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Il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani è in perfetta sintonia con la Costituzione. Lo psicologo opera per la diffusione della conoscenza e il sapere è dell’agorà, delle piazze. Il “sapere” del filosofo, dello psicologo, del medico, di chiunque non può, non deve essere in alcun modo inibito; è per tutti. Questo non significa aspirare ad essere curati da uno psicologo appassionato di filosofia o di letteratura ma senza una laurea magistrale specifica o che non abbia seguito un opportuna pratica, che per i seguaci di Freud si spinge ad un lavoro profondo su di se.

La legge “riserva” l’esercizio della cura e controlla le credenziali di chi esercita quest’arte sublime e inarrivabile. Non è questa un’esecrabile azione corporativa né una garanzia assoluta di qualità valida nel caso  –ci sono medici, psicologi, architetti ottimi e altri pessimi- ma una certezza di un minimo comune denominatore offerto a tutti noi. Quello un medico, ecco, vado dal medico, quell’altro uno psicologo, quello un’altra cosa ancora.
Se non fosse che tutto si fa difficile in un tempo in cui i limiti sono poco tollerati.

Secondo Freud il primo requisito della civiltà è la giustizia, intesa come sicurezza che l’ordine statuito non sarà infranto a favore di nessuno. E’ invece questo il tempo dell’individuo che travalica ogni tipo di limite, anche quelli della vita. Tempi allungati oltre il concepibile e corpi ricostruiti dalla chirurgia.
E’così sempre più difficile accettare di essere diventati qualcosa che non si può modificare per via delle scelte che si sono fatte. Ci deve essere sempre una via. Invece di un dignitoso riconoscimento della propria umana impossibilità ad essere tutto, fare tutto, si cerca sempre più attivamente una strada tagliata su misura. In questo tempo la Legge si vorrebbe fosse costruita sempre di più sulle proprie esigenze, sempre più “ad personam”.
Ci confrontiamo così sempre più con la tentazione di un “abusivismo” come posizione ontologica, come modo di essere personale e collettivo, come ricerca della via che renda tutto possibile, della pretesa di un saldo, di uno sconto esclusivo. In questa ottica di poter diventare ed essere tutto, ovvio che la formazione debba essere breve o brevissima e in grado di conferire poteri taumaturgici, quasi magici.
Tanto, si dirà a giustificazione, accade che anche un finto chirurgo possa essere bravo, quindi che valore ha l’insegnamento, la cultura accademica, i tirocini, gli esami di stato? Orpelli burocratici, sostituiti dal fine settimana di sapore iniziatico del guru olistico sotto casa. Quindi figuriamoci se non si può fare lo psicologo, magari con un nome diverso.

Siamo alla morte della serietà proprio lì dove la delicatezza dovrebbe essere massima, la preparazione più accurata, le parentele con le culture più strette. Ha ragione Galimberti a sottolineare l’esigenza di una parentela con la filosofia per gli psicologi, lo diceva anche Freud sottolineando l’esigenza di una cultura ampia come preparazione di base per uno psicanalista.

Siamo allora circondati da professioni “nuove” o coloro che cedono alla tentazione profonda e ipermoderna dell’abusivismo hanno solo indossato un travestimento per aggirare le tutele che la legge ha messo intorno alla salute di chi sta male e chiede una cura?
Certo, la crisi è una realtà. In troppi perdono il lavoro, troppo ampio è divenuto il popolo delle partite Iva. Molti si industriano a trovare modi nuovi per arrivare a fine mese, altri sono a loro volta psichicamente sofferenti e scoprono durante la propria terapia tra le proprie competenze naturali una straordinaria “sensibilità”. A quel punto c’è sempre qualcuno disposto a offrirti un corso che ti fa diventare ciò che vuoi, anche “psicologo” –abusivo. A peso d’oro, perché i sogni si pagano. Ci si arriva in un fine settimana o in tre anni, poco conta. Perché il percorso è comunque su misura, ad personam, diverso da quello istituzionale, per legge, svalutato per definizione e per interesse. I più scoprono di commettere un reato solo quando si trovano i carabinieri fuori dallo studio in cui hanno trasformato lo scantinato.
Quella di questi anni è una modernità sofferente in cui dilagano la depressione, i disturbi alimentari, gli attacchi di panico che non ti fanno uscire di casa. Il paradosso è che proprio oggi non c’è niente di più facile che trovare qualcuno che promette guarigioni miracolose di ogni male del vivere, per di più convinto di essere nel giusto. Un po’ di sgomento è legittimo, la preoccupazione giustificatissima.
In questo decadimento delle competenze, del sapere e del saper fare i colpevoli ci sono. Ma non sono quelli che decidono di non rinunciare alla preparazione accademica e alle sue fatiche, che, per quanto imperfetta è però l’unica via tollerabile, oltre che consentita per prendersi cura cosa più delicata che abbiamo, la psiche. Senza scorciatoie.