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La lunga storia dell’obbligo ECM per gli psicologi si allunga di un – forse – ultimo capitolo.

Il Consiglio di Stato ha infatti respinto il ricorso dell’Ordine Psicologi Lazio che puntava a chiarire se gli psicologi fossero tutti, indistintamente e per il solo fatto di essere iscritti all’albo, soggetti all’obbligo ECM.

Il dubbio non è mai stato, è bene chiarirlo, sull’obbligo formativo in sé.

Quello è sancito con chiarezza per tutte le professioni fin dal 2011 e per noi psicologi anche dall’articolo 5 del Codice Deontologico.

Il tema era, ed è sempre stato, sull’obbligo di soddisfare questa prescrizione esclusivamente con il sistema ECM per tutti gli iscritti ad albo.

Il dubbio è più che legittimo, dato che ancora oggi l’unica norma che stabilisce un obbligo ECM non parla di tutti gli iscritti agli albi delle professioni, ma solo di chi svolge attività professionale ‘in qualità di dipendente o libero professionista, per conto delle aziende ospedaliere, delle università, delle unità sanitarie locali e delle strutture sanitarie private’.

Un dubbio che non è affatto stato risolto con la delibera della Commissione Nazionale per la Formazione Continua del 10 giugno 2020, perché la CNCF non è il legislatore e non ha nessuna delega a stabilire obblighi che esorbitano il dettato normativo.

Ed è questa la questione che l’Ordine Psicologi Lazio, con i propri ricorsi, intendeva chiarire.

Purtroppo i ricorsi sono stati respinti, prima dal TAR e poi dal Consiglio di Stato, perché si è ritenuto che un Ordine regionale non sia legittimato ad agire su questioni nazionali, per le quali è competente il CNOP.

Non c’è stata dunque alcuna reale risposta alla domanda.

In altre parole, né il Tar, né il Consiglio di Stato sono entrati nel merito rispondendo alla domanda: la delibera della commissione nazionale per la formazione continua è idonea a imporre un obbligo ulteriore rispetto a quello stabilito dalla legge?

Nel frattempo, l’ultima legge di bilancio ha agganciato la copertura assicurativa per le attività professionali all’aderenza al sistema ECM.

Per cui se anche il metodo ECM non fosse obbligatorio di diritto, ora lo è di fatto.

Sugli aspetti estremamente criticabili di quest’ultimo provvedimento ho già avuto modo di commentare e non mi voglio ripetere.

Io non ho più molto da dire, su questa assurda vicenda italiana.

Potrei mettermi a fare l’elenco dei numerosi e strutturali difetti del sistema ECM, peraltro ben noti a tutti. Ma sarebbe un inutile esercizio di stile.

Voglio però ribadire un concetto, che sostengo da anni: la vicenda ECM si sarebbe potuta chiarire attraverso l’adozione formale di un regolamento per la formazione continua da parte del CNOP.

Del resto la legge 148 del 2011 prevede proprio questo: che gli enti di vertice delle professioni debbono adottare un regolamento per la formazione continua.

Per la nostra professione questo regolamento non esiste.

E se il Consiglio Nazionale avesse avuto il coraggio di deliberare un regolamento costituito da un solo articolo (‘gli psicologi assolvono l’obbligo della formazione continua attraverso il sistema ECM’) tutta questa faccenda si sarebbe risolta molto prima e senza ricorsi vari.

Non lo si è fatto per scelta, perché sarebbe stato un provvedimento impopolare. Per cui si è preferito farsi imporre le regole da terzi.

Sono scelte politiche.

Il coraggio di scelte impopolari, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare.

Di certo, non si può accusare l’Ordine Psicologi Lazio di aver speso inutilmente soldi pubblici per chiarificare per via giudiziaria una situazione oggettivamente non chiara.

Sta nelle prerogative di un Ordine cercare di chiarire, a beneficio dei propri iscritti e della cittadinanza, la corretta applicazione delle norme.