Counseling: e se gran parte della responsabilità fosse delle Scuole di psicoterapia?

La situazione è divenuta oramai insostenibile ed è giusto svelare i retroscena di questo scarica barile che tutto fa, meno che il bene della Psicologia e degli psicologi.

Per l’ennesima volta ci dobbiamo cucire la bocca per non urlare lo sdegno e lo sgomento!
Nasce il Master in Consulenza filosofica, lanciato dall’Università Cà Foscari di Venezia, e addirittura il Messaggero dedica un articolo ai limiti del grottesco su questa figura.

Se andiamo a vedere su Internet, è pieno di counselor-qualcosa e quello filosofico è l’ultima arrivata delle mode mediatiche. Alla pagina http://www.sicof.it/scuola/welcome.htm, per esempio, trovate la Scuola Superiore di Counseling Filosofico, riconosciuta dalla Società Italiana di Counseling Filosofico, riconosciuta a sua volta dalla Società Italiana di Counseling.
Ci troviamo davanti al gioco delle scatole cinesi: io mi invento il Counseling Geofisico, apro un’associazione ad hoc per dargli tono, un collega apre un’associazione italiana attinente che mi accredita e così via…

Se poi andiamo a vedere nella sostanza le materie insegnate in questa Scuola troviamo Teoria e metodologia della pratica filosofica, Filosofia applicata, Teoria e tecnica del colloquio, Basi filosofiche della Psicologia, Psicologia Generale, Propedeutica alla Psicopatologia, Patologia generale, Lettura testi, Dialogo socratico, Filosofia nelle aziende e organizzazioni, Supervisione casi, Training individuale, Psicologia dell’età evolutiva, Psicologia sociale e dei gruppi, Psicologia dinamica.

Ecco, ditemi se è possibile dover digerire simili prese in giro! Siamo veramente gli zimbelli delle professioni riconosciute, gli unici che riescono a farsi clonare da chiunque senza fare nulla.

La situazione è purtroppo difficile e complessa, ma bisogna pure avere l’onestà di spiegare ai 50.000 colleghi iscritti all’Ordine – soprattutto ai più giovani – di chi sono le responsabilità di tale scempio!
Non basta più scaricare l’intero barile sull’inefficacia delle leggi che non permettono di tutelarci adeguatamente
(come praticamente fece il CNSP al Convegno di Napoli a cui AP ha preso parte).
Sicuramente sono di difficile applicazione, ma c’è ben altro a monte del fenomeno counseling. Andiamo quindi a conoscere lo scenario di riferimento…

Innanzitutto è bene chiarire che non vi è alcun obbligo formativo per divenire counsellor (in altre parole, chiunque può definirsi counselor senza alcun corso e senza iscriversi a Sico e/o Aico).
Nella realtà dei fatti, non esiste un campo di attività specifico per il counselling, tuttavia proprio questa sua non-definizione e non-riconoscimento gli ha permesso di ramificarsi flessibilmente in ogni campo professionale.

In Italia, ad esempio, la Società Italiana di Counselling (SICO – http://www.psico.it/) propone – proprio come si fa con discipline scientifiche autonome – una articolazione strutturata dell’attività:

  • counselling individuale, di coppia, di famiglia, di gruppo;
  • counselling di comunità (scuole, istituzio-ni, organizzazioni);
  • counselling aziendale (piccole, medie e grandi industrie, o in ogni caso unità lavorative strutturate);
  • counselling sessuologico (relativo alla coppia e alle varie tendenze sessuali o alle violenze e agli abusi sessuali);
  • counselling professionale per persone come per organizzazioni (in grado di gestire situazioni relazionali attraverso la propria professionalità);
  • counselling artistico, in grado di agevolare il benessere dell’individuo attraverso varie forme dell’arte: musica, teatro, poesia, danza, pittura, ed altre forme creative;
  • counselling sanitario.

Il counseling filosofico è quindi l’ultimo nato di un lungo processo di aggressione alle professioni PSY, che sta completamente togliendo l’esclusiva professionale su processi di cambiamento e relazioni di aiuto, propri di Psicologia e Psicoterapia.
Alcuni autori, addirittura, considerano per l’appunto l’intervento di counselling come terapia in setting di 1° livello.

Chi dobbiamo quindi ringraziare di questa paradossale escalation?

La responsabilità storica di aver avviato un processo di dequalificazione della formazione specialistica in psicoterapia e di aver invece elevato ad un rango quasi omologo quella del counseling è delle scuole di specializzazione riconosciute dal MIUR, che da tempo oramai offrono un prodotto formativo ridondante in counselling, immettendo sul mercato un numero sempre più elevato di counselors.

Ebbene si, avete letto bene! Fatevi un giro nei vari siti web delle Scuole di Specializzazione e troverete che gran parte di queste offrono anche percorsi di counseling aperti anche a non-psicologi…
Non è un caso che nei corsi di counseling vi siano docenti psicologi e psicoterapeuti
Non è un caso che nelle varie associazioni e società di counseling vi siano colleghi psicologi e psicoterapeuti

Le Scuole di specializzazione in psicoterapia hanno avuto, e sempre più hanno, la necessità di compensare il graduale ed inesorabile calo del numero di richieste di specializzazione con altre offerte formative rivolte ad utenti laureati e non (pedagogisti, sociologi, assistenti sociali, infermieri, educatori, ecc.).

D’altro canto il continuo fiorire di nuove Scuole di specializzazione riconosciute dal MIUR non fa altro che acuire il problema: il numero potenziale di specializzandi è in diminuzione e quindi si aprono le porte a non-psicologi vendendogli un “prodotto” lucente ed accattivante come la Psicologia e la Psicoterapia.

Addirittura ci sono movimenti politici e Ordini regionali (che si presenteranno candidamente alle prossime elezioni ordinistiche di fine 2005 e di cui parleremo nel dettaglio a stretto giro) che da anni stanno promuovendo “reti di counselor” ed avallando una dichiarata politica tale per cui i counselor sarebbero a noi contigui, sminuendo così il profilo di psicologi e psicoterapeuti e valorizzando quello dei counselor.
Se la comunità professionale degli psicologi (compresi questi signori), anni addietro, avessero da subito respinto le “pretese” dei primi counselor, relegandoli nell’angolino, oggi non esisterebbe il problema, sarebbero riconosciuti socialmente come operatori di basso livello rispetto a noi. Ed invece no, si è deciso di privilegiare gli interessi privati a quelli di categoria, si è deciso di allargare il mercato (personale) a discapito della categoria… e poco importa se spesso i consiglieri fanno parte di quelle medesime associazioni di categoria che hanno promosso lo slabbramento, l’importante è fare business e raccontare che “dei counselor parificati allo psicologo” ci renderanno più forti” (?!?).

La cosa che lascia maggiormente allibiti è che, anche le Scuole valide e di qualità (perché ci sono e non si vuole qui fare di tutta l’erba un fascio!) non hanno mai fatto nulla per calmierare questo mercato impazzito che pian piano sta distruggendo e dilaniando la nostra professione! Si sono adeguate alla china.
Se questo fosse successo nell’Ordine dei Medici sarebbero scattate subito delle forti reazioni ” interne”. La comunità professionale dei medici avrebbe messo in atto una quantità di anticorpi tale da fargli chiudere bottega da subito, appena cercavano di muovere i primi passi.

Ed anche del Comitato Nazionale Scuole di Psicoterapia (CNSP), “associazione nata per promuovere la qualità della formazione e difendere i legittimi interessi delle scuole” [Giornale CNOP 01/2005 p. 59], non si trova significativa traccia se non nella dicitura “difendere gli interessi delle scuole”. Ci propagandano una ricerca sull’efficacia della psicoterapia, una carta dei diritti degli allievi ed una degli utenti, ma sfido chiunque a dirmi se ne ha mai avuto notizia, se l’ha mai letta o, soprattutto, se l’hai mai vista tenuta di conto.
È da anni che si continua a parlare di qualità formativa, di etica delle scuole, di tutela di allievi ed utenti, ma se ci ritroviamo con l’acqua alla gola, cari signori, significa che qualcuno qui ha bluffato!

Ok, fatta chiarezza sul “chi ringraziare”, il problema rimane e di certo non scomparirà aspettando l’intervento di questi competenti colleghi.

Alcuni vorrebbero ridefinire l’intervento di counselling all’interno delle pratiche professionali regolamentate dalla L. 56/89 e dal DPR 328/2001 (magari nella sezione B dell’albo professionale), ma è proprio il suo essere “professione non riconosciuta e non regolamentata” che rende impossibile questo scenario. Non ce la faremmo mai!

E neppure la via legale per eventuale esercizio abusivo dell’attività di psicoterapeuta è una via percorribile, proprio per la difficoltà (se non impossibilità) nell’individuare e definire specifici confini, per non parlare poi del presentarli e farli comprendere a giudici, avvocati e legalesi vari…

Finché continueremo a cercare soluzioni esterne, quando invece il problema è stato generato ed è sostenuto internamente, avremo ben poche speranze di uscirne!
C’è da farsi un bell’esame di coscienza ed a stretto giro necessiteranno cambiamenti anche dolorosi! Certo qualcuno potrebbe non rimanerne contento, certo qualche interesse verrebbe scalfito ed intaccato, ma qui si sta parlando del futuro professionale di migliaia di colleghi e non del business di 200 scuole.

A stretto giro Altra Psicologia proporrà un progetto di riforma per il mondo della Psicoterapia e per quello parallelo del counseling.
Al momento vi invito a partecipare all’indagine sulla Qualità formativa nelle scuole di specializzazione in psicoterapia.

Biblio: “Counsellors e counselling in Italia: quale futuro?“, Giornale CNOP 02/2004, di Fulvio Giardina (Presidente Ordine Psy Sicilia)

Articolo di Nicola Piccinini