“Accompagnare versus curare” le persone omosessuali

“Accompagnare versus curare” le persone omosessuali:

un Ordine che prende posizione su questioni socialmente rilevanti

di Paolo Bozzato

Non è così scontato né tanto facile che un Ordine professionale agisca concretamente di fronte a fatti socialmente rilevanti nella nostra società. Si sa che le prese di posizione sono spesso “scomode” perché rischiano di accontentare alcuni, ma di scontentare altri. Pertanto, soprattutto nel nostro paese, la prudenza non è mai troppa. La politica nazionale è di fatto generalista e spesso includente sui temi di rilevanza sociale e la politica professionale non è mai stata troppo diversa.

Ma che fare quando c’è in gioco l’interesse di cittadini vulnerabili in cerca di aiuto che si rivolgono ad uno psicologo? E quando con la loro prassi professionale alcuni colleghi rischiano di violare gli articoli del codice deontologico?

Mi riferisco, in particolare, allo scottante tema dell’omosessualità che ancora oggi divide la società italiana da un punto di vista valoriale (siamo uno degli ultimi paesi rimasti in Europa senza leggi a tutela delle coppie omosessuali nonostante i continui richiami del Parlamento Europeo). Tuttavia tale tema non dovrebbe più dividere la comunità scientifica internazionale da quando l’omosessualità è stata rimossa dall’elenco delle malattie mentali nel 1973 e soprattutto da quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha definita nel 1990 una “variante naturale del comportamento umano”. Pertanto uno specifico articolo del codice deontologico degli psicologi italiani (art.4) afferma: “Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. (…)”

Eppure basta digitare “omosessualità” su un motore di ricerca in internet e si rimarrà sorpresi dal numero di siti , molti in lingua italiana e spesso di matrice religiosa, che promuovono “cure” e “terapie” per le persone omosessuali con specifici riferimenti a teorie e terapie psicologiche. Mi immagino cosa possa provare un adolescente che inizi una ricerca sul web per tentare di comprendere un po’ meglio la propria sessualità oppure un genitore che sospetti l’omosessualità del figlio e vada alla ricerca di informazioni. Pare che a certi professionisti della psiche non importi cosa dica la comunità scientifica ufficiale o la deontologia professionale (tanto la gente queste cose non le sa!), la cosa importante è che se qualcuno ha un problema che vuole eliminare perché sconvolgente e gli offriamo una cura si avrà un cliente in più! Se il tutto è condito da un’ideologia fondamentalista con un radicato pregiudizio anti-omosessuale, tutte le remore e i dubbi scompaiono più facilmente perché si è anche nel “giusto”.

In questo panorama, si comprende facilmente quanto sia importante una presa di posizione netta, chiara degli Ordini professionali. Sono molti gli psicologi che sognano un Ordine che si occupi di questioni socialmente rilevanti mediante fatti concreti. E’ quello che ha fatto l’Ordine degli Psicologi della Lombardia (OPL) nello scorso mese di maggio, in occasione del convegno a Brescia di uno psicologo americano fautore di un approccio per la “cura” delle persone omosessuali. Un’iniziativa, quella del convegno bresciano sulle cosiddette “terapie riparative dell’omosessualità” che ha fatto molto discutere e dalla quale l’Ordine degli psicologi lombardi si è dissociato ufficialmente con un’apposita delibera approvata dal Consiglio dell’Ordine il 12 maggio scorso. La presenza di un Consigliere OPL membro di Altra Psicologia al Convegno ha anche permesso di spiegare a relatori e partecipanti la posizione ufficiale dell’Ordine.

E’ stata la prima volta in Lombardia di una presa di posizione così netta e chiara, preceduta da quella dell’Ordine Nazionale, dell’Ordine del Lazio e dell’Ordine della Campania (quest’ultimo ha redatto specifiche linee guida frutto del lavoro di un gruppo di studio e ricerca sull’identità e l’orientamento sessuale). Molto soddisfatte sono ovviamente le associazioni del mondo omosessuale, a partire da Arcigay il cui presidente nazionale afferma in un’intervista riportata sul sito gay.it: “Apprendiamo con soddisfazione che l’Ordine degli Psicologi della Lombardia ha condannato tutto il ciarpame parascientifico che va sotto il nome di “terapie riparative”, quei modelli terapeutici che vorrebbero inutilmente convertire gli omosessuali in eterosessuali.”
Ma grande è la soddisfazione anche di numerosi colleghi e comuni cittadini che nei giorni precedenti il convegno di Brescia avevano invaso le caselle di posta elettronica dell’Ordine lombardo (chiedendo una presa di posizione sulle terapie riparative).

Cosa possiamo augurarci per il futuro? Come psicologo, il mio augurio è che tali prese di posizione siano sempre presenti quando sono in gioco gli interessi dei cittadini riguardo le prestazioni professionali erogate dai colleghi. Sul tema specifico dell’omosessualità, il massimo sarebbe la costituzione, anche nell’Ordine della Lombardia di un gruppo di studio e ricerca sulle identità sessuali con il compito di elaborare eventi formativi e linee guida per la pratica professionale degli psicologi. Università e Scuole di Specializzazione sono infatti molto carenti rispetto alla formazione degli psicologi sui bisogni specifici delle persone omosessuali e delle loro famiglie.

Come gruppo di Altra Psicologia siamo già all’opera. Un incontro pubblico in programma del neonato progetto “Officine” sarà infatti dedicato al compito dello psicologo di fronte al paziente omosessuale e alla sua famiglia, visto anche che l’80% delle persone omosessuali dichiara di essersi rivolto almeno una volta nella vita ad uno psicologo. Tale compito non è certo quello di curare o cambiare qualcuno per via di un desiderio “sbagliato”, ma di accompagnare l’esplorazione di sé, sostenere nelle fatiche, facilitare l’emergere di risorse personali, familiari e sociali. Non mancate colleghi, vi aspettiamo!