multilivello, multidimensionale e interdisciplinare.

E’ proprio all’interno di tale cornice che la Psicologia trova ampio spazio, assumendo un ruolo fondamentale nella gestione della cronicità; la traduzione nella pratica clinica della visione olistica e dell’approccio biopsicosociale che coinvolge e attiva professionisti di varie discipline nel trattamento.

Ma questo spazio deve essere protetto, tutelato e promosso nella direzione di un inserimento sempre più legittimato e diffuso dello Psicologo nel suo ruolo “ponte” di duplice direzionalità: verso il paziente, rispetto al sostegno e supporto psico-emozionale e psicoeducativo e di facilitatore di cambiamenti comportamentali e di mind-setting; verso il Team come facilitatore e mediatore nei processi di gestione della comunicazione e della relazione.

Ad oggi, un ottimo esempio di intervento integrato multiprofessionale è dato dalla branca psicologica che si occupa di alimentazione, che negli ultimi anni, grazie al lavoro svolto sul piano Istituzionale e interprofessionale, che ha visto parte attiva dell’Ordine degli Psicologi Lazio, con il Gdl Alimentazione, e di Enpap, ha agito su più piani di tipo preventivo, curativo e formativo.

In questa direzione, l’Ordine degli Psicologi del Lazio ha quindi fortemente voluto la costituzione di gruppi di lavoro ad hoc tra i quali, appunto quello di Psicologia e Alimentazione, quello del dolore cronico, psiconcologia, e gruppi a progetto come lo studio sull’impatto economico dell’intervento psicologico in Diabetologia. Ed è a seguito della scrittura di Buone Prassi e la partecipazione istituzionale in Regione Lazio e al Ministero della Salute, che viene ad essere costituito l’Osservatorio di Psicologia in Cronicità, uno spazio attraverso il quale promuovere l’intervento psicologico nelle malattie croniche, creare networking tra colleghi e con altri professionisti, dialogare con stakeholder istituzionali e decision maker.

Con l’Osservatorio di Psicologia in Cronicità abbiamo potuto ascoltare le esperienze di professionisti psicologi che operano “in cronicità” nel Lazio e attivato un Board scientifico che si occuperà, con la rete dei colleghi, di studiare e validare Position Statement con le principali Società Scientifiche e creare partnership con le associazioni di pazienti. Tutto questo, in sintesi, significa  rispondere al bisogno della cittadinanza nonché del Sistema Sanitario Nazionale  ma soprattutto dare una voce forte e istituzionale a tutti i colleghi che in questa area operano da anni e ai quali si deve riconoscere il contributo professionale portato rendendoli co-partecipi del futuro dell’intervento degli Psicologi in cronicità.

di Mara Lastretti e Paola Medde