Abolito l’Esame di Stato? Facciamo chiarezza.

La notizia dell’abolizione dell’Esame di Stato e del tirocinio sta creando dibattito, non sempre basato su informazioni corrette.

In questo articolo vogliamo fare chiarezza e aprire ad alcune riflessioni sulle novità in arrivo, che non sono così negative.

I FATTI

L’epidemia Covid-19 ha richiesto un surplus di medici. Uno dei provvedimenti adottati per far fronte al fabbisogno è stato l’accorpamento dell’Esame di Stato all’Esame di Laurea.

Sulla scia di questo primo provvedimento, nell’autunno 2020 il Ministro dell’Università e della Ricerca Manfredi ha presentato un Disegno di legge riguardante anche altre professioni, fra cui le sanitarie: veterinari, farmacisti, odontoiatri e psicologi.

In questi giorni il Disegno di legge è stato approvato dalla Camera. Ormai la sua approvazione definitiva sembra inevitabile.

Questo il testo integrale del DDL: Disegno di Legge Manfredi

COSA PREVEDE IL DISEGNO DI LEGGE, IN SINTESI?

Per alcune professioni, l’Esame di Stato sarà svolto con l’Esame di laurea. Ci sarà un vero e proprio doppio esame, e la parte abilitante sarà gestita da professionisti indicati dall’Ordine.

Di conseguenza il tirocinio sarà spostato all’interno del corso di studi. Il DDL prevede un tirocinio di 30 CFU, pari a circa 750 ore. Per gli psicologi attualmente è di 1000 ore, quindi ci sarà una riduzione di circa 250 ore.

Non ci sarà quindi alcuna abolizione dell’Esame di Stato – previsto dall’articolo 33 della Costituzione – né del tirocinio. Tutto sarà semplicemente anticipato.

I VANTAGGI DELLA PROPOSTA

Il primo vantaggio è l’accorciamento del percorso abilitativo.

Oggi dalla laurea all’albo passa almeno un anno e mezzo, in alcuni casi due. Di cui solo un anno effettivamente impiegato in attività formativa. Il resto sono tempi morti dettati da questioni puramente burocratiche. È una situazione anacronistica.

Anche la modifica del tirocinio potrebbe essere un vantaggio. L’organizzazione dei tirocini potrebbe diventare più flessibile, anche con possibilità di frazionare i 30 CFU in esperienze più brevi e variegate rispetto a oggi.

L’attuale sistema a due blocchi semestrali da 500 ore ciascuno rende molto rigida l’esperienza di tirocinio, è difficile cambiare sede in corsa quando l’esperienza non è formativa, e non sempre le 20 ore settimanali sono sfruttate al meglio.

Il tempo di attesa fra conclusione del tirocinio ed Esame di Stato rimanda ulteriormente l’avvio alla professione.

Tutto questo può esitare in una dilatazione forzata dei tempi, fino ad un vero e proprio periodo di sospensione esistenziale e lavorativa. Un limbo che non fa bene a nessuno.

Con la nuova proposta si taglia di netto tutto il periodo post-lauream, si compatta tutto all’interno del percorso accademico-professionale pre-lauream, e si lascia agli atenei maggiore libertà di gestione.

I PUNTI CRITICI

Il primo punto critico riguarda la necessaria riorganizzazione del percorso universitario, che dovrà fare spazio a 30 CFU (circa 750 ore) di tirocinio pratico-valutativo. Sarà compito dell’accademia trovare una soluzione sostenibile.

Un secondo punto critico riguarda l’anticipazione del tirocinio ad una fase in cui lo studente potrebbe non aver ancora sviluppato sufficiente preparazione e maturità personale.

Un tirocinio troppo precoce e stretto fra esami e tesi potrebbe risultare meno efficiente sul piano formativo.

Inoltre, l’anticipazione del tirocinio potrebbe ridurre le sue potenzialità di inserimento lavorativo. Non è infatti raro, nell’esperienza dei colleghi, che il tirocinio post laurea sia stato il primo trampolino di ingresso nel mondo del lavoro.

Vi sono poi questioni di procedura, che però hanno un impatto sostanziale.

Per il tirocinio è prevista una valutazione finale. Cosa succederà in caso di valutazione negativa? lo studente dovrà ripeterlo in tutto o in parte?

Risolvere questo nodo è necessario per evitare la deriva a tirocini valutati in via puramente formale, la cui qualità formativa sia ininfluente.

Stesso tema per l’esame di abilitazione accorpato all’esame di laurea.

Oggi l’Esame di Laurea è sostanzialmente una formalità, e si rischia che accorpando l’Esame di Abilitazione anche questo diventi una formalità.

Occorrerà fare attenzione a mantenere il potere selettivo dell’esame di abilitazione, che non dovrà appiattirsi sull’Esame di Laurea ma costituire – proprio come prevede il disegno di legge – un esame a tutti gli effetti, parallelo a quello di Laurea.

Perché l’Esame di abilitazione resti davvero un esame, dovrà essere possibile bocciare e farlo ripetere in un secondo momento, a prescindere dalla laurea già ottenuta.

ACQUISIRE REALI COMPETENZE PROFESSIONALI

Per fare in modo che questa rivoluzione porti vantaggi, occorre condividere un obiettivo chiaro: formare professionisti autonomi in grado di muoversi con sicurezza (propria e dei clienti), efficacia e rigore scientifico.

La preparazione tecnica e scientifica, dominio dell’Università, non è sufficiente per esercitare una professione. Deve essere tradotta in pratiche professionali ma anche in un atteggiamento da professionista.

Al professionista si richiedono competenze lavorative, etiche, sociali, economiche, giuridiche, deontologiche. Non è una formazione che può essere demandata al caso, ai tutor o alla buona volontà individuale come avviene oggi.

La vera opportunità di questo Disegno di legge è un ripensamento della formazione alle competenze professionali, attraverso l’apprendimento di un vero e proprio ‘kit del professionista’.

Per la mia esperienza, questo kit dovrebbe prevedere competenze strutturate almeno su (1) status e responsabilità del professionista (2) rapporto del professionista con la legge e con la società (3) cultura dell’applicazione scientifica all’agire professionale (4) gestione delle informazioni apprese nell’esercizio della professione (5) rispetto della volontà del cliente, consenso informato, accordi di lavoro (6) responsabilità ed errore professionale, gestione dei rischi.

Per ciascuna di queste aree vanno previsti approfondimenti verticali di tipo giuridico, economico, sociale, deontologico, perché lo psicologo deve essere saldamente collegato al mondo reale.

Dato che non si tratta di temi banali, dovrebbero trovare spazio in un insegnamento strutturato e omogeneo per tutto il territorio nazionale, progettato in collaborazione da accademia e mondo della professione.

CONCLUSIONI

Il Ddl pare ormai destinato a diventare legge. E potrebbe essere l’occasione per migliorare il percorso formativo degli psicologi.

Alcuni miglioramenti sono comunque già presenti nel testo di legge: la riduzione dei tempi, la maggiore flessibilità dei tirocini.

Altri dipendono da noi. Va colta l’occasione per strutturare meglio l’acquisizione delle competenze professionali, che sono diverse da quelle tecnico-scientifiche.

Va inoltre mantenuta la capacità di selezione dell’Esame di Stato, che non deve ridursi a mera formalità.

L’obiettivo finale del percorso deve essere la formazione di professionisti in grado di operare in autonomia, efficacia e sicurezza. Obiettivo che anche oggi non sempre viene raggiunto.

Questo disegno di legge potrebbe rappresentare una grande opportunità in tal senso.