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Vi racconteremo come, nel mezzo dell’assordante silenzio dell’Ordine Psicologi, i counselor i nuovi jail coach ed altri limitrofi stanno scippando il ruolo dello psicologo carcerario

La situazione nelle carceri italiane non è certo brillante, ce lo ripetono tutti i giorni.
La situazione della Psicologia penitenziaria italiana non è certo brillante, ce lo ripetiamo tutti i giorni:

  • abbiamo 39 colleghi regolari vincitori di un concorso pubblico avviato nel 2004 dal Ministero della Giustizia (per coprire almeno parzialmente la totale carenza in organico di tali figure professionali, previste inizialmente in 70) che da tre anni non vengono assunti;
  • abbiamo circa 380 colleghi con qualifica di esperti ex art.80 (erano 404 nel 2007) che prestano la loro opera nel trattamento dei 65 mila detenuti (in carceri che ne dovrebbero contenere al massimo 43mila) potendo così dedicare circa tre ore l’anno per detenuto;
  • abbiamo colleghi che operano professionalmente da 30 anni con una costante diminuzione del monte ore loro destinato, fino a dover addirittura restare a casa dopo molti anni di attività nelle carceri.

Ciò a fronte dell’aggravarsi della situazione nel sistema penitenziario: continua a salire vertiginosamente il numero dei suicidi (già 66 nei primi 11 mesi del 2009) e dei gesti autolesionistici, segno evidente di grave disagio psicologico dei detenuti.
Soffrono i detenuti, ma soffre anche la polizia penitenziaria che nel solo mese di novembre 2009 ha pagato con tre suicidi lo stress di un lavoro spesso poco riconosciuto.

I sindacati della Polizia penitenziaria, su questo fronte si sono fortemente attivati e lo stesso Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) è alla ricerca di soluzioni.

Qui comincia il bello!

Ormai da più di un anno esistono, infatti, linee di indirizzo del DAP (circolare 230431 del 3 luglio 2008 inviata a tutte le organizzazioni sindacali) allo scopo di “contrastare il disagio lavorativo del Personale di Polizia penitenziaria e stimolare la professionalità tramite condivisione, ascolto e solidarietà”; linee di indirizzo che – in maniera chiara – pongono “l’attenzione al problema del disagio lavorativo e al più ampio tema del benessere organizzativo delle forze di polizia penitenziaria”, istituiscono quindi un “Gruppo permanente per il benessere”, per la “promozione e tutela del benessere del personale” attraverso iniziative “che rafforzino la motivazione, l’autostima e lo spirito di gruppo” e si propongono una “maggiore attenzione per una comunicazione più costante e completa”. Tali iniziative, nell’indirizzo del DAP, devono essere sistematiche all’interno di un complessivo “progetto per il benessere”.

La pubblica amministrazione finalmente esplicita una domanda chiara di interventi finalizzati al benessere individuale ed organizzativo del mondo carcerario.

Quale miglior occasione per i nostri Ordini di sostenere e promuovere il ruolo dello psicologo?

Di certo avranno preso ad interloquire fittamente con il DAP, a sottolineare che proprio gli Psicologi possono dare un contributo determinante in questo progetto e avranno attivato ogni iniziativa per rappresentare che proprio queste aree (benessere individuale ed organizzativo; sostegno alla motivazione, all’autostima, allo spirito di gruppo, alla comunicazione) sono precipua competenza della nostra categoria!
D’altra parte, se è stata firmata una “convenzione con la Guardia di Finanza” che neppure l’aveva chiesta (e che in verità non pare avere grande riscontro, ma sai com’è… in assenza di domanda ), adesso l’Ordine si farà di certo avanti con l’Amministrazione Penitenziaria e gli Psicologi potranno finalmente vedere riconosciuta istituzionalmente la loro competenza nella promozione del benessere!

Niente di tutto questo. Niente. Silenzio.

Unici interventi sull’impegno degli Psicologi in campo penitenziario: un paio di note del nostro presidentissimo Palma e del Presidente del Lazio, Zaccaria (entrambi provenienti dai ranghi delle ASL. Sarà un caso?) affiancati dal Segretario Generale dell’AUPI Sellini (chapeau!) per ribadire la natura sanitaria delle prestazioni effettuate dagli Psicologi carcerari.

La natura sanitaria? Ma… la richiesta, anche da parte del carcere è di interventi per Promuovere Il Benessere, non per curare patologie 

Appare frutto di una lungimiranza ridotta a lumicino l’essere di converso rimasti completamente fuori dal rapporto col DAP alla ricerca urgente di benessere per i suoi operatori e la sua organizzazione!

Un miopia cui siamo ormai abituati e la cui conseguenza è l’avanzata delle pseudo-professioni nate sulle competenze psicologiche ma centrate, piuttosto che sulla cura, sulla promozione del benessere.

Il risultato è che… nelle carceri si comincia a chiedere l’intervento dei counselor anche da parte dei Sindacati.

La Cgil-fp chiede … “iniziative di più ampio respiro volte a determinare un cambiamento culturale nell’organizzazione del lavoro in ambito penitenziario e valuta “l’urgenza di dare maggiore attenzione alla comunicazione fino a chiedere l’intervento professionale della nuova figura professionale del Counselor (documento Cgil-Fp)

Peggio, nell’assordante silenzio dei nostri dirigenti “Sanitari” nasce e si espande una nuova professionalità-zombie: il Jail coach.

Davvero, ci mancava, ma esiste!

I protocolli sottoscritti da Comune di Sassari, Università, DAP ne descrivono il ruolo e ne annunciano il lancio :… “per agevolare e sostenere il detenuto durante il percorso di inserimento lavorativo, l’Università (di Sassari) garantirà una fase di sperimentazione in cui una prima rappresentanza di (ex detenuti) fruitori della borsa – lavoro verranno affiancati da un Jail coach, una nuova figura professionale, da noi ideata e già attiva presso la C.C. di San Sebastiano (Sassari), qualificata, esperta in life coaching e conoscitrice delle esigenze del contesto detentivo, che incoraggi costantemente la generazione di idee e il pensiero creativo per il raggiungimento di specifici obiettivi personali e per un approccio, più ottimista e propositivo, alle problematiche rilevate durante il percorso di inserimento socio-lavorativo. Il jail coach, in incontri sistematici, stimolerà costantemente negli ex detenuti la fiducia in se stessi (empowerment) […] aiutandolo ad elaborare un nuovo repertorio di strategie comportamentali”….

Tanto di cappello all’Ordine Nazionale
e al “lungimirante” Ordine Lazio!

A questo punto ci attendiamo un rapido proliferare anche nel Lazio di jail-coach e di counselor carcerari: di certo chi già forma astrocounselor ed etocounselor non avrà grandi titubanze a formare anche questi nuovi presunti professionisti (forse ancora una volta in barba al ruolo di consigliere dell’Ordine) e a proporre loro un altro albo privato, completamente privo di valore legale ma saturo di illusioni per chi avrà pagato i corsi e, di fatto, uno scippo per gli Psicologi.

Cosa farà allora l’Ordine?
Dipende da chi ci sarà.

Pensaci, andando a votare!

Leggi in quest’intervista cosa potremmo effettivamente fare per gestire queste aberranti situazioni di svilimento della Psicologia.

Sostienici, andando a votare!