Sarà per questa storia delle elezioni dell’ordine, o sarà per una certa lentezza nel comprendere un argomento che pare scontato, fatto sta che in questi giorni è ritornato di moda il problema della formazione a non psicologi.
Qualcuno sostiene che AltraPsicologia sia contro la formazione tout court. Lo dico ufficialmente: è una fesseria.
Addirittura si dice che il nuovo testo dell’articolo 21, fortemente voluto dai rappresentanti di altra psicologia negli ordini, abbia introdotto una sorta di divieto per gli psicologi di fare la classica formazione in area psicologica ad altre professioni, come gli infermieri, i dirigenti e i funzionari di azienda, addirittura i privati cittadini in occasione di serate informative sulla nostra professione.
Ora, il testo del nuovo articolo 21 è pubblico, e mi pare a prova di equivoci:
Articolo 21 L’insegnamento dell’uso di strumenti e tecniche conoscitive e di intervento riservati alla professione di psicologo a persone estranee alla professione stessa costituisce violazione deontologica grave. Costituisce aggravante avallare con la propria opera professionale attività ingannevoli o abusive concorrendo all’attribuzione di qualifiche, attestati o inducendo a ritenersi autorizzati all’esercizio di attività caratteristiche dello psicologo. Sono specifici della professione di psicologo tutti gli strumenti e le tecniche conoscitive e di intervento relative a processi psichici (relazionali, emotivi, cognitivi, comportamentali) basati sull’applicazione di principi, conoscenze, modelli o costrutti psicologici. È fatto salvo l’insegnamento di tali strumenti e tecniche agli studenti dei corsi di studio universitari in psicologia e ai tirocinanti. È altresì fatto salvo l’insegnamento di conoscenze psicologiche.
Ecco, da vicepresidente di AltraPsicologia mi trovo a ribadire fermamente che il principio è quello di proteggere i cittadini dall’abusivismo, né più né meno come pretenderebbe dall’Ordine dei Medici qualunque genitore che porta il proprio figlio dal dentista. In seconda istanza, l’intento è anche di proteggere il lavoro degli psicologi, dai quali giustamente lo Stato pretende una formazione teorica e pratica di sei anni complessivi e il superamento di un esame di abilitazione.
Nessuno ha mai inteso bloccare l’attività di formazione sulla psicologia, che è una delle principali attività degli psicologi. Io stesso tengo ordinariamente lezioni di psicologia ad avvocati, futuri mediatori, educatori, medici e perfino wedding planner, ma nessun sicario di AltraPsicologia ha mai tentato di freddarmi sulla soglia dell’aula. E infatti la parte finale dell’articolo 21 dice che ‘è fatto salvo l’insegnamento di conoscenze psicologiche’.
La formazione sulla psicologia è parte integrante della professione di psicologo. Moltissimi colleghi insegnano la nostra bella disciplina a persone che ne hanno necessità per integrare competenze psicologiche nella loro attività lavorativa.
Una cosa è insegnare psicologia, e un’altra è partecipare ad attività formative ingannevoli che inducano a ritenere di poter fare quello che fa uno psicologo.
Il fine della modifica dell’articolo 21, e il divieto, hanno ben altro scopo che quello di vietare agli psicologi di fare formazione. Il divieto non introduce nulla di nuovo, semplicemente ribadisce il principio che gli psicologi non devono avvallare con la propria attività l’esercizio abusivo della professione. Non è affatto interdetto ad uno psicologo di formare infermieri ai principi di psicologia della relazione, se questi questi verranno utilizzati per svolgere meglio il mestiere di infermiere.
Resta invece vietato, e ci mancherebbe che non fosse così, insegnare tecniche o teorie psicologiche sapendo che l’obiettivo del corso di formazione in cui stiamo insegnando è quello di esercitare attività simili a quella dello psicologo.
Ora. Capisco le elezioni. Ma quel minimo di onestà intellettuale che ci dovrebbe caratterizzare impone a tutti di non mistificare la realtà. Specialmente se si è in conflitto di interessi.
Ciao Federico. Se pensi che molti psicologi e psicoterapeuti, e che tutte (TUTTE) le scuole di psicoterapia hanno corsi di counseling (=business e soldi e giro di pazienti), capisci bene il terrore. Fare i soldi è diventato un pochino più difficile.
Poi io mi domando come una scuola di psicoterapia possa formare e prendere 10000 euro agli psicoterapeuti per 4-5 anni e allo stesso tempo prenderne 1500 per tre anni ai counselor, che poi in italia vanno a fare (quasi) lo stesso lavoro.
Non è vero che tutte le scuole di psicoterapia fanno corsi di counselling. Se vuoi posso farti molti esempi. Questo capita solo per alcune (non poche) e spesso teoricamente orientate, e anche su questo ci sarebbe da discutere.
Bravo Federico, ottima sintesi.
Purtroppo vi è ancora chi non l’ha capito – ed è il caso migliore -, o perfino chi sembra speculare su questa presunta “interpretazione catastrofista”, col solo effetto di disinformare goffamente.
Il nuovo art.21 impedisce infatti solo di “svendere la professione”, veicolando espressamente tecnicalità operative proprie dello psicologo a figure “pseudo-psicologiche”; non certo di insegnare in generale la psicologia, o di formare altre figure professionali – come infermieri o insegnanti – arricchendo le loro competenze pregresse con elementi psicologici… e ci mancherebbe!
Non capisco. nessun corso di counseling forma espressamente “counselor”. Tutti i partecipanti ai corsi di counseling fanno già un altro lavoro (insegnanti, educatori, sacerdoti, infermieri, medici, ecc.) e nessun corso di counseling dichiara espressamente di formare futuri counselor. Dicono solo che se lo vogliono possono diventarlo, e questo viene concesso loro da una recente legge dello Stato. Di solito (potrebbe anche essere una furbata, ma qui, per come ponete voi la questione, sembra che diate ragione a chi fa così…)si offrono competenze di counseling ad altre professioni, strutturate in corsi triennali. Che poi tali corsi siano “accreditati” da associazioni come SICo, AICo, Assocounseling o VivailCounseling può significare tutto e niente. Potrebbero, se lo vogliono, essere pure accreditati dalla Confcommercio o dalla Coldiretti. Counselor diventa chi, dopo aver fatto un corso di counseling, decide di cambiare mestiere e, ammesso che vi sia un mercato, ammesso che ce la faccia a sopravvivere, ammesso che bla bla bla, decide di chiamarsi “counselor”. Non è nemmeno obbligatorio iscriversi ad alcune di quelle associazioni sopramenzionate (non so se la nuova Legge obblighi o meno a questo e se qualcuno ne sa qualcosa lo dica qui). Per quanto ne so, tali associazioni non rilasciano autorizzazioni di nessun tipo. Quindi, in quale “momento” si avallerebbe con la propria opera professionale attività ingannevoli o abusive concorrendo all’attribuzione di qualifiche, attestati o inducendo a ritenersi autorizzati all’esercizio di attività caratteristiche dello psicologo? Ripeto: i corsi triennali di counseling non rilasciano attestati di “counselor”, ma di competenze di counseling a insegnanti, infermieri, educatori, assistenti sociali, sacerdoti, ecc.. So what?