Le parole già dette. di Guido Mazzucco
Giancarlo Cerelli, Vicepresidente dell’Unione Giuristi Cattolici, é l’ultimo tra i portavoce del mondo cattolico ad aver pronunciato l’ennesima esternazione sulla omosessualità come malattia (QUI il video), in uno dei tanti momenti in cui nel nostro paese si tenta di discutere l’approvazione di una norma che lo renderebbe quasi civile: il decreto legge anti-omofobia.
La doverosa smentita da parte dell’Ordine degli Psicologi, che è avvenuta puntuale, non può da sola riuscire a smantellare gli stereotipi e i pregiudizi veicolati dagli slogan (omofobi in questo caso), per loro natura difficilmente scalfibili dalla critica, dall’evidenza della ragione e delle prove, e che nutrono il repertorio della retorica sul diverso di cui il nostro paese è infarcito.
Sessant’anni e più di ricerche, di evidenze scientifiche, di prese di posizione ufficiali delle più prestigiose organizzazioni scientifiche internazionali in merito alla natura non patologica dell’orientamento omosessuale non sembrano essere sufficienti, se il nostro orizzonte antropologico non riesce a spingersi in là quel tanto che basta per raggiungere un obiettivo minimo come quello di salvaguardare i diritti degli individui che sono vittime di discriminazione e di violenza.
Questo traguardo minimo, su cui ancora si stenta a trovare un accordo, beninteso, non sarebbe sufficiente da solo a colmare quello iato che ancora fa delle persone omosessuali italiane dei cittadini di serie B, private di tutti quei diritti che discenderebbero unicamente dal riconoscimento giuridico dei loro vincoli relazionali e, quindi, della loro dimensione affettiva.
Nelle sue esternazioni, Cerelli, avvocato cattolico, parla di omosessualità come di una malattia e di un disordine, per poi esplicitare, infine, il timore che il sanzionamento dell’omofobia possa portare allo sdoganamento della normalità omosessuale, e quindi al riconoscimento dei diritti che ne conseguono, il più temuto dei quali è quello relativo all’adozione.
Una visione del mondo, tra le tante possibili, vuole imporsi a norma di riferimento per il vivere civile di tutti i cittadini di uno stato.
Può reggere, sul piano della democrazia, che la legge esprima i valori di alcuni e non salvaguardi invece la pluralità dei valori di tutti?
E, soprattutto:
è lecito che per imporre una visione unilaterale del mondo, lo stato rinunci alla tutela dei cittadini più deboli, cioè quelli esposti a violenza e discriminazione?
E noi psicologi? Tale visione del mondo, poi, pare diventare anche parametro di normatività per la clinica, quando Cerelli – parlando di omosessualità- utilizza in modo intercambiabile i termini di “malattia” e di “disordine”. Termine, quest’ultimo, che non appartiene certamente al lessico clinico e psicopatologico quanto piuttosto a quello del magistero ecclesiastico il quale, come sostiene Montano, “[…] prevede che […] (le persone omosessuali) rinneghino se stesse, la propria natura e il proprio essere, riconoscendo il disordine e il male della propria condizione di vita, accettando la castità e la contrizione come elemento permeante dell’intera loro esistenza. Si tratta di un carico di pressioni esterne che il più delle volte sfocia in omofobia interiorizzata, al punto che é alta l’incidenza statistica dei suicidi degli omosessuali adolescenti, soprattutto credenti. “
Non é certo la prima volta che i discutibili assiomi del magistero ecclesiastico vengono arbitrariamente ed abusivamente importati in psicoterapia.
Riparare? I fautori delle cosiddette terapie riparative, in particolare quelle di matrice cristiana (ormai ufficialmente bandite, tutte, dal rango delle psicoterapie), presentano infatti come via terapeuticamente percorribile per il soggetto omosessuale in cura quella che sostiene la distinzione – antropologicamente insostenibile – tra l’identità (cioè tra l’essere omosessuale, accettato solo in linea teorica) e l’azione (cioè l’esprimersi in quanto omosessuale, considerato invece inaccettabile), incoraggiando così un atteggiamento dissociativo della coscienza del paziente, incrementandone il vissuto di inadeguatezza ed il senso di colpa.
La scelta di vivere secondo i dettami della propria religione é certamente legittima, ma un aiuto fornito in questo senso non potrà chiamarsi psicoterapia quanto piuttosto sostegno spirituale.
Nessuna terapia può porsi tale obiettivo e nessuna forma di sostegno spirituale può presentarsi come terapeutica, pretendendo di importare in psicoterapia i discutibili assiomi della morale sessuale cattolica.
Come sostiene Montano (2009) :
Ancor più grave è la constatazione che la posizione ufficiale della Chiesa contro l’omosessualità e la sua pratica travalicano spesso i confini etico-religiosi, finendo per influenzare profondamente anche i comportamenti della società e delle istituzioni, fino alla lotta ideologica nel campo giuridico-legislativo del riconoscimento dei diritti, singoli e di coppia, degli omosessuali. In questo modo, il dato confessionale amplifica l’emarginazione e la discriminazione
Possiamo dire, e non da oggi, che questa lotta ideologica ha pervaso non solo il campo giuridico-legislativo, ma anche quello clinico. La delegittimazione dei diritti delle persone omosessuali da parte dello stato, che diventa portavoce di un unico sistema ideologico, é un segnale forte, e neanche troppo implicito, che non fa che alimentare l’omofobia.
E chi paga il prezzo più alto come sempre sono i soggetti più deboli, tra cui gli adolescenti omosessuali, che riempiono le pagine della cronaca o perché vittime di bullismo omofobico e di ostracismo da parte della famiglia o perché, disperati, tentano e spesso realizzano il suicidio.
Le ricerche condotte nei paesi in cui l’omofobia è sanzionata e le relazioni omosessuali riconosciute legalmente indicano una riduzione della discriminazione nei confronti delle persone omosessuali.
Il mondo psicologico deve dunque adoperarsi affinchè il lessico psicologico e clinico non venga utilizzato impropriamente ingenerando confusione nei soggetti meno informati e più vulnerabili in merito alla natura dei propri desideri, nonché alla possibilità e all’opportunità di modificarli.
Sono ancora più che mai attuali le considerazioni dell’American Psychiatric Association, che nel “Position statement” sulle terapie riparative del marzo del 2000 afferma, tra il resto:
“[…]Recenti e pubblicizzati sforzi di ripatologizzare l’omosessualità affermando che può essere curata sono spesso guidati non dal rigore scientifico o dalla ricerca psichiatrica, ma a volte da forze religiose e politiche che si oppongono ai pieni diritti civili per gay e lesbiche. L’APA si propone di rispondere prontamente e appropriatamente come organizzazione scientifica quando affermazioni che l’omosessualità è una malattia vengono fatte da gruppi politici o religiosi”.
Auspichiamo che tutti gli psicologi, non solo l’Ordine degli Psicologi, facciano proprie queste parole, perché restare in silenzio vuol dire, alla lunga, essere complici. E, parafrasando Bertolt Brecht, a che cosa serve il nostro lavoro se oltre a non alleviare la fatica dell’esistenza umana, presta il fianco a chi si fa oppressore dei più deboli?
American Psychiatric Association (2000b),
Therapies focused on Attempts to Change Sexual Orientation (Reparative or Conversion Therapies).
American Psychological Association (2009b),
Resolution on Appropriate Affirmative Responses to Sexual Orientation Distress and Change Efforts.
Cantelmi T., Lambiase E. (a cura di), Omosessualitàe psicoterapie, ed. Franco Angeli, Milano, 2010.
Cipolla C., La sessualitàcome obbligo all’alterità, Franco Angeli, Milano, 2005.
Graglia M., Psicoterapia e omosessualità, ed. Carocci, Roma, 2009.
Lingiardi V., Citizen gay,  ed. Il Saggiatore, Milano, 2007.
Rigliano P., Ciliberto J., Ferrari F., Curare i gay?, ed. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2012.
Spitzer R., “Can some gay men and lesbians change their sexual orientation? 200 Participants reporting a change from homosexual to heterosexual orientation,” Archives of Sexual Behavior 32 (2003), 403-417 (Fonte Exodus).
Grazie per questo articolo. E’ ora che anche la nostra comunità professionale entri con forza in questi dibattiti e, sopratutto, che ne elabori, e di approfonditi, al proprio interno, proprio sul tema dell’omofobia e delle terapie riparative.
per farle proprie bisognerebbe condividerle. E come cittadino non sento particolari problemi per farlo.
come psicologo, invece, credo si debba fare un passo indietro. come professionista non mi interessa fare morale e moralismi. non mi interessa stabilire e quindi schierarmi da questa o quell’altra parte.
come professionista il mio interesse va alle domande.
cosa induce una persona all’ omossessualità? e all’etero? e a tutte le altre forme?
e cosa induce la società di oggi ad accanirsi così tanto su tale tema?
come funziona la dinamica del “tu la devi pensare come me”?
questi dovrebbero essere gli interessi dello psicologo
e il terapeuta?
basterebbe smetterla di fare gli pseudomedici che curano le malattie (mentali?)
il terapeuta (trad) è colui che si prende cura, che ha cura della persona non delle malattie
la psicoterapia e la cura con l’anima non dell’anima
ma qui si apre un discorso molto più ampio e profondo
(con rispetto parlando)
ciao Guido
Interessante l’articolo e importante sul piano dell’informazione che va divulgata il più possibile, la nostra categoria è troppo spesso silente di fronte a temi importanti, penso che l’informazione sia anche questo: un mezzo x poterci fare conoscere, x ciò che facciamo e x dare l’adeguata importanza sociale al nostro lavoro.
grazie
MALATTIA & DISTURBO
E’ di FONDAMENTALE importanza, al fine di non rischiare di passare dalla parte del torto con i fautori della legge sull’Omofobia, tenere NETTAMENTE DISTINTI i concetti di MALATTIA e di DISTURBO…( DELLA PERSONALITA’).
Essendo un professionista in materia so’ bene l’abisso che separa queste due nozioni e come la lobby gay giochi spudoratamente su queste sottigliezze che la gente comune non può conoscere.
Fate attenzione, quindi.
Qual’è la differenza ?
Per “MALATTIA” si intende un disagio che si estende alle facoltà mentali dell’individuo, alterandole.
Per “DISTURBO” si intende invece un disagio limitato ad una sfera della personalità, solo a quella, senza nessuna estensione alle capacità raziocinanti dell’individuo.
Questa distinzione è di fondamentale importanza per non passare dalla parte del torto in una discussione scientifica.
Scientificamente, infatti, sarebbe sbagliato affermare che l’omosessuale sia un malato mentale, come del resto dimostrano infiniti casi di omosessuali addirittura geniali.
Diverso è invece affermare che l’omosessualità sia un DISTURBO (DELLA PERSONALITA), non fosse altro che per la plateale dissociazione dal proprio dato corporeo non riconosciuto e rifiutato.
Ora, ripeto, è di fondamentale importanza non farsi ingannare da questa gente che farà di tutto per farvi dire che li ritenete dei malati e, così facendo, potervi poi smentire facilmente.
Di fondamentale importanza poi anche perchè, se riuscissero a far passare, nella legge, il “REATO DI OPINIONE”, cioè il carcere per chi dovesse considerare l’omosessualità non dico, ripeto,tanto una malattia, quanto un disagio o un disordine, questo aprirebbe la strada, inevitabilmente, a matrimoni, adozioni e porcherie varie essendo, a quel punto impossibile, avere la benchè minima obiezione per distinguere le condizioni di NORMALITA’ o meno di una famiglia.
Vi inviterei, quindi, a riguardare dal minuto 9, 30 questo video e notare l’abilità del giurista cattolico nel confutare al gay questo punto invitandovi a prenderlo come modello di comportamento perfetto in qualunque evenienza o discussione.