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Il costo della politica non è solo il denaro che spendo per lo stipendio di un parlamentare, un ministro o un consigliere, ma il peso che la sua incompetenza può avere nell’economia generale del posto in cui esercita il suo ruolo.

Da quando sono vicepresidente dell’ENPAP, molti colleghi mi dicono di essere contenti perché ‘sembro una persona onesta’. Ecco, secondo me non basta.

Non basta che al governo degli enti, grandi o piccoli che siano, ci siano persone oneste: dobbiamo essere persone capaci. Garantire l’onestà è il minimo sindacale, ma quello che davvero è difficile è garantire capacità: è faticoso, complesso, richiede sforzi costanti.

Il costo della politica è soprattutto nella stupidità.

Da Nord a Sud, da destra a sinistra, i membri di Consigli e Giunte Regionali sono stati beneficiari di rimborsi scandalosi, emersi nei mesi passati. Spese ingiustificate e non connesse all’incarico: sigarette, noccioline, persino cartucce da caccia. Ma c’è sempre un concorso di colpa, una complicità meschina, fra chi dalla politica trae benefit che non c’entrano nulla con il proprio compito, e chi questi benefit li vede e li consente.

I rimborsi gonfiati sono il risultato di un sistema di regole stupido e disonesto, che non prevede vincoli alla natura degli scontrini che io posso presentare ai funzionari amministrativi. Perché sia possibile un simile metodo di gestione dei rimborsi, servono pochi disonesti e molti stupidi, che non si pongono troppi problemi ed approfittano. Serve anche una commistione fra politica e dirigenza degli enti che ancora resiste nonostante tutto, in uno spoils system all’italiana.n

Ma un politico può costare moltissimo anche quando rinuncia a compensi e rimborsi.

Basta che il suo comportamento sia stupido, che le sue mozioni siano inutili, che la sua rinuncia ad essere pagato costi alla collettività anche un solo minuto non dedicato al suo compito. Può costarci molto, se la sua rinuncia ai compensi lo fa sentire legittimato a sparare a casaccio, nel mucchio, a far casino, come abbiamo visto in questi giorni alla Camera, ma pure altrove.

Carlo Cipolla, in ‘Le leggi fondamentali della stupidità umana‘, attribuisce alla stupidità e non all’avidità la maggior potenzialità di produrre danno. Vale la pena di leggere questo ironico e breve trattato, perché illumina certi drammi della politica e della vita come poche altre opere hanno saputo fare.

Che sia un deputato del Movimento Cinque Stelle o l’ultimo dei consiglieri comunali, un politico che rinuncia ai compensi e poi non studia e così fa perdere tempo a tutti, disturbando i processi nobili della democratica, ci costa molto più del suo equivalente in compensi e rimborsi.

Il confronto politico non è un costo, ma uno strumento perché ciascuno di noi abbia la possibilità di far sentire la sua voce. Diventa un costo quando l’arena politica è un pollaio e non un consesso di cervelli.

Poco o tanto che sia pagato, un politico deve svolgere bene il suo lavoro. Questo io chiedo: quando sono un elettore, io non compro il suo tempo ma il suo interesse per il bene comune, la sua capacità di fare meglio di quanto potrei fare io, il suo impegno per comprendere e studiare ciò che non conosce, la sua tenacia nell’affermare ciò in cui crede, la sua speranza e la sua capacità di vedere oltre.

Il costo della politica basato solo sulle cifre assolute è una menzogna, un mito, una falsità, se non è comparato con il grado di capacità. O di stupidità.

Vediamo le cifre e ci scandalizziamo. E intanto il vero problema sta altrove: dal primo dei parlamentari all’ultimo dei sottosegretari, non è il denaro speso, ma la mancanza di idee, volontà, sudore e studio, a fare brutta una certa politica.