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La democrazia si basa sul fondamentale assunto della rappresentanza, secondo il quale i rappresentanti eletti portano avanti, attraverso il lavoro istituzionale, le istanze dei cittadini che rappresentano.
Uno dei più gravi rischi per la democrazia è lo scollamento tra i governanti e i cittadini che li hanno votati. Chi ricopre ruoli di potere, con un preciso mandato, può dimenticare che parla ed agisce in nome e per conto di chi l’ha eletto proprio portavoce.
Succede, nei casi più eclatanti, che i cittadini manifestino a gran voce la loro volontà, chiedendo ai politici, cui sono legati dal patto democratico, di veicolarle attraverso il loro ruolo ai decisori, e che i rappresentanti invece perseguano altri obiettivi, ignorando le istanze della base. L’esito paradossale può essere addirittura che i governanti non solo non tengano conto della voce della base, ma la svalutino, la denigrino e la disprezzino. Si realizza così il rovesciamento della democrazia, la rottura del patto.
Inoltre, non sempre questo gravissimo sovvertimento delle regole democratriche è così palese. I rappresentanti contano infatti su un’arma segreta, da loro custodita con cura: l’ignoranza dei cittadini che rappresentano. Se le persone non conoscono, non capiscono, non possono valutare, non hanno gli strumenti per esprimere la loro opinione ed opporsi. Così i politici possono agire indisturbati, nei palazzi del potere, senza doversi confrontare con l’indignazione dei cittadini.
E’ quanto è successo con la proposta di legge sulla psicoterapia convenzionata e il famigerato emendamento sulla diagnosi psicologica.
Altra Psicologia e la mailing list orizzonti psy hanno promosso una petizione che ha raccolto più di 13000 firme. Attraverso la petizione gli psicologi hanno voluto far sentire la loro voce e chiedere ai loro rappresentanti (gli ordini regionali e il CNOP) di portare avanti le loro richieste. L’adesione straordinaria alla petizione, sia in termini del numero assoluto dei firmatari, sia rispetto alla presenza di colleghi che vantano un profilo professionale di eccellenza, dimostra quanto fosse forte per gli psicologi la necessità di trovare espressione.
Ebbene, i rappresentanti degli psicologi, tranne rare e tardive eccezioni, non hanno ritenuto la petizione, ovvero l’espressione della volontà dei cittadini che rappresentano, degna di nessuna attenzione. Non l’hanno pubblicizzata, non hanno informato in merito, nonostante le numerose sollecitazioni a loro giunte. La motivazione addotta è stata che la petizione ha disturbato la commissione parlamentare che si occupa della proposta di legge e il loro stesso lavoro istituzionale.
La voce degli psicologi che rappresentano e che li hanno votati è per questi signori un disturbo. Le figure istituzionali degli ordini hanno addirittura chiesto scusa ai componenti della commissione parlamentare che discute sulla proposta di legge per il fastidio arrecato dalla petizione e dalle comunicazioni inviate dagli psicologi. L’opinione di 13000 colleghi è stata ritenuta una puerile intemperanza, un’inopportuna interferenza, un intervento fuori luogo.
Ma molti colleghi non si sono accorti di nulla. Altra Psicologia ha ricevuto diverse mail che testimoniano la supposizione da parte dei colleghi che la petizione fosse stata appoggiata o addirittura promossa dagli ordini! I politici della professione si sono infatti guardati bene dall’offrire informazioni complete e tempestive. In questo modo si è ingenerato un equivoco: mentre alcuni psicologi pensavano di essere stati supportati dai loro ordini, erano invece stati ignorati, svalutati e trattati paternalisticamente da rappresentanti che chiedevano scusa per le loro azioni impudenti!
L’agire delle figure istituzionali è motivato da un’opinione spesso espressa dal presidente di uno degli ordini regionali: l’opportunità di non dare informazioni agli iscritti per non correre il rischio di allarmarli (!). La logica sottesa è che solo chi guida gli ordini sappia cosa è bene per gli psicologi, addirittura meglio di loro stessi. In questa asserzione si unisce una visione della comunicazione di tipo antidemocratico e demagogico (meglio che il popolo poco sappia, per portarlo dove vuole il regime) ad una visione delle persone paternalistica e autoritaria (le persone non sono in grado di valutare e decidere responsabilmente, ma hanno bisogno di un potere forte che sa quale è il loro bene e le guida).
Riteniamo invece doveroso informare con continuità e tempestività i colleghi, perché attraverso le informazioni cui hanno accesso possano sviluppare una propria idea sulle questioni di politica professionale, che li riguardano direttamente, e possano manifestare liberamente le proprie posizioni.