Diagnosi in ambito psicologico e diagnosi differenziale medica

Fonte:

http://www.agenziaradicale.com/index.php?option=com_content&task=view&id=1650&Itemid=57

Di seguito il comunicato del 5 novembre 2007 del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP), firmato da autorevoli e rappresentativi psicologi:

“Preoccupazione sugli emendamenti a una buona proposta di legge: “Disposizioni per l’accesso alla psicoterapia”. La proposta di Legge “Disposizioni per l’accesso alla psicoterapia”, attualmente all’esame della XII Commissione parlamentare – Affari Sociali, mette in risalto l’importanza della salute e del benessere psicologico dei cittadini e ne afferma il diritto ad accedere alla psicoterapia presso professionisti convenzionati. Per questi motivi l’intera comunità degli psicologi ne apprezza scopi e finalità. Tuttavia il Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi Dott. Giuseppe Luigi Palma, il Presidente dell’Ordine degli Psicologi del Lazio Dott.ssa Marialori Zaccaria, il ProRettore Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e Prof. Ordinario di Psicologia Dinamica Prof. Nino Dazzi, il Presidente della Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Psicologia Prof. Stefano Pugliesi Allegra, il Direttore della II° Scuola di Specializzazione in Psicologia Dinamica, Facoltà di Psicologia Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Prof. Vittorio Lingiardi, il Presidente del Collegio dei Docenti Universitari di Psicologia clinica e Preside della facoltà di Psicologia dell’Università di Napoli Prof.ssa Alida Labella, il Segretario Generale dell’A.U.P.I. Dott. Mario Sellini esprimono viva preoccupazione qualora venissero accettati emendamenti finalizzati ad escludere gli Psicologi dalla possibilità di fare la diagnosi utile ai fini dell’accesso alla psicoterapia convenzionata. Le proposte sono palesemente in conflitto con le norme vigenti, lesive della professione di Psicologo e in contrasto con la tradizione scientifica e culturale della disciplina nel nostro Paese. L’art. 1 della L. 56/89 prevede in maniera inequivocabile che lo psicologo può effettuare diagnosi e quindi, ogni tentativo di introdurre cambiamenti su tale questione è chiaramente in contrasto con la legge vigente. Il percorso formativo universitario, realizzato in oltre 30 facoltà/corsi di laurea, per diventare Psicologo è strutturato proprio sulle competenze individuate dalla L. 56/89. I Presidi ed i docenti delle Facoltà di Psicologia sarebbero, quindi, nel grave imbarazzo di formare a competenze professionali che non potrebbero poi essere esercitate. Pertanto auspichiamo e chiediamo che gli emendamenti in questione non vengano accolti. Dott. Giuseppe Luigi Palma, Dott.ssa Marialori Zaccaria, Prof. Nino Dazzi, Prof. Stefano Pugliesi, Prof. Vittorio Lingiardi, Prof.ssa Alida Labella, Dott. Mario Sellini”.

Discuterò delle argomentazioni contenute in tale testo. Dicono i colleghi psicologi: “L’art. 1 della L. 56/89 prevede in maniera inequivocabile che lo psicologo può effettuare diagnosi e quindi, ogni tentativo di introdurre cambiamenti su tale questione è chiaramente in contrasto con la legge vigente.. Andiamo al testo preciso della norma citata: “La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazioneriabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità” (art. 1 della legge 56 del 1989). E’ la “diagnosi in ambito psicologico” che è specifica prerogativa della professione di psicologo e non la diagnosi in senso generale. Cito come esempio quanto segue: un soggetto con disturbi sessuali può accadere che si è già recato dal medico il quale ha escluso una causa organica e quindi va poi dallo psicologo oppure il soggetto si è autodiagnosticato la causa psichica e quindi va direttamente dallo psicologo oppure il soggetto va direttamente dallo psicologo che però nella sua autonomia professionale non lo invia dal medico per la diagnosi differenziale. La tutela della salute dei cittadini garantita costituzionalmente dipenderebbe così dalle diverse circostanze e cioè se la metodologia ed i relativi accertamenti di laboratorio inerenti una diagnosi differenziale per escludere cause organiche vengano applicati o non applicati! Tenuto conto poi che a seguito di sanatoria possono risultare iscritte all’elenco degli psicoterapeuti (collegati all’albo professionale degli psicologi) anche persone non laureate in psicologia o addirittura prive di qualsiasi titolo di laurea, la questione assume aspetti paradossali ed inquietanti. Inoltre il comma 2 dell’art. 3 della legge 56 del 1989 afferma: “Agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica”. Perché tale comma è presente nella legge istitutiva della professione di psicologo, se non per garantire che le competenze mediche (diagnosi e certificazione) siano rispettate? Altrimenti quali sarebbero le competenze esclusive della professione medica: cose altre dalla diagnosi e dalla certificazione? Dunque in “contrasto con la legge vigente” sono le argomentazioni dei colleghi psicologi che ignorano del tutto il citato comma 2 dell’art. 3 della legge 56 del 1989 (Agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica). Altrimenti argomentino loro quali sono le specifiche prerogative e competenze mediche. Del resto il medico non può fare diagnosi in ambito psicologico (e nemmeno se specialista in psichiatra in quanto in tal caso fa diagnosi psicopatologica), in quanto questa è prerogativa e competenza dello psicologo, che a sua volta non può fare diagnosi differenziale, che è peculiare e specifica competenza del medico. In tutta Europa avviene così, ma in Italia si vorrebbe che andasse diversamente e questo è per davvero un attacco alla professione medica.

Maurizio Mottola

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La difesa ad oltranza, da parte dei medici, del loro esclusivo diritto alla diagnosi differenziale, sembra poggiare su un unico argomento: il rischio che lo psicologo non invii al medico una persona che tra le componenti all’origine del proprio malessere ha solo o anche una causa organica.

Sappiamo bene come l’invio ad altre figure professionali competenti sia per lo psicologo un dovere sancito dal Codice Deontologico e non si capisce per quale motivo uno psicologo dovrebbe eludere il suo dovere professionale in questo senso.

Colpisce, però, come lo stesso ragionamento non valga se applicato ai medici. I medici usano portare l’esempio di una persona con una problematica con componenti organiche, in questo caso “disturbi sessuali” che arriva da uno psicologo che si limita ad un intervento di tipo psicologico senza invio ad un medico. Curioso che non siano mai citati i tantissimi casi, che ogni psicologo ha frequentemente modo di incontrare, di persone che soffrono per una problematica con componenti psichiche, tipicamente legate alla depressione o all’ansia, che arrivano dal medico (spesso di base) e a cui viene offerto solo un trattamento medico, ovvero l’assunzione di psicofarmaci, senza alcun invio dallo psicologo.

Altrettanto curioso che nella legge istitutiva della professione di psicologo sia citato espressamente l’abuso della professione medica, mentre nella normativa che riguarda i medici nulla si dice sul possibile abuso della professione psicologica.

Segno della forza lobbistica dei medici, al tempo della scrittura della nostra legge istitutiva come oggi.