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Ospitiamo oggi un’intervista fatta dal collega Luca Cometto psicologo torinese alla collega, anch’essa torinese, Eleonora Arduino. Il tema dell’intervista è la cosiddetta psicologia on line, ambito certamente vasto, peraltro anche al centro della ormai prossima revisione del codice deontologico nell’ormai prossimo referendum. Ringrazio ovviamente sia il collega Cometto che la collega Arduino per la bella intervista, credo molto ricca di spunti. Buona Lettura

 

Lo psicologo al tempo della tecnica: quale psicologia on line?

Oggi abbiamo il piacere di porre alcune domande alla collega Eleonora Arduino. Psicologa, psicoterapeuta, psicodrammatista, supervisore, opera nel campo della clinica, della conduzione e gestione dei gruppi, del mutuo aiuto. Aperta alle nuove tecnologie applicate alla pratica professionale, si occupa anche di psicologia on-line, ed ha introdotto forme inedite di applicazione di tale strumento.

1.Eleonora, la pratica professionale on-line è un ambito ancora sconosciuto a molti psicologi, e non è frequente incontrare colleghi della tua generazione che abbiano dimestichezza con il web: com’è avvenuto il tuo avvicinamento alle nuove forme di comunicazione, chat, hangout, social network, ecc.?

Sono sempre stata un’appassionata di PC fin dagli anni 90 e ho visto nascere praticamente il web, lasciandomi affascinare dai suoi nuovi stili comunicativi. Ho frequentato diverse chat per molti anni, vedendo cambiare la tipologia di fruitori, man mano che il web entrava nell’uso comune. In realtà non è vero che la mia generazione non riscontri persone esperte e appassionate di web, spesso più dei giovani. Il portale www.psycommunity.itad esempio è costituito da molti colleghi della mia generazione.

Diciamo che tra “noi” si riscontra una netta divisione in appassionati e denigratori, senza molte vie di mezzo. Mentre per i più giovani è una realtà acquisita, ma proprio per questo non sempre utilizzata in modo creativo.

2.In quali modi utilizzi il web nel tuo lavoro? Quali tipi di servizi eroghi on-line?

A parte il normale uso della posta elettronica e degli strumenti di supporto quali google drive, dropobox, ecc. , attraverso i quali realizzo scambi lavorativi tra colleghi e collaboratori molto efficaci, uso skype soprattutto per consulenze e terapie, queste ultime fin’ora solo con pazienti che hanno già un rapporto avviato de visu e che si trovano nell’impossibilità di venire fisicamente alle sedute.

Monitoro alcuni forum in cui mi arrivano richieste di pareri e di informazioni in ambito psicologico e terapeutico.

Ho anche aperto il portale www.amaeleusi.ning.com(dal nome dell’associazione che ho fondato) , una piattaforma tipo Facebook, nella quale si offrono gruppi online di Auto Mutuo Aiuto facilitati da me e da altri collaboratori, consulenze psicologiche brevi e spazi funzionali a disposizione dei membri (segnalazioni eventi, blog, forum, gruppi tematici, ecc.)

3.Quali sono le caratteristiche specifiche delle consultazioni on-line, quali le potenzialità e le criticità rispetto agli interventi vis à vis?

Bisogna distinguere tra i rapporti più brevi ed episodici e quelli più continuativi, come le terapie, che hanno caratteristiche simili a quelle offline. Per entrambi i rapporti si tratta innanzi tutto di prendere familiarità con lo strumento che inizialmente può dare l’impressione di creare condizioni molto diverse, e in quanto tali meno funzionali. L’abitudine ha un ruolo molto forte nella percezione umana. Alla lunga tutto diventa più semplice e non si sentono grandi differenze; sto parlando dei rapporti in cui si utilizza la webcam, e che quindi comportano anche il vedersi.

E’ importante la regolamentazione degli incontri, i termini che si stabiliscono e che si accettano reciprocamente, che tengano conto delle peculiarità dello strumento. Ma questo vale per ogni tipo di rapporto.

Credo che sia più difficile una relazione nei termini analitici classici, quella con il lettino, per intenderci. Io la uso poco anche offline, quindi sento meno la differenza. Così come le terapie a mediazione corporea, penso che ad oggi risultino quasi impossibili. Ma un domani, chissà….

Tuttavia intuisco che molto gioca la dimestichezza e l’abitudine, e immagino quindi un futuro molto diverso man mano che l’uso sarà non solo diffuso ma moltiplicato nei modi e nei tempi, perché questo di certo avverrà. E man mano che la vita sarà più abitata dal web, tanto più risulterà scontato il suo uso ampliato a zone che oggi ci paiono intoccabili.

Le potenzialità sono alte rispetto all’ottimizzazione dei tempi e la possibilità di incontrarsi anche a grandi distanze fisiche, oltre che poter ovviare a ostacoli quali handicap psico-fisici che inibiscono gli spostamenti e l’incontro. Spesso l’approccio online incoraggia l’emergere di problematiche che diversamente resterebbero nascoste. Si obietta a questo che il web colluderebbe con disagi che portano all’isolamento e al ritrarsi dal contatto umano, dimenticando che le persone che trovano nel web un modo per ovviarvi non lo farebbero mai nei modi usuali. Sta poi al terapeuta sostenere l’evolvere in comportamenti più equilibrati.

Le criticità sono quelle indotte dalla particolarità dello strumento: ad esempio, l’uso “mordi e fuggi” proprio del web può indurre comportamenti simili anche nei rapporti; così la difficoltà per alcune persone che vivono più volentieri “offline” a ritrovarsi a proprio agio in quelle condizioni. Esattamente il contrario di quello che vale per il “popolo del web”, una “razza” a sé che è ancora particolare.

4.Che opinione hai delle nuove tecnologie rispetto all’impatto che stanno avendo a livello delle interazioni sociali, e su sempre più aspetti della vita degli individui?

Posso concedermi di essere molto generica? E’ un tipo di domanda che amo poco, perché apre facilmente la stura a molte “lamentatio” che sembrano quelle che mia nonna faceva nei confronti del telefono o della televisione; anche a suo tempo c’erano grandi fautori e grandi denigratori, e si prefiguravano gli scenari più splendenti o più neri.

L’uomo ha dalla sua la capacità creativa e inventiva che non appartiene a nessun’altra specie su questo pianeta, almeno non in modi così eclatanti. Per ciò è inevitabile che cambi il suo mondo e spesso quello delle altre specie, in modo anche irreversibile. Tante cose e modalità di vita che oggi amiamo e apprezziamo decadranno, e come sempre scopriremo grandi possibilità anche nel peggiore dei cambiamenti: sta come sempre a noi usare gli strumenti anziché farsene usare.

Ciò premesso, a dire proprio la verità, io non vedo tutta questa rivoluzione nei rapporti e nelle interazioni. Le persone si amano e si odiano come prima del web, si incontrano o non si incontrano come prima, si divertono di cose diverse ma allo stesso modo. Qualcuno usa il web per isolarsi, come si usava la droga, o il gioco, o la poesia. I miei nipoti 18enni si scrivono 2000 sms e si avvoltolano su Facebook, e vivono e incontrano gli amici come facevo io alla loro età. Mi madre urlava perché stavo ore sulle scale con le amiche, come mia cognata urla perché si parlano ore in chat: cosa cambia sostanzialmente?

Mi spaventa più il consumismo, l’overdose di stimoli e di informazioni, ma questo riguarda la cultura imperante, non il web di per sé che vi viene asservito come tutte le cose, e a cui veniamo asserviti.

Semmai si può verificare l’effetto di uno strumento ancora “nuovo” e poco introiettato, il che comporta ancora equivoci relazionali e proiezioni scatenate; ma posso testimoniare – visto i decenni di web che ho alle spalle – di come questi processi siano molto diversi a seconda del grado di dimestichezza che si ha col mezzo.

L’unico grande dolore che provo è per la perdita della lingua italiana, surclassata dai nuovi codici linguistici e dal moltiplicarsi del linguaggio visivo: tuttavia è un processo di cui non sono responsabili solo le nuove tecnologie, ma ben di più la cultura di fondo che regge i valori e gli scambi. E poi è una questione soggettiva, nel ‘300 il Volgare era una bestemmia.

Se però guardiamo a certe modalità di organizzazione di vita emergenti, quelle che si distaccano in modo radicale dall’usuale (ad esempio le esperienze di Decrescita Felice, del Co-housing, dei villaggi solidali ed ecosostenibili) vediamo come la presenza delle nuove e di ancor più avanzate tecnologie consenta una rivalutazione ancora maggiore del potenziale relazionale e comunitario, nonché faciliti la circolazione delle idee, la fruibilità delle risorse di conoscenza e il diffondersi delle esperienze: ma allora cosa agisce veramente nelle modificazioni umane? La tecnologia o la cultura? La tecnica o la filosofia? Gli strumenti o la politica e l’economia?

Riassumento, la mia opinione: l’uso che si fa degli strumenti, qualsiasi essi siano, antichi e moderni, nuovi o eterni, è un indicatore mai un motore. Svela problemi e potenzialità, evidenzia e sottolinea quanto c’è, a priori. Non ha alcun potere di per sé, è invece utilizzato dal potere dominante per consolidarsi, così come dal potere subordinato per affrancarsi. Non ha alcuna valenza autonoma, è neutro e si colora dell’esistente. Non influenza, svela e catalizza.

Insomma, non ha alcun valore proprio, quindi non merita di essere né temuto né incensato. Questo vale per ogni scoperta o invenzione, di cui possiamo rallegrarci e stupirci, così come esserne vigili.

Luca Cometto