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Per uno psicologo intervenire su fatti di cronaca significa cedere ad una tentazione tanto seducente quanto pericolosa. Parlare di psicologia della cronaca corrisponde, dal punto di vista epistemologico a fare una diagnosi su di un paziente di cui si è solo sentito parlare. Si rischia di sbagliare molto più del solito, e forse, già dicendo questo metto le mani avanti. Per questa ragione cercherò di tenermi sul vago, anche se l’esperienza di anni di coordinamento del gruppo di lavoro del TM di Brescia sugli abusi sessuali mi invitano ad una considerazione preliminare: si tratta di una situazione fenomenologicamente anomala.Una dimensione di gruppo di riscontra infatti spesso negli abusi adolescenziali, che posseggono una propria dinamica specifica, tanto da poter costruire un preciso profilling dell’abusante adolescente. Meno tipico è in età adulta. Inoltre l’abuso può non lasciare segni obbiettivi (anche se spesso ne lascia), ma i segni psicologici sono precisi e estremamente pesanti quasi sempre. I falsi negativi, ossia il bambino che “passa inosservato” dopo un abuso reiterato subìto in età prescolare è dovuto alla cecità di adulti che non vogliono vedere, che si ritraggono impauriti di fronte ad un’evidenza difficile da sopportare. Un meccanismo di difesa individuale. Nei bambini di Rignano non si riscontrano segni obbiettivi incontrovertibili ovvero evidenze mediche di alcuno degli abusi, mentre i segni psicologici emergono ora con un effetto a cascata, collettivo, gruppale.  

Eppure la letteratura sul tema dell’abuso insegna che più del 90% degli abusi vengono commessi in casa, da parenti più o meno stretti, amici di famiglia, vicini. La casa, il luogo della sicurezza, del calore materno, non protegge dall’abuso, anzi. Uscire è una buona garanzia di sicurezza per un bambino, se si volesse essere paradossali. Altro che caramelle da uno sconosciuto.

Certo, tutto è possibile. In questo racconto dell’orrore c’è un gruppo di abusanti che rappresentano i sostituti genitoriali a cui con fiducia e un po’ di senso di colpa la mamma lascia il bambino per recarsi sul luogo di lavoro. Questi educatori, sono in realtà mostri accomunati da una identica perversione e così, chiusa la porta  del castello di barbablù, si accordano su di un disegno criminoso terribile. Mettono in atto un notevole numero di abusi extrafamiliari senza creare lesioni alle piccole vittime e senza che siano così traumatizzati da mettere in campo la coorte dei sintomi dell’abuso: somatizzazioni importanti, forme di masturbazione genitale e anale, giochi e disegni pesantemente erotizzati, talvolta disarmonie evolutive che portano al blocco dello sviluppo mentale e affettivo. Cose che non passano inosservate. 

Nelle scienze umane, certo, tutto è possibile, ma questo non significa che sia probabile. Non vorrei spazientire nessuno, che potrebbe chiedersi: ma allora, secondo ciò che è massimamente probabile, cosa può essere successo a Rignano? Quel luogo e i suoi segreti, eventuali, è e resterà ancora per un po’ un enigma.

Tutto parte da qualcosa, certo: una segnalazione, che, quando fatta da un bambino, raramente è falsa. La possibilità di un abuso crea immediatamente in chi riceve il racconto un profondo allarme. Questo talvolta si trasforma, anche nell’ufficiale di PG più preparato, nel sostituto procuratore più zelante, nel collega più scafato in una preoccupazione angosciata di sapere tutto di quella che sembra la verità, in un desiderio di fare giustizia. Se poi fuori dall’ufficio ci sono i giornalisti ad aspettare, i vissuti di chi con serietà e dedizione cerca di fare il suo lavoro diventeranno ancora più complessi.  

Chi aveva abusato di chi sarà difficile saperlo. Già, perché la suggestione è una brutta bestia, e agisce già nelle famiglie di Rignano, serpeggia perfino tra gli operatori, le forze dell’ordine, gli inquirenti. Serpeggia certo anche tra gli psicologi.

C’è un tempo per le audizioni protette e per gli esperti di abusi, con i loro CBCA sotto braccio. Ma se si arriva tardi, la suggestione può avere già fatto il suo sporco lavoro, e diventa allora difficile tornare indietro. Pensare che basta che i genitori stiano divorziando, e già i falsi positivi nelle dichiarazioni di abuso passano dal 3-6% a circa il 60% (Sorensen, 1996). Figuriamoci se il clima emotivo è di sovreccitazione e di angoscia come quello che si respira un quella piccola comunità.

Se i genitori spaventati non stiano vedendo solo quello che più temono, è ora difficile saperlo. Gli psicologi, intesi come Ordine Professionale, loro che dovrebbero sapere che le cose in questi casi sono complicate, agiscono (acting-out, si chiama) mandando fuori (appunto) una task force di “esperti dell’emergenza”, fatto che in sé immediatamente richiama fantasmi e conferma le paure più profonde di quella comunità.

Eppure solo il tempo, e lo spegnersi dei riflettori può sgombrare il campo dalla tremenda potenza della suggestione, cui invece si è preferito contribuire inviando lì colleghi magari giovani e volenterosi, assetati di esperienze cliniche e di sensazioni salvifiche.

Un Ordine Professionale non dovrebbe intervenire direttamente, fare clinica, non fare scelte che verranno giudicate per forza arbitrarie, ad esempio scegliendo chi chiamare per un intervento così delicato. Nel protocollo di intesa per l’intervento a Rignano l’Ordine Lazio consente soltanto alle scuole di psicoterapia di intervenire, ed esclude l’intervento dei singoli professionisti (sarebbe interessante sapere cosa ne penserebbe l’Antitrust…).

Soprattutto, però, non dovrebbe creare una categoria di disagio con lo stesso suo intervento, alimentando paure invece di sedarle. “Perché vengono tutti questi psicologi?” pensa forse l’abitante di Rignano. Task force, emergenza, parole imponenti, sembrano già sapere che è successo qualcosa di orribile. Di cosa parlerà un genitore ad un figlio, che apparentemente sta bene, se frequenta la stessa scuola materna in cui è avvenuto tutto questo? Stasera a cena madri e padri di quel paese parleranno guardando i loro figli con occhi diversi, preoccupati. Il piccolo Sergio è pallido, Maria non parla, da un po’ Lucia è triste…. Proviamo a farci dire cosa è successo davvero…. Gli facciamo un discorso serio e vediamo se viene fuori qualcosa… La verità è lontana da queste tavole e da questi discorsi, ora. Vi sarà forse un primo grado di giudizio, e, dopo, meno giornalisti nelle strade. Forse in quello spazio comincerà ad emergere un po’ di verità.