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di Massimiliano Massaro e Marco Vitiello

Alla trasmissione di “Porta a Porta” del 17 gennaio, il Ministro Luigi Di Maio ha citato gli psicologi del lavoro come professionisti in grado di agevolare/supportare i cittadini Italiani in cerca di un impiego a fronte della riforma del lavoro in corso di attuazione.

In merito a questo annuncio si è assistito sul web all’ avvicendarsi di alcuni colleghi che senza avere molte informazioni, oltre a quelle lette sui giornali o comunicate ai TG, hanno cavalcato l’euforia dello scoop mediatico per farsi promotori “disinteressati” di comunicazioni “aggiornate” e di iniziative formative volte ad agevolare l’inserimento degli psicologi nelle presunte 4000/6000 assunzioni previste.

Il tutto in modo prematuro e senza una vera e propria informazione definitiva sul ruolo o conoscenza sul contesto di lavoro.

A fronte di un augurato impiego dei colleghi interessati a questo ruolo professionale, ci teniamo a condividere alcuni aspetti, che a nostro avviso sul tema “navigator/psicologo”, debbano essere tenuti in conto, al di là della pubblicità offerta in modo istintivo.

PUNTO 1.  Ad oggi – 13 marzo 2019 – c’è ancora da attendere per avere una conferma definitiva sulla presenza della laurea in psicologia tra i requisiti richiesti.
Inoltre pare che le prove scritte di selezione (è uscito in questi giorni il bando ANPAL per le società che predisporranno i test), contemplino domande volte soprattutto a saggiare le conoscenze del diritto del lavoro, sulla regolamentazione del mercato del lavoro, logica, cultura generale, ma … poco o nulla in merito ad aspetti inerenti il bilancio di competenze o aspetti attinenti alla nostra professione di psicologi che svolgono la loro professione nelle organizzazioni. Nulla pare neanche in minima parte.

PUNTO 2. Andando avanti con lo scorrere delle settimane, pare che l’offerta contrattuale prevista per i navigator sia quelle di un contratto co.co.co di due anni. Cioè un precariato di breve termine, senza chiare prospettive (e su questo la polemica politica, soprattutto tra Stato e Regioni, è tutt’altro che chiusa).

Fatte queste premesse, che non sembrano banali visti gli impliciti di euforia che sono stati battuti da alcuni colleghi, è importante, a parer nostro, capire il contesto in cui si muoverebbero gli eventuali colleghi “navigator/psicologi”.

Per i colleghi che intendono sperimentarsi in questo ruolo, è bene sapere che la delicata questione entro cui si dovranno muovere sta nel favorire il tasso occupazionale, ovvero nell’agevolare l’incontro tra domanda e offerta (aspetto non banale), che risulta essere inevasa per un 31% della domanda, a fronte della difficoltà a trovare profili professionali adeguati alle richieste del mercato (Rapporto Excelsior – ANPAL/Unioncamere di fine 2018). Quindi nulla di semplice.

In tal senso, un elemento di attenzione, riguarda proprio un approccio volto al risultato che il navigator deve saper ben interpretare, e su cui l’eventuale collega deve saper agire rispetto ad un orientamento più focalizzato e schierato, per cultura e forma mentis, sul benessere dell’individuo nella ricerca del lavoro, che è cosa ben diversa dall’opera di matching (incontro domanda/offerta).
Con questo non intendiamo soffermarci solo sulle criticità, ma è nostro intento stimolare la consapevolezza in chi intende sperimentarsi in questo ruolo professionale, su quelli che saranno i nodi critici del suo operare quotidiano, e poter quindi fare scelte più consapevoli.
Inoltre, non dimentichiamoci che, fermo restando che lo psicologo può svolgere (ovviamente con una sua formazione adeguata) anche il ruolo di navigator, riteniamo che dietro l’attenzione che i mass media stanno dedicando a questa riforma e a questo tanto nominato navigator, si celano oggi alte aspettative da parte dei cittadini che potrebbero facilmente essere deluse anche a fronte di un bravo collega che ha fatto bene il suo lavoro.

Quindi dietro a tanta “euforia di opportunità occupazionale”, è anche utile contestualizzare bene lo scenario prima di “navigarsi” verso lidi che non si conoscono.

Il nostro auspicio è che non ci sia il solito “abbocco” di molti colleghi, cosa accaduta in diverse ondate di “promesse” istituzionali (abbiamo tanto precariato nei Servizi per il Lavoro). Teniamo gli occhi bene aperti e appena potremo, come AP, cercheremo di muoverci politicamente per portare proposte più coerenti con i bisogni sociali e le nostre specificità professionali. 

Purtroppo a livello Ordinistico non esiste un tavolo tecnico nazionale sui temi della Psicologia del Lavoro, pare che il nostro presidente Giardina sia andato solo a chiacchierare al Ministero e non ci sono evidenze di posizionamento, dubitiamo fortemente abbia saputo proporre argomentazione tecniche e politiche in grado di supportare e orientare certe scelte.