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Nei prossimi 5-10 anni, il panorama della psicologia professionale dovrà rispondere a cinque grandi sfide che la investono strategicamente.
Le sfide sono legate ai grandi trend di contesto della professione e sono tra loro sottilmente intrecciate.

1. La Demografia Professionale: lo scenario numerico ed economico.

La demografia della professione psicologica in Italia mostra un crescente numero di professionisti abilitati.
Ciò pone sfide significative, come la saturazione del mercato del lavoro e la necessità di diversificazione e specializzazione.

La nostra categoria vede una costante crescita numerica, che ci sta portando a essere oltre 135.000 (in proiezione, circa 165.000 nel 2030).
25 anni fa eravamo circa 30.000, il che significa un tasso di crescita del 400% in un quarto di secolo; numeri che ci pongono come il paese europeo col maggior numero di psicologi rispetto alla popolazione: un rapporto di circa 1 psicologo su 500 abitanti, rispetto a una media europea di 1 su 2.000 abitanti.

Un numero che da un lato può intercettare un’ampia serie di bisogni sociali, ma ormai eccessivo rispetto alle esigenze reali e programmabili del prossimo futuro, ed in cui emergono necessità di differenziazione che vadano oltre l’unica “specialità” (quella come “psicoterapeuti – tuttologi”) che ci ha caratterizzati per quasi 35 anni.

Il numero di iscritti all’Enpap (ormai 80.000) rappresenta coloro che esercitano effettivamente (anche se non primariamente) la professione di psicologo; il rapporto “iscritti all’Ordine – iscritti all’ENPAP” mostra quindi che quasi il 40% degli psicologi non esercita neanche occasionalmente la professione.

Al contempo, la redditività professionale degli ultimi anni (intorno ai 18K/anno; ma con importanti gap di genere, geografici e di settore, a forte sfavore di donne, Sud e settori educativo-scolastici) si è alzata, a seguito dell’aumento della domanda legata al periodo Covid e di un maggiore riconoscimento sociale (in particolare, tra i più giovani: circa i due terzi delle richieste per il Bonus Psicologo sono arrivate da under 35).

Ma questo trend positivo non potrà compensare la crescita costante del numero di psicologi, anche a fronte di un numero di pensionamenti che sono ancora ridotti (per quanto in recente crescita).

2. L’Evoluzione del Sistema Formativo:

Il sistema formativo abilitante per gli psicologi in Italia sta attraversando un’importante fase di evoluzione.
La laurea abilitante deve focalizzarsi sempre più sulle competenze professionali.

Anche in relazione al quadro appena delineato, abbiamo bisogno di riprogrammare in ottica di medio-lungo termine i numeri degli studenti di Psicologia nei numerosi Corsi di Laurea italiani, anche per renderli più qualificanti come percorsi professionalizzanti.

L’ecosistema formativo va rivisto strutturalmente.
Siamo l’unica professione sanitaria nel cosiddetto “Gruppo D” accademico, che definisce una numerosità per noi del tutto sproporzionata (fino a 300 iscritti per anno).
Riprogrammarsi verso il Gruppo B (75) o C (150) comporterebbe percorsi formativi più qualificanti e un output di Psicologi più realistico rispetto alle effettive esigenze del mercato.
E’ una modifica che però vede ancora molte resistenze di sistema.

Gli Atenei devono ora transitare dalla Mission tradizionale di formare “laureati in psicologia”, al formare “professionisti psicologi”.
Da un ruolo “culturale e scientifico”, a uno decisamente più “abilitante e professionalizzante”: quest’ultimo aspetto, che era rimasto finora relativamente marginale nella nostra sfera accademica, sta presentando alcuni “dolori di crescita”.

La partnership tra Università e Ordini diventa quindi fondamentale; come essenziale sarà sostenere i Tutor di tirocinio, chiamati a garantire un’adeguata socializzazione professionale dei giovani (ma ora con più responsabilità formative, e meno tempo per farlo).

In ogni caso, i neoabilitati arriveranno nel mercato con minori esperienze pratiche. Questo comporta una loro maggiore “fragilità professionale” iniziale, che necessiterà di integrazioni della loro formazione.

Collateralmente a questo, si pone la necessità di riflettere sulle nostre modalità di aggiornamento professionale permanente: se è essenziale un aggiornamento costante, le modalità legate agli adempimenti ECM hanno mostrato le loro inadeguatezze strutturali.

E’ necessario riformare in modo più efficace la formazione nel corso del ciclo di vita professionale; un’esigenza già ben espressa anche da altre categorie sanitarie, e rispetto a cui speriamo che la nuova CNFC possa produrre un disegno di riforma strategico e convincente.

3. L’Evoluzione dei Bisogni Psicosociali e del Sistema di Welfare Pubblico:

I bisogni psicosociali della popolazione italiana stanno cambiando, per fattori come l’invecchiamento della popolazione e la globalizzazione.
Questo richiede un adattamento del sistema di Welfare pubblico, che con meno risorse deve rispondere a bisogni sempre più complessi.

La prospettiva di lungo termine del sistema di Welfare in Italia non è positiva.
L’inversione della “piramide demografica”, con un forte aumento di over 65 e una riduzione progressiva delle coorti più giovani, porterà nei prossimi decenni a uno sbilanciamento molto significativo nel rapporto tra lavoratori e pensionati, e a una parallela forte riduzione delle forme di Welfare familiare indiretto, tradizionalmente importante in Italia.

A livello pubblico, riducendosi la base economico-produttiva del Paese per via della contrazione demografica delle coorti più giovani, e considerando che i pensionati sono la componente con maggiore e crescente impatto sui capitoli di spesa previdenziale e socio-sanitaria, è plausibile immaginare una difficile sostenibilità del nostro sistema di Welfare in futuro.

Sarà quindi necessario immaginare, lato nostro, servizi psicologici più orientati alla commoditization, all’automazione, alla telemedicina e telepsicologia, alle forme di Co-Housing, e a tutti i tipi di interventi psicosociale che si basano su economie di scala, per consentire un adeguato livello di assistenza a milioni di cittadini anziani.

La crisi numerica degli Psicologi nel SSN, che dovrebbero essere in prima linea, appare però importante.
Abbiamo una media di soli 5 psicologi nei Servizi di salute mentale ogni 100.000 abitanti: la media europea è di 20 su 100.000.

Se a inizio millennio vi erano circa 6.000 Dirigenti psicologi nel SSN, ora il numero è intorno ai 5.500: non siamo cresciuti e fatichiamo addirittura a mantenere i parametri di 20 anni fa.

Molti degli attuali psicologi del SSN sono inoltre a fine carriera e andranno in pensione nei prossimi anni: abbiamo sempre più piante organiche insufficienti per le necessità del Paese.

Il settore Pubblico deve ricevere molte più risorse, e al contempo prevedere nuove forme di psicologia “accessibile”: la “Psicologia di Base”, così come quella nei contesti scolastici, deve diventare una “prima linea” di prevenzione diffusa per la popolazione; su questo, alcuni segnali incoraggianti stanno arrivando da diverse Regioni e dallo Stato.

Anche il settore privato verrà pesantemente impattato da questi mutamenti; l’evoluzione dei bisogni psicosociali ci porterà a dover focalizzare maggiormente le crescenti necessità legate all’invecchiamento della popolazione, oltre che delle importanti quote di migranti, e dei nuovi disagi giovanili.

4. I Nuovi Modelli di Business: Piattaforme e Commoditization della Professione

L’ascesa delle piattaforme online ha introdotto nuovi modelli di business nel campo della psicologia. Queste piattaforme offrono servizi psicologici a un ampio pubblico, rendendo la professione più accessibile, ma portano anche alla “commoditization” della psicologia.

La commoditization è un processo inevitabile in ogni sistema economico e dei servizi, se caratterizzato da una forte offerta e da una domanda che si segmenta funzionalmente.

La facile accessibilità dei servizi tramite le modalità online; l’elevata offerta di psicologi; la standardizzazione di alcune prestazioni di base; l’aumento della richiesta per interventi di consulenza breve: sono tutti elementi che conducono a una “commoditization professionale”, in parte già avvenuta per altre professioni.

Il fenomeno delle Piattaforme online, con i suoi rischi e le sue potenzialità, lo rappresenta bene.
In generale, le Piattaforme professionali rappresentano un canale di intermediazione che può, se correttamente implementato, facilitare l’accesso ai servizi psicologici di base in maniera diffusa, ed è destinato a una crescita certa.

Intorno alle Piattaforme si pongono però delle importanti sfide di qualità delle prestazioni professionali, di necessità di chiarificazione dei rapporti tra professionisti e piattaforme (dipendenti de facto, o liberi professionisti intermediati?), e di massima attenzione al dato deontologico e tecnico delle prestazioni.

Tutti elementi che devono essere curati e vigilati dalle istituzioni della professione; ma la strada della commoditization (con la distinzione de facto tra un “livello di base” di prestazione professionale, diffusa e accessibile; ed un livello più complesso, in cui è necessaria l’attività in presenza, o che viene scelto dagli utenti più economicamente abbienti), è un trend di cui dobbiamo considerare la normalità nell’economia dei servizi (per quanto questo faccia storcere il naso ai teorici dell’”eccezionalismo psicologico”, secondo cui la nostra professione dovrebbe essere “fuori dalle regole” che si applicano a tutti gli altri contesti).

5. L’Impatto delle Nuove Tecnologie: Online, Realtà Virtuale, Intelligenza Artificiale Generativa

L’impiego di nuove tecnologie come le consulenze online, la realtà virtuale e l’intelligenza artificiale sta cambiando il campo della psicologia.
Tuttavia, queste tecnologie pongono anche sfide etiche e pratiche.

Le Piattaforme sono una delle forme di manifestazione organizzata del triplice sviluppo tecnologico che impatta sulla nostra professione: la telepsicologia (o psicologia online), la realtà virtuale, l’IA.

Il settore della Digital Mental Health sta conoscendo una rapidissima crescita.
Purtroppo scontiamo da decenni una forte inerzia rispetto agli impatti professionali delle nuove tecnologie, che ci ha ripetutamente portato a reagendo passivamente alle evoluzioni degli strumenti di comunicazione – che dovremmo maneggiare in modo più proattivo.

Così come siamo arrivati tardi a costruire una “teoria della tecnica” dei setting online, che dopo tante resistenze è stata poi improvvisata massivamente nelle prime fasi della pandemia, siamo purtroppo ancora molto diffidenti sull’impatto delle tecnologie di realtà virtuale; e ancor più delle AI Generative, come ad esempio la nota ChatGPT, che stanno già attivando una prima produzione scientifica internazionale sulle loro possibili applicazioni in ambito psicologico (compreso quello clinico).

Vi sono però da svolgere numerose valutazioni di rischio, in particolare sugli aspetti di Data Privacy, AI Safety and Alignment, e di uso tecnicamente consapevole delle tecnologie: ambiti in cui purtroppo molti psicologi non hanno competenze adeguate.

Ma la diffusione di questi strumenti sarà rapidissima; è pertanto necessario muoversi in logica proattiva, per costruire riflessioni adeguate rispetto a impatti, salvaguardie, indicazioni deontologiche e di buone prassi per un corretto uso di questi strumenti, che possono funzionare in ottica “aumentativa e integrativa” delle competenze professionali (cd. “AI Augmentation”).

La convergenza di queste cinque sfide (numeri crescenti pur con fragilità formative, in uno scenario di crisi del welfare, che comporta una commoditization professionale che viene sostenuta anche dalla tecnologia) porterà molti cambiamenti: navigare in questi mari è il più importante “sport di squadra” che tutti gli stakeholders della professione devono condividere nei prossimi anni.