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Ad oggi abbiamo circa 50.000 iscritti all’Albo, ed altrettanti studenti di Psicologia in formazione. Nel 2015, calcolando il pensionamento progressivo, ma aggiungendo i nuovi studenti che entreranno nel contesto formativo  nei prossimi 3 o 4 anni, avremo oltre 100.000 psicologi operanti sul territorio. Una cifra superiore al quadruplo di quella che c’era solo a metà degli anni ’90.

Il problema non è tanto di “inventarsi nuove nicchie”, o di “proporre servizi innovativi”. E’ un problema di “macroeconomia”: esiste veramente una base di mercato (“domanda”) che possa soddisfare “un’offerta” che si è letteralmente, confusivamente, quadruplicata in pochi anni ?

Il CNOP, o qualche Ordine Regionale previdente, ha pensato che è improrogabile basare le scelte strutturali di politica professionale nel medio-lungo termine su una analisi accurata ed approfondita del mercato del lavoro degli psicologi nei prossimi venti o trent’anni?
Un’indagine seria e necessaria per capire come progettare uno “sviluppo sostenibile” senza affidarsi solo ad intuizioni personali o stime a breve termine….

Come AltraPsicologia riteniamo che l’Ordine debba fare pressione sull’Università al fine di:

  • impedire, o limitare fortemente, il numero di nuovi corsi di laurea in Psicologia;
  • arginare il numero di matricole che ogni anno si iscrivono a facoltà di Psicologia. Il numero chiuso è impopolare e per certi aspetti anche poco democratico. Riteniamo invece che l’Ordine debba condurre serie campagne di informazione presso le aspiranti matricole in cui si spieghi loro che si iscrivono a loro rischio e pericolo, fornendo un quadro realistico ed aggiornato delle prospettive occupazionali che li attendono. Non come oggi in cui Presidi di facoltà propagandano che la laurea in Psicologia darebbe lavoro quasi certo …
  • selezionare sugli standard di qualità: dalla facoltà di Psicologia escono un sacco di ignoranti e spesso i danni maggiori alla categoria ce li combinano proprio i colleghi, la riforma universitaria ed i crediti hanno poi definitivamente mandato a picco l’aspetto qualitativo. È necessario formare adeguatamente gli studenti, inserire la pratica e l’esperienza internamente al momento teorico. Ed anche il corpo docente dovrebbe essere rivisto perché anche lì c’è gente che con la qualità, la crescita professionale, la Psicologia non ha nulla a che vedere;
  • è inoltre necessario continuare ed accentuare l’opera di informazione e consapevolezza rispetto alla scelta professionale, con attività esperienziali che portiano i giovani colleghi ad avere contatto diretto con psicologi e Psicologia, ad entrare in contesti di lavoro reali, a confrontarsi sulle rappresentazioni della professione psicologica;
  • bisognerebbe sin dall’Università potenziare la formazione sulle competenze trasversali, quelle utili poi a muoversi in un mercato del lavoro agguerrito e competitivo. Spesso incontriamo neo-laureati che dopo decine d’esami ed una tesi, non conoscono la struttura di un progetto o non sanno scrivere un curriculum presentabile;
  • il tirocinio pre e post lauream andrebbe maggiormente tutelato e valorizzato, ed i colleghi che offrono il loro tempo e le loro energie per fare tutoraggio andrebbero in qualche modo retribuiti. L’Università dovrebbe aumentare il numero di strutture per inserire tirocinanti, così come monitorarne poi l’aderenza a quanto previsto dal progetto formativo: basta fotocopie come tirocinio!
  • sostenere iniziative di tipo sindacale per lottare contro lo sfruttamento di tirocinanti e volontari. La grande mole di lavoro svolta dai giovani non è minimamente compensata da assunzioni o collaborazioni;
  • le Università potrebbero inoltre potenziare i servizi che offrono all’esterno (servizi di consulenza in campo clinico, nell’orientamento, nella formazione, in campo organizzativo, ecc…) in modo da inserire un maggior numero di psicologi;
  • per quanto riguarda la ricerca, si tratterebbe di svolgere ricerche con ricercatori sia universitari che esterni e su temi di reale interesse professionale, possibilmente con una ricaduta diretta, privilegiando la ricerca psicosociale e la ricerca intervento.