Psicologi, manager e leadership

Psicologi, manager e leadership

Consigli, idee e punti di vista dagli US

Roberto Bonanomi intervista Matt Barney Ph.D., CEO e fondatore di “The Scientific Leader” (http://www.scientificleader.com/), membro della Society of Psychologists In Management (http://www.spim.org).

Roberto Bonanomi: Due parole su di te…

Matt Barney: Sono uno Psicologo dell’Organizzazione e del Lavoro. Prima di terminare il mio Ph.D., ho svolto attività di consulenza per l’analisi del lavoro e la selezione del personale di Intel Corporation, a cui è seguita una attività di gestione e promozione dei talenti per una start-up nel ramo semiconduttori, presso AT&T.

Successivamente, ho fondato la “Corporate University” di Lucent Technologies in Bangkok, Thailandia, Singapore, e mi sono occupato dello sviluppo organizzativo alla Motorola University, interessandomi particolarmente della metodologia “Six Sigma”. Tra le altre esperienze professionali, sono stato responsabile dello Sviluppo Organizzativo (OD) di Merck e Chief Learnig Officer al Sutter Health.

Il mio primo libro, “La nuova Six Sigma”, tratta dell’intregrazione tra le scienze psicologiche e l’ingegneria industriale mentre la prossima pubblicazione, “Leading Scientifically”, svilupperà un approccio Evidence-Based (EB) alla gestione della leadership, dei talenti e dello sviluppo organizzativo.

Mia moglie, anche lei Psicologa, ed io siamo proprietari e direttori di due aziende “The Scientific Leader” e “Human Capital Growth”.

Abbiamo due figli adorabili, Feynman (5 anni) e Franklin (2), e dividiamo il nostro tempo tra il mio paese (USA) e quello di mia moglie (India).

In Italia la professione di psicologo è tipicamente associata al contesto clinico, mentre lo “psicologo del lavoro” è, semplificando, colui che supporta il processo di selezione/valutazione e/o formazione all’interno dell’azienda. Più raramente lo psicologo è visto nel contesto della consulenza direzionale o organizzativa. In che modo, in base alla tua esperienza, lo psicologo potrebbe contribuire alla professione del manager? Che metodologia adotti tu nel tuo lavoro?

In generale, uno psicologo studia e mette in atto metodi che aiutano le persone. In particolare uno psicologo che opera nel ramo delle Organizzazioni e del Lavoro studia e mette in atto metodi che aiutano le persone sul luogo di lavoro. Poiché i manager sono persone, come tutti, possiamo dire, e vantare, come Psicologi, una cinquantennale esperienza in questo settore.

Per quanto mi riguarda, sono stato particolarmente colpito dal lavoro di Bernie Bass e Bruce Avolio e dal loro modello di “Full Range Leadership Model”; la mia metodologia di assessment e di lavoro si basa sul loro paradigma.

Che cosa manca, secondo te, allo psicologo per essere lui stesso un manager e viceversa che quali sono i suoi punti forza?

Anche noi psicologi siamo umani; abbiamo pregiudizi, difetti e giornate nere, come chiunque. Tuttavia siamo in una posizione privilegiata per aiutare a capire perché le persone si comportano come si comportano e, a ben pensarci, molto del lavoro dei manager altro non è che assicurarsi che il loro team abbia prestazioni ad altissimo livello, senza le quali nessuna impresa è in grado di vincere nel mercato odierno. Ciò è vero non solo per gli psicologi che operano nel ramo delle Organizzazioni e del Lavoro; infatti, ho avuto spesso modo di osservare che gli Psicologi Clinici sono molto più formati del sottoscritto nella consulenza e nel coaching individuale e possiedono inoltre metodi e strumenti più idonei per gestire i comportamenti disfunzionali sul luogo di lavoro e per fronteggiare le necessità di cambiamento che i manager sono sempre più chiamati a sostenere.

Hai qualche esperienza di psicologi che occupano posizione manageriali? Ci puoi fare qualche esempio?

Sono stato io stesso manager per diversi anni prima di essere psicologo e, anche successivamente, ho gestito altri psicologi Ph.D., formatori, etc. Alla Sutter Health ero un executive con tre direttori al mio riporto, ciascuno dei quali gestiva, a sua volta, circa 60 risorse e 10 milioni di dollari di budget.

Comunque siamo in molti a livello internazionale, tanto è vero che esiste una apposita organizzazione professionale, la SPIM (Society of Psychologists in Management”) dedicata esclusivamente alla psicologo-manager. Il sito web è http://www.spim.org/

Che tipo di percorso formativo e professionale suggeriresti a uno psicologo che vuole intraprendere la carriera manageriale?

In primo luogo, credo che dipende da quale “tipo” di Psicologo si vuole essere. Ci sono tante, per così dire, “varietà”. Uno psicologo del comportamento animale, per fare un esempio, opera in giardini zoologici, riserve faunistiche. Da noi, gli psicologi Cognitivi, della Personalità, e Sociali tipicamente lavorano in ambito accademico e tipicamente divengono manager dei dipartimenti universitari o delle strutture accademiche dove operano. Gli psicologi dell’Organizzazione e del Lavoro, invece, lavorano normalmente, oltre che per le università, all’interno e per le aziende, ed anche come manager.

Ad ogni modo, per tutti, credo sia importante saper riconoscere che, benché la nostra formazione costituisca un potenziale vantaggio nella gestione delle persone, la managerialità non si esaurisce in questo ma richiede di acquisire altre tecniche e altri paradigmi. Ad esempio, il Project Management e le metodologie di Budgeting sono due settori che non fanno parte della nostra formazione ma sono fondamentali, anche per la gestione delle persone.

Che opportunità ci sono all’estero per intraprendere una carriera di questo tipo?

Gli psicologi che, come me, hanno acquisito sufficiente esperienza per poter fare consulenze e aiutare altri colleghi in altre parti del mondo (in particolare in Asia e in Europa) non sono ancora moltissimi; per questo vorrei incoraggiare le persone a riflettere e sfruttare l’uso di Internet per costruire rapporti con altri colleghi che possono offrire reali occasioni di lavoro all’estero.

Per esempio, questo articolo è stato scritto grazie alla reciproca frequentazione di un famoso social-network, particolarmente valido in ambito professionale (ndr: Linked-In).

Ritorniamo allo psicologo come supporto all’azione manageriale: in che modo proporsi alle aziende medie e medio-piccole?

Abbiamo bisogno di “cominciare avendo in ben mente l’obiettivo finale”.

Cosa significa mantenere il successo per le aziende medio/piccole ai giorni nostri? Come misurare questo successo?. Dove si trovano i “colli di bottiglia” critici? Ci sono delle cause sottostanti imputabili alle performance delle persone che influiscono su queste criticità?

Rispondendo a queste semplici domande uno psicologo può porre le basi per una diagnosi organizzativa per individuare le aree principali su cui conviene lavorare in primis.

Inoltre, gli psicologi possono aiutare le aziende a chiarire a loro stesse l’origine dei sintomi del loro problema e a sviluppare una logica per comprendere quali processi e quale capitale umano è necessario per realizzare i propri obiettivi di business. Queste sono valori per cui una azienda dovrebbe essere disposta a investire.

Ci fai un esempio di un tuo progetto che potremmo replicare in Italia?

Certamente. Uno è relativo ai ben noti problemi causati negli US da manager di alto profilo e su cui anche in Italia, con le dovute proporzioni considerando i diversi contesti, bisognerebbe cominciare a preoccuparsi. Io lo chiamo la “Leadership Due Diligence”, e consiste nel fare degli assessment ai manager prima dell’assunzione e durante il loro rapporto di lavoro con l’azienda per ridurre i rischi che possano fare scelte sbagliate, o evitare, sin dal principio, acquisizioni sbagliate. Con una traduzione in italiano, e un piccolo processo di convalida per il contesto Italiano di questo metodo (che comunque è cross-culturale), è possibile ottenere uno strumento che può concretamente aiutare la selezione e lo sviluppo dei manager italiani. Ho pubblicato, ed è disponibile su http://www.scientificleader.com, un white paper dal titolo “The Three Stooges of Operational Risk: Advances in Leadership Due Diligence” che fornisce tutti i dettagli.

Quando verrai a trovarci?

Mi piacerebbe lavorare con voi in Italia. La mia solo visita nel vostro paese risale al  giorno di Natale del 2000. Stavamo facendo uno scalo a Milano sulla tratta Bombay-Chicago quando il personale di Alitalia decise di non venire al lavoro; cosi io e mia moglie dormimmo in aeroporto e rimandammo la partenza al giorno successivo.

Al di là di questa circostanza fortuita, sappiamo che l’Italia ha molto da offrire sia per lavoro che per piacere, e sarebbe per noi una splendida occasione, quella di collaborare con voi, per tornare nel vostro paese.

Grazie Matt, e arrivederci a presto allora!

Grazie a te Roberto, a presto!

(Traduzione di R. Bonanomi)