Altrapsicologia riceve una lettera raccomandata dalla FAIP, che attraverso i suoi legali ci chiede di pubblicare. Una lettera che si colloca nel dibattito sul counseling, anche in seguito alla recente sentenza del Tribunale di Milano.
La lettera è pubblicata al fondo di questo articolo, oppure è scaricabile a questo link:
Per Altrapsicologia risponde Mauro Grimoldi, presidente dell’Ordine Psicologi Lombardia.
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Sono lieto che AP, l’associazione di cui faccio parte abbia dato spazio a questa lettera, permettendo di focalizzare alcune questioni importanti.
Sicuramente devo dire che i toni vagamente enfatici della lettera mi rendono faticoso rispondere: il counselor è dipinto, al contrario dello psicologo, come libero, non vincolato alla rigidità, non sottomesso alla lettura biomedica…. non ha neppure paura di parlar d’amore. Egli suggerisce, parla, e alla fine… risolve conflitti! Ma questa non è la definizione di un buon intervento di sostegno psicologico? senza pretese, certo, di sconfinamento in una psicoterapia?
Sfido a confutare un’affermazione: il counseling non si distingue dal sostegno psicologico in nessuna sua caratteristica, tranne per il fatto che può essere esercitato da chiunque. Sul piano scientifico è stato “inventato” in seno alle scienze psicologiche e di psicologia, mi pare, si nutre ampiamente.
Il primo accreditamento di una nuova professione deve avvenire a livello scientifico, attraverso un processo epistemologico lento e costruito. Non basta dire: c’è qualcuno che fa il counselor, viva il counseling! Questo è il tassello mancante.
Da dove viene questo counseling? Cosa fa in concreto? Così rispondendo, semplicemente scopriremmo che è un modo per chiamare diversamente la professione di psicologo, riservata a professionisti riconosciuti. Il trattamento del disagio non fisico, il prendersi cura della salute di una persona in senso non biomedico è un atto che con lo Stato ha riservato agli psicologi con la legge 56/89, definendo dei requisiti minimi per esercitare la professione.
Nella comunicazione Faip si chiamano in causa la sociologia, l’economia, l’ecosostenibilità, quella che orami si può definire l’onnipresente retorica della crisi per arrivare infine ad un punto invariabile “accogliere l’affermarsi della professione del counselor… espressione del nuovo che avanza e va incoraggiato”.
Osservo con dispiacere che è proprio il tempo della crisi a segnare una pericolosa recrudescenza di ogni abusivismo come strada breve per arrivare a fare una professione. Anche, purtroppo, con scarso interesse per la salute pubblica e le leggi che la tutelano. Di questi tempi diventa frequente trovare qualcuno che sostiene che la psicanalisi può essere esercitata liberamente, che lo psicologo dello sport può anche non essere uno psicologo (purchè sia almeno uno sportivo), che il counseling infine non è la traduzione di un concetto già presente nel nostro ordinamento, sotto il nome di “sostegno” o di “consulenza psicologica” magari “breve” o “focale”: ma non certo una roba nuova.
La tecnica è purtroppo terribilmente semplice: se ad esempio, diciamo, un gruppo Gestalt viene definito “psicoterapia”, e io lo voglio insegnare questa tecnica ad un gruppo di cittadini dietro compenso, basta usare l’ottima funzione di word “modifica>trova>sostituisci” e chiamare la psicoterapia “relazione di aiuto” o “counseling”. Ecco aggirato l’obbligo di legge… modificando dei semplici documenti. Non è fantascienza: questa operazione fa parte delle cose incredibili di cui sono stato testimone da quando svolgo il ruolo di presidente di un Ordine degli Psicologi.
Eppure questo significa poter trasformare un architetto, un macellaio, un idraulico, un sacerdote o un impiegato in uno psicologo semplicemente con un trucco linguistico, chiamandolo diversamente. Chi ne fa le spese sono soprattutto i cittadini, non gli psicologi.
Chi ci guadagna sono invece gli spacciatori di una formazione breve quanto costosa, che vende l’illusione di una nuova professione e di una nuova vita a chi vuole cambiare la propria. Le caratteristiche di tale formazione sono liberamente definite da chi la offre. Così, ci sono corsi che durano un fine settimana e altri che durano tre anni. In comune, la possibilità di sentirsi autorizzati ad esercitare, a “fare” qualcosa che è però un reato, l’esercizio abusivo di una professione.
Mi domando, con Massimo Recalcati, qual è il ruolo della legge in questa epoca difficile di evaporazione del padre, ovvero se esiste ancora una disponibilità delle persone a rispettare i limiti imposti dal “terzo”, dalle istituzioni, dalla convivenza civile, o se su tutto governi il principio dell’”ad personam” per cui nulla si deve opporre al desiderio individuale.
Infine due note, con cui chiudo.
Si parla di una “lotta senza quartiere di certa parte del mondo psicologico”. Gioverà ricordare che l’Ordine degli Psicologi della Lombardia ha dovuto interrompere i lavori di un gruppo di lavoro sui rapporti counseling-psicologia a causa del fatto che all’interno di questo gruppo di lavoro si lavorava apertamente “contro” gli Psicologi e le istituzioni, arrivando infine a sostenere un procedimento legale contro la stessa FAIP (che abbiamo vinto) a sostegno del Presidente Barcucci, dell’Ordine del Piemonte, che aveva dichiarato (incredibile dictu) che “il counseling è psicologia” ….
Da allora siamo stati trascinati altre due volte in Tribunale: mai per nostra iniziativa. Se di “lotta senza quartiere” si vuole discutere, direi però che la rabbia, il livore, l’invidia si trasformano in costanti attacchi alla nostra professione, che si rivelano per fortuna in ultima analisi del tutto pretestuosi.
Sulla Faip, infine, l’ultima considerazione. Nasce quando la Psicoterapia è già una professione normata e riconosciuta, per cui il suo esercizio svincolato dalla laurea in medicina o in psicologia, oltre ad essere un atto contrario alla pubblica fede e al diritto costituzionale alla salute, non è più consentito.
Essa è un’associazione che “accredita” in maniera autoreferenziale e unilaterale le scuole di counseling, eppure l’acronimo FAIP significa “Federazione delle Associazioni di Psicoterapia”. Basta una visita al sito per capire che l’interesse principale della FAIP non è certo la Psicoterapia.
Esiste un’altra associazione, la FIAP, anagramma di Faip, che davvero si occupa esclusivamente di Psicoterapia… come dire: è abbastanza per confondere la buona fede del comune cittadino? Per tranquillità di coscienza abbiamo a suo tempo segnalato l’anomalia all’antitrust, che ha risposto di non poterci fare niente.
Certo però la trasparenza è un’altra cosa.
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La lettera dalla FAIP:
C’est I’argent qui fait la guerre
Sono i soldi che fanno la guerra, dicono i francesi, ma, non di solo pane vive l’uomo
ammoniscono le sacre scritture.
La storia dell’umanità si è svolta e ancora si svolge lungo le linee tracciate daI confronto e più
spesso dallo scontro tra le due polarità racchiuse nella frase precedente.
La psicologia con Maslow legge questo processo dinamico in un’ottica evolutiva suggerendo
che la lotta per la soddisfazione dei bisogni carenziali cessa con la loro gratificazione. Solo
allora la coscienza si apre all’esplorazione dei bisogni di ordine transpersonale, connessi al
pieno compimento di Sé.
Una certa antropologia, con Maria Gimbutas e Riane Eisler individua il conflitto nella lotta per
la supremazia tra una cultura del dominio maschile e competitiva e una cultura della
condivisone che si espresse in un remoto passato sotto l’egida del potere femminile della Dea
Madre e ora giace scordata e sconfitta da millenni di potere maschile.
I politici tirando per la giacca ora l’una ora I’altra delle due weltanschauunq, saccheggiandone
spesso inconsapevolmente i contenuti, tendono ad appropriarsi dei loro valori migliori
asservendoli ai loro interessi di partito.
I filosofi della scienza si sbracciano a ricordarci che è in corso un cambiamento di paradigma
per iI quale metodi quali la misurazione, la ripetibilità e la verificabilità stanno stretti al nuovo
mondo emergente dalle indagini della fisica delle particelle, della nuova biologia e della
ricerca sugli stati della coscienza.
Gli economisti sono divisi sul da farsi ma concordi nel delineare una crisi planetaria senza
precedenti. Non conosciamo a sufficienza di economia per parlarne ma appare evidente che
stiamo assistendo a un vecchio che sta morendo e a un nuovo che sta cercando di emergere; si
pensi alIa green economy, alIa finanza etica, agli eco-villaggi, ai forum internazionali sull’eco-
sostenibilità, alle organizzazioni per un commercio equo e solidale o alla recente svolta
ecologica della Cina.
In questo contesto si colloca l’emergenza della figura del counselor e la lotta senza quartiere
che certi settori del mondo psicologico stanno portando avanti contro di essa.
La FAIP, Federazione delle Associazioni Italiane di Psicoterapia, in disaccordo con questa
linea, ha accolto e sostenuto fin dagli inizi l’affermarsi della professione del counselor come
autonoma rispetto alIa psicologia, alIa psicoterapia e alIa medicina, in quanto intravede in
essa l’espressione di un nuovo che avanza e che va incoraggiato.
La storia della FAIP è trasparente e coerente fin dai suoi inizi quando, negli anni novanta si
costituì per affermare la specificità della psicoterapia e sostenere tutti gli approcci
psicoterapeutici indipendentemente dal fatto che richiedessero e/o ottenessero
riconoscimenti ministeriali, per affermare il diritto a una psicoterapia autonoma e svincolata
dalla medicina e dalla psicologia, per sostenere in seno all’EAP (European Association for
Psychotherapy) il Certificato Europeo di Psicoterapia.
Oggi la FAlP tutela e associa diverse Scuole di Psicoterapia riconosciute dal MIUR e Centri di
Ricerca in Psicoterapia, unitamente ad un cospicuo numero di Scuole di Counseling che si
riconoscono in una visione sinergica e inclusiva, piuttosto che competitiva ed esclusiva, forte
della consapevolezza che il nuovo paradigma emergente sappia fornire strumenti e metodi a
un nuovo modello di sviluppo fondato sulla collaborazione e la fiducia reciproche piuttosto
che sul conflitto e la diffidenza.
Il nuovo paradigma suggerisce percorsi per declinare il trascendimento e l’inclusione dei
vecchi sistemi di pensiero antagonisti in un meta-sistema unitario e interconnesso
antesignano di una cultura della condivisione e di una società ad alta sinergia in grado di
dissolvere i conflitti nella comprensione e nel rispetto reciproci.
Il counselor, libero da categorie nosografiche, set diagnostici e protocolli d’intervento, non
vincolato alia rigidità di un setting strutturato ne sottomesso ad una lettura biomedica della
psiche, si configura come il soggetto di cui il nuovo paradigma e la nuova società hanno
bisogno come I’aria.
II counselor non ha e non vuole avere le competenze dello psicologo, non è interessato alIo
studio del cervello, ne della statistica o delle teorie psicologiche, non ha nessuna motivazione
all’utilizzo di test psicologici o all’lnterpretazione dei sogni. Il counselor, ascolta, osserva,
insegna a trovare le risposte dentro di se, suggerisce nuove visioni, parla di se e della propria
esperienza, si fa conoscere, si occupa di persone non di casi, aiuta a dissolvere i conflitti
riconoscendo in questi la risorsa, offrendo soluzioni creative anziché analizzare la personalità,
o indagare i perché.
Il counselor nella sua formazione si mette in gioco in prima persona, piange o urla, danza o
respira, visualizza o esplora i suoi stati di coscienza, impara la padronanza emotiva e lo
sviluppo delle potenzialità, l’utilizzo della creatività e la presenza a se stesso, l’ascolto attivo e
l’empatia. Il counselor accompagna, solidarizza, comprende, soffre con senza identificarsi, non
ha paura di pronunciare parole come amore o compassione.
Il counselor oltre che nel proprio studio, va per le strade, nei luoghi di aggregazione, valuta le
attitudini personali, incoraggia alIa responsabilità individuale e alIa pianificazione strategica,
educa alla legalita e al rispetto, all’intelligenza emotiva e allo sviluppo dell’intuizione;
accompagna emergenze spirituali, offre sostegno e solidarietà, ascolto e cortesia a coloro che
vivono difficoltà di qualsiasi natura (giovani disagiati, portatori di handicap, anziani, genitori
in difficolta, coppie separati, immigrati, adolescenti e bambini). Oppure ancora, il counselor
organizza corsi d’informazione/formazione per chiunque volesse imparare a utilizzare le
proprie potenzialità e risvegliare le proprie qualità più elevate, umane o professionali, per
chiunque voglia varcare le soglie dei propri limiti emotivi o mentali ed esplorare la ricchezza
dei territori della coscienza.
Il counselor sa o deve sapere di non essere medico o psicologo o psicoterapeuta o insegnante,
sa o deve conoscere i propri limiti che non devono consentirgli di invadere aree per le quali
non ha competenze, ma chiede rispetto e afferma il suo diritto a esistere come figura
autonoma, consapevole della necessita che la modernità in crisi ha della sua eclettica e umana
abilità.
Da parte nostra crediamo in tale necessita e suggeriamo agli psicologi di accogliere la sfida a
rinnovarsi e a collaborare, certi che essi stessi avranno gradite sorprese da una sinergia con i
counselor. Basti pensare agli spazi che si aprono nella formazione e nella supervisione, così
come della presa in carico in seconda battuta dell’utenza che dopo un iniziale approccio alIa
conoscenza di se sentirà l’esigenza o la necessità di indagare in profondità.
Voglio concludere in quanto membro del Direttivo FAIP e suo portavoce, invitando le
organizzazioni di psicologi e Altra Psicologia, che ringraziamo per ospitare queste righe, a
mostrare la stessa lungimiranza che, in un recente passato, seppero avere i medici nei
confronti della nascente professione di psicologo.
Consiglio Direttivo Faip.
Forse dovremmo chiederci CHI forma i causelor? CHI crea corsi di formazione a PAGAMENTO per persone interessate alla relazione d’aiuto? E’ possibile credere che chi PAGA per essere formato si affidi in buona fede a PSICOTERAPEUTI che garantiscono circa la legittimità di tale figura e del percorso formativo? Con chi dobbiamo prendercela? Ci sono anche psicologi che si formano per diventare causelor!! Non è venuto nessuno dall’esterno a “rubare” i nostri strumenti, semplicemente NOI stessi abbiamo pensato di creare questa figura. Io personalmente potrei anche pensare che sarebbe stato meglio non farlo, ma sarebbe interessante chiedere le motivazioni a tutti quegli PSICOTERAPEUTI che creano, spesso all’interno delle scuole di specializzazione, i corsi di formazione per causelor, che si prestano a fare da docenti, che garantiscono sostegno ai nuovi causelor. I causelor sono stati fregati da NOI se adesso si decide che non è legale. Personalmente credo che una persona possa liberamente decidere di andare “in cura” da un causelor, da uno psicologo, da uno psicoterapeuta, da uno psichiatra.. importante che sia chiara la differenza che, tra le altre cose, si riflette nell’onorario e nella tutela.
Non è con i giochi di parole che ci si prende cura delle persone.
Purtroppo, leggendo questa lettera ho provato la netta quanto sgradevole sensazione di trovarmi ancora una volta di fronte a qualcuno che, anziché usare le proprie conoscenze, il pensiero ed il linguaggio per chiarire la Realtà, com’è lecito attendersi da chi opera in ambito psicologico, preferisce servirsene per offuscarla e nascondersi, volendo apparire altro da ciò che è; che svilisce qualsiasi critica al rango di attacco o denigrazione, autoassolvendosi in questo modo dall’onere evidentemente imbarazzante di rendere conto agli altri del proprio operato, anche perché gli è più facile ed utile continuare a raccontare insistentemente la stessa storiella, piuttosto che rispondere a chi già gli ha fatto notare che molte parti di essa, evidentemente, “non reggono”.
Condivido quindi le osservazioni del Presidente Grimoldi ed in più mi chiedo: se questo è l’atteggiamento che assumono nei confronti di un gruppo di psicologi, come si comporteranno con i clienti e gli allievi?
Incredibile, ho letto tutta la lettera e l’articolo pensando che si trattasse della FIAP e pensavo ma che sono impazziti? E l’antitrust dice di non poterci fare niente, ma è assolutamente ingannevole! FAIP invece che FIAP, che sottigliezza, eh? E’ il nuovo che avanza! Mah!
La sigla FAIP non significa affatto federazione italiana delle associazioni di psicoterapia, ed infatti non esiste proprio, casomai esiste faipnet che riunisce le scuole di counseling, anche nella lettera in oggetto si ravvede la malafede. Evidente.
Va tenuto poi presente che il counseling non è professione regolamentata, quindi chiunque al momento può fare “relazione d’aiuto” (counselor, chiamatela voi come volete) SENZA formazione alcuna. Ed è naturalmente possibile fatturare, basta citare l’articolo di legge che appunto discutendo di professioni non regolamentate permette TUTTO.