La discontinuità delle cure sui minori come maltrattamento

di Lisa Parmiani

Chi si occupa della gestione di servizi per minori, ed in particolare per i minori con un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, ha mai sentito parlare di discontinuità delle cure come fattore di compromissione della qualità degli interventi erogati, potenzialmente assai dannoso per chi di questi interventi usufruisce? O di rispetto per chi, come psicologo o assistente sociale, lavora (passando da un contratto di sei mesi all’altro) da anni in un servizio con impegno e passione costanti?  Ciò che è successo, in modo tanto plateale quanto silenzioso, in un servizio comunale per la tutela dei minori della provincia di Milano, fa pensare di no.

Un po’ di cronistoria: un comune indice un bando di gara per la gestione di un servizio tutela minori. Peccato che le lettere di invito alla partecipazione al bando di gara vengano inviate alle cooperative prescelte solo 15 giorni prima della data di scadenza del bando stesso. Peccato anche che, tra queste cooperative selezionate da un’apposita commissione di “esperti” tra i dipendenti comunali, alcune non fossero assolutamente competenti nella gestione di servizi per minori. Nulla da meravigliarsi dunque se alla data di scadenza del bando, una sola cooperativa ha mandato un progetto: aperta la busta, viene immediatamente cestinata, perché il progetto risulta chiaramente al di sotto dei criteri minimi richiesti. Scompiglio nella commissione: manca una sola settimana alla scadenza dei contratti degli psicologi e degli assistenti sociali, che fare? inutile dire che gli operatori in questione rimangono all’oscuro di tutto ciò, salvo recuperare informazioni attraverso voci di corridoio e “soffiate” dall’amica che lavora in comune e che telefona al collega  sul cellulare riportando le ultime novità emerse al tavolo tecnico… intanto, però, che fare? Fissiamo o no il colloquio con la mamma di Jennifer la settimana prossima?  è il caso di iniziare il sostegno psicologico con Tommaso, e che senso diamo al progetto di affido per Carolina?  Due giorni prima della scadenza, colpo di scena: una delle esperte della commissione si ricorda di una cooperativa che potrebbe risolvere il problema… ecco quindi che esce dal cappello il nome di  una nota associazione di psicologi e psicoterapeuti specializzata in interventi psicologici nell’ambito dell’infanzia e dell’adolescenza. Una telefonata, ed è fatta, il progetto arriva. Pare perfetto, i funzionari comunali sono in visibilio. Parte il rinnovo del contratto degli psicologi: stavolta per 15 giorni. La cooperativa deve valutare ciascun operatore prima di inserirlo nell’organico, questo periodo servirà ad una reciproca conoscenza, e ad un eventuale passaggio di casi, spiega il responsabile dei servizi sociali. Ma, al termine dei quindici giorni, l’incarico di psicologi e assistenti sociali sarà rinnovato o no? Nessuna risposta, tocca alla cooperativa decidere, il comune se ne lava le mani. Così come non pare curarsi del fatto che, mentre la cooperativa “valuta”, i progetti sui minori rimangono in stallo, i colloqui rimandati a data da destinarsi, le valutazioni richieste dal Tribunale sospese. Le difficoltà delle famiglie, i sintomi dei bambini, i comportamenti maltrattanti dei genitori sui figli, però, quelli no, non si sospendono. Poco importa, pare, all’amministrazione comunale e tanto meno al responsabile della cooperativa entrante (uno psicoterapeuta) che con una telefonata comunica a psicologi e assistenti sociali che alla scadenza del contratto, ovvero una settimana più tardi, il loro incarico non sarà più rinnovato. Motivazioni? Chiede una delle operatrici “liquidate”. “Mah, forse,  insomma,  sa, ci sono i soci della cooperativa, e poi forse dottoressa lei non si è impegnata abbastanza…non lo so, guardi, è solo un’impressione…ma se vuole ne parliamo di persona”. L’operatrice accetta la proposta di un colloquio con il responsabile, per ricevere lumi sulle motivazioni della scelta. Lascia più volte il numero di telefono alla segretaria della cooperativa, in attesa di una chiamata che non arriverà mai. Negli ultimi tre giorni utili, gli psicologi e gli assistenti sociali “in scadenza” devono affrettarsi a comunicare ai bambini, ai loro genitori,  che “spiacenti, non potremo più seguirvi, sì, a partire già da lunedì, no, non sappiamo chi verrà al nostro posto, né quando”…Infatti nessun passaggio di casi è stato previsto, e gli utenti del servizio sono lasciati nel buio, ad aspettare. Alcuni di loro, esasperati, promettono che non ricominceranno da capo a raccontare la loro vita a degli sconosciuti, quando lo hanno dovuto fare magari già due o tre volte nell’arco di un paio d’anni. In ogni caso, per almeno un mese nessuno glielo chiederà.

Credo che una modalità di gestione centrata solo sul rendiconto economico, o sul criterio della minimizzazione del disagio (non però quello dei bambini, ma quello degli operatori e funzionari comunali) che se ne infischia della qualità del servizio, della continuità delle cure, del disagio di minori per cui il tribunale ha richiesto degli interventi urgenti, non sia accettabile, in un servizio la cui anima consiste nell’offrire, su mandato dell’autorità giudiziaria, una nuova chance a bambini maltrattati e ai loro genitori. Credo anche che manovrare gli operatori come pedine di un gioco di dama, dove l’amico, quello del tuo stesso colore di “scuola”, elimina il non amico, ovvero quello dell’”altra scuola”, al di là di qualsiasi valutazione seria di competenze, esperienze, titoli, sia un segnale di decadenza del sistema, che – tra l’altro  – non fa onore a chi, funzionario comunale, o, peggio, psicologo e psicoterapeuta di fama, di queste manovre è il burattinaio.