Riceviamo presso la nostra redazione questa mail da parte di un collega e, molto preoccupati, pubblichiamo. Fateci sapere che cosa ne pensate e cosa sta succedendo nella vostra regione sulla legge 170/10 sui DSA.
Potete farlo nei commenti oppure nel gruppo Facebook che abbiamo aperto appositamente Legge 170/10 per la Dislessia: quanti problemi per noi Psicologi!:
Gentile Redazione di AltraPsicologia,
leggo la nuova normativa sui DSA che cita ”la diagnosi di DSA deve essere condotta in modo multiprofessionale e tale multidisciplinarietà deve risultare chiaramente dalla certificazione. Qualora rilasciata da uno specialista singolo dovrà essere validata dal SSN con modalità da definire a livello regionale.” , (MIURDSA prot. N. 1822),…e il mio cuore ha un colpo!
Improvvisamente, dopo anni di formazione sulla diagnosi e riabilitazione dei DSA, dopo aver visto migliaia di ragazzini e aver posto migliaia di diagnosi (ahimè Diagnosi!!!) di DSA, dopo aver effettuato trattamenti (ahimè, trattamenti!) e aver accompagnato famiglie e insegnanti nel complesso mondo della dislessia e dei disturbi dell’apprendimento in genere, dopo aver formato insegnanti, genitori e operatori scopro che non ero e non sono abilitato a farlo!
Quali danni avrò causato con la mia azione (non oso più chiamarla “ diagnosi”) complessa che, seguendo in modo preciso i protocolli diagnostici internazionali prima e dettati dalla Consensus Conference 2010 e aggiornamenti successivi poi, ha sviscerato le problematiche neuropsicologiche, cognitive, scolastiche, psicologiche, affettivo-relazionali, ecc. e si è permessa pure di trattarle con modalità e tecniche terapeutiche e riabilitative di comprovata efficacia?!
Ho sempre pensato che:
- seguendo la legge che istituisce la professione di psicologo (fra un po’ potrò ancora chiamarmi così?) che cita “La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.” (art. 1, L.56/89) io fossi in regola,
- seguendo le norme del codice deontologico sull’invio a un collega in caso di necessità “Art. 5 Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione professionale e ad aggiornarsi nella propria disciplina specificatamente nel settore in cui opera. Riconosce i limiti della propria competenza ed usa, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione.
Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti ed i riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.” (Codice Deontologico degli Psicologi Italiani) io fossi in regola,
- formandomi con Master sui Disturbi dell’Apprendimento, Scuola di Specializzazione, ecc. , fossi in regola…
- l’esperienza acquisita sul campo in anni di lavoro e di fruttuoso confronto con pazienti e famiglie, istituzioni, insegnanti e colleghi (anche Neuropsichiatri per psicopatologie gravi concomitanti al DSA e logopedisti per problematiche fono-articolatorie congiunte con DSA, ma ognuno nella propria stanza!!!) bastasse, perché io fossi in regola
- l’onestà intellettuale e il dubbio come metodo scientifico mi garantisse di essere in regola…
e scopro invece che non potrò più far “diagnosi” se non condividendo le mie conclusioni con un logopedista (che, qualcosa dovrà fare, ovvero i test che finora facevo io, immagino) o con un neuropsichiatra (che dopo approfondito colloquio e altri test trarrà le conclusioni sul profilo, ovvero quello che facevo io, immagino).
La mia domanda allora è banale: ma io che farò? Non posso pensare al prepensionamento né nessuno mi ha proposto di diventare un “esodato”, dovrò ospitare presso il mio studio, immagino pagandoli pure, un logopedista e un neuropsichiatra anche per i pazienti che fino ad oggi non necessitano di ulteriori approfondimenti neuropsichiatrici o logopedici? E mi chiedo: dovrò pagarli a ore, a prestazione, o dividere l’affitto con loro?
Che effetto avrà tutto ciò sul mio paziente? Che è un bambino il 99% delle volte?
La mazzata finale mi giunge da un genitore, l’ennesimo, che citandomi la legge 170/2010 sulla dislessia mi dice sospettoso e con tono da persona “tradita” e “imbrogliata” che allora la mia relazione, così lunga e costosa (non usa il termine “dettagliata”, sigh!) , da psicologo libero professionista privato, non serve a niente, e che avrebbe dovuto andare in ASL perché quello che faccio io (non ripete la parola “diagnosi”) non permetterà mai a suo figlio di avere aiuti a scuola!
E la mia mente vola ad altri tempi (prima della L.170/2010) quando ogni anno, per ogni ragazzino seguito, mi recavo a scuola per una riunione intensa con insegnanti e genitori su come aiutare quel ragazzino in classe, in trattamento e a casa, in funzione delle sue specifiche caratteristiche psicologiche, cognitive, di personalità, in funzione di punti di forza e debolezza, e in funzione di quel contesto di classe, e per almeno due ore alacremente tutti noi adulti insieme costruivamo il miglior futuro possibile per quel ragazzino, date le nostre capacità.
Che bei tempi quando gli insegnanti collaboravano con famiglia e clinici non dovendosi preoccupare se il timbro dell’Asl c’era o non c’era, pensando ad applicare tutti gli aiuti in loro potere invece che costretti a compilare lunghi Piani Didattici Personalizzati (PDP) che spesso incollano le Direttive del Ministero del luglio 2011 in modo rigido e non personalizzato (i DSA ora sono tutti uguali!?) e senza vedere più un clinico! (la stesura del PDP infatti spetta alla scuola vista la diagnosi del clinico e non con la sua consulenza diretta…).
Come non capire quel genitore quando la legge 170/2010 art. 3 cita “La diagnosi dei DSA e’ effettuata nell’ambito dei trattamenti specialistici già assicurati dal Servizio sanitario nazionale a legislazione vigente ed è comunicata dalla famiglia alla scuola di appartenenza dello studente..”?
E a questo si aggiunge la Legge Regionale del Veneto n. 16 del 2010 che cita “La diagnosi dei DSA è effettuata da neuropsichiatri infantili o psicologi, dipendenti dalle aziende ULSS, ospedaliere e ospedaliero-universitarie integrate, o da strutture private accreditate ai sensi della L.reg. 16 agosto 2002, n.22 “Autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e sociali” e successive modificazioni. 4. Il trattamento riabilitativo è effettuato da psicologi, pedagogisti, educatori e logopedisti, formati sulle problematiche dei DSA.”
Per finire con l’ultimo prodotto del MIURDSA prot. N. 1822, ove lo specialista psicologo che effettua la diagnosi, qualora fosse privato, deve essere inoltre accreditato al sistema di qualità regionale e aver inoltre comprovata e documentata esperienza nella valutazione dei DSA, fermo restando, ovviamente la necessità della multiprofessionalità… cosa che mi fa sorgere una domanda: laurea, specializzazione, master, che valore hanno a questo punto se comunque ho bisogno di un Neuropsichiatra e di un Logopedista oltre che di una formazione e di un accreditamento personale?
Lo stesso sta accadendo peraltro per l’ADHD ove per la stesura del Piano Didattico si cita “tale documento sarà redatto..omissis..in collaborazione con la famiglia dell’alunno e i Centri per la Diagnosi e cura presenti sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità ovvero la Unità sanitaria competente per territorio” (PIANO DID ADHD -1395- del 20.3.2012)
E il dubbio mi attanaglia: magari poi questo contagio coinvolgerà la “diagnosi” psicologica applicata a tutte le patologie di nostra competenza (anche se non esclusiva) in genere?
Domani mattina cosa accadrà oltre alla solita crisi finanziaria e ai bollettini di una guerra economica in atto? Quale decreto, quale legge mi priverà della mia identità professionale già così ampiamente rosicchiata?
La multidisciplinarietà è un bel concetto e sicuramente va perseguita e utilizzata come strumento che migliora l’accuratezza diagnostica avvalendosi delle professionalità (si, sono professionisti competenti anche loro, di altre figure, come Neuropsichiatri e logopedisti) ma l’obbligo rigido alla multidisciplinarietà nell’approccio a ogni caso, e non a discrezione dello specialista psicologo (Specialista? Psicologo?) è una assurdità e complica/intacca l’alleanza terapeutica necessaria poi per eseguire i trattamenti o la presa in carico psicoterapeutica qualora necessarie, nonché nutre pericolosi meccanismi di affiliazione e di mercificazione della diagnosi perché senza l’avvallo dell’ASL perdi i diritti a ricevere le misure compensative e dispensative che hai sempre ricevuto finora!
Al momento attuale, dalla legge 170/2010 sono passati quasi 2 anni e mancano ancora indicazioni univoche e chiare circa quali e quanti parametri clinici le ASL debbano considerare sufficienti per far inserire quella persona all’interno del circuito: ogni ASL e ogni professionista ASL sembra seguire propri criteri poiché oltretutto il disturbo evolve nel tempo e, grazie a trattamenti riabilitativi mirati, può essere ampiamente compensato!
Che ironia! Proprio quando un ragazzino, dopo aver a lungo lavorato con un trattamento riabilitativo mirato e fruttuoso per compensare la sua dislessia, spariti i parametri di gravità nella decodifica e permanendo solo problemi residui nella comprensione, entra alle medie e si vede negati dall’ASL gli strumenti compensativi e dispensativi (es. audiolibri e schemi) proprio in quel momento più necessari (d’altra parte, non ci sono più i parametri…).
E io che ingenuamente l’ho aiutato con la mia diagnosi e trattamento a compensare quel disturbo a cui si riferisce la legge 170, non avrò danneggiato il mio piccolo paziente visto che ora sta così tanto bene da uscire dal circuito della certificazione della legge 170? Che sarà di lui, dislessico compensato abbandonato senza compensazioni nei meandri di un percorso scolastico di scuola superiore di primo o secondo grado?
Mi chiedo: se nella stesura della legge 170/2010 invece di fare riferimento a chi deve porre “diagnosi” di DSA (intaccando così la nostra legge ordinistica e la nostra professionalità accertata dal MIUR tramite la nostra formazione universitaria e dall’Ordine degli psicologi circa il possesso dei titoli per l’esercizio della professione, a tutela dell’utenza) si fossero semplicemente esplicitati i parametri per l’accesso da parte del cittadino ai benefici previsti, rimandando ogni specialista psicologo, neuropsichiatra, logopedista, ecc. al rispetto della propria legge ordinistica o del proprio codice deontologico, con parere finale dell’ASL ad apposita commissione, non si sarebbe tutelato comunque il cittadino, garantito il suo accesso a dei diritti e tutelata anche la professionalità del professionista psicologo? Perché creare diagnosi di livello A (ASL) e di livello B (private)?
Se invece vogliamo che solo le ASL facciano le diagnosi e i trattamenti e che il libero professionista mandi magari privatamente al Neuropsichiatra dell’ASL la propria relazione per una validazione (e questo a carico del paziente) o dalla logopedista privata (che magari attesti che non vi sono altri problemi) allora per coerenza chiudiamo i corsi di Laurea in psicologia (si, lo scrivo minuscolo!), accorpiamoli a Medicina e a Logopedia, almeno si svilupperanno per tempo quelle amicizie fruttuose che un domani permetteranno ai giovani psicologi (se si chiameranno ancora così) di poter lavorare in ASL a braccetto (ma un passo indietro, prego) di Neuropsichiatri e Logopedisti.
Sarà per loro meno traumatico! saranno già formati mentalmente e non studieranno 5 anni di corso di laurea + un anno di tirocinio per sostenere l’esame di stato + 5 anni di specializzazione + 1 o 2 master annuali, ecc., per esercitare l’arte complessa ed elitaria della diagnosi psicologica…anzi forse non eserciteranno più…
Basterà un corsetto triennale e il tecnico sarà pronto ad essere sfornato! Competente a sufficienza per dire qualcosa… ma non troppo… E, soprattutto, per non aspirare all’Olimpo della Dirigenza al quale io, da libero professionista, sinceramente non avevo mai aspirato.
Firmato: UNO PSICOLOGO DERUBATO DELLA PROPRIA IDENTITA’
(alla ricerca di un neuropsichiatra e di un logopedista a prezzi modici)
Cosa ne pensi di quanto scrive il nostro collega? Cosa sta succedendo nella tua regione riguardo alla diagnosi dei DSA e alla certificazione valida per le scuole?
Raccontacelo nella sezione commenti qui sotto oppure iscriviti al gruppo Facebook Legge 170/10 per la Dislessia: quanti problemi per noi Psicologi!
e porta la tua esperienza!
Sono una psicologa clinica che lavora come libera professionista ad Arezzo e provincia di Siena.Ho studiato con Cornoldi e De Beni a Padova e lì mi sono avvicinata al mondo dei DSA. Proprio con quegli psicologi che sono stati pionieri di tutto quello che oggi sappiamo sui dsa. e ho letto e studiato la famosa consensus conference del 2007 con loro, prima di molti che oggi si ritrovano ad essere “accreditati” a maneggiare i suoi contenuti. Ho frequentato un perfezionamento triennale su tre livelli con tesi. e ho pagato lezioni e alloggio. Ho comprato autonomamente materiali cartacei e software accreditati per valutazione e intervento in questo ambito. ho aperto studi professionali. ho tenuto contatti con l’airipa e colleghi di altre regioni. ho fatto corsi di formazione nelle scuole. ho sempre cercato di inquadrare le difficoltà da un punto di vista psicologico nel senso cognitivo e sistemico del termine, collocando quei profili all’interno di un’ottica costruttivista di senso e significato oltre che di un quadro globale intellettivo, attentivo e di funzioni esecutive.
Dal 2006 posso dire che mi sono dedicata perchè dedizione è la parola giusta ai bambini con problemi di apprendimento, mettendomi continuamente tutt’ora in discussione. sono giovane e ancora purtroppo per me appassionata. purtroppo perchè ne pago ogni giorno le conseguenze.
credo che il collega abbia trovato delle parole che avrei fatto fatica ad esprimere in modo chiaro, rispettoso ma lal tempo stesso determinato come è stato fatto. E CONDIVIDO IN PIENO. perchè mi sono sentita squalificare spesso ( ma forse qui nella mia mia scuola di spec mi insegnano a chiedermi che c’è di roba mia?) e mi sono sentita di dover trovare delle spiegazioni e una sorta di protezione da accuse di “NON VALIDITà” (spesso anche comprensibili dalle parole vaghe di una legge che non tutela i bambini) che purtroppo il mio ordine professionale non è stato in grado di darmi.
Marta. Una psicologa delusa ma ancora appassionata.
Salve io sono un dott. in Scienze e tecniche psicologiche (quello che ha fatto un corsetto triennale, secondo quanto scritto nella lettera) che, in base quanto riportato sulla nota ministeriale del ° del 5 gennaio 2005 Oggetto Prot.n.26/A 4 (…che per l’utilizzazione dei provvedimenti dispensativi compensativi possa essere sufficiente la diagnosi specialistica di disturbo specifico di apprendimento …. ), dal 2008 ha aperto uno studio sulla diagnosi e trattamento dei DSA. Naturalmente la diagnosi è stilata in equipe con una psicologa e psicoterapeuta e la qualità del nostro lavoro si è affermata molto nel nostro territorio.
Ma aimè da quando la legge 170 è uscita, il surclassa mento dei nostri servizi è sceso moltissimo.
La sensazione che ho è quella che a tavolino sia stato deciso che i DSA debbano diventare ambito della scuola, facendo leva sulle numerose diagnosi, almeno a quanto dicono, non valide e di bassa qualità dei privati e dei trattamenti che non funzionano, in barba alla letteratura scientifica che afferma il contrario..
Quando è uscita questa fantomatica legge, ho pensato subito di fare una associazione di terapisti o studi che possano tutelare i propri diritti, ma non è servito a nulla perché quando ho sparso la voce tra i colleghi, questi rispondevano che non avevano intenzione di aderire perché erano inseriti bene nella realtà in cui si trovavano poiché le diagnosi venivano firmate sottobanco dalle asp. Io penso che il proprio lavoro possa dipendere da una persona o struttura che può voltarmi le spalle in qualsiasi momento, mi preoccuperebbe parecchio.
L’idea di creare un’associazione di professionisti che abbia dei rigidi parametri di qualità in ambito della diagnosi e del trattamento, che faccia direttamente l’interesse degl’iscritti a livello nazionale, possa essere in primo passo importante.
Purtroppo per comprendere realmente le dinamiche politiche del mondo dei DSA non basta l’ordine degli psicologi, ma occorre un ente che stia dentro a questo mondo e che tuteli i professionisti validi.
Cosa ne pensate????
salve dr. marco maria leonardi, spero che tu mi riconosca sono la dr.ssa marino da gela -psicologa- collaboro con te ad un’indagine-ricerca su un registro di rilevazione-disturbi inerenti alla dislessia. rileggendo ciò che hai su-scritto mi sembri molto scoraggiato e molto auto-svalutativo -COME MAI??? Abbiamo lavorato INSIEME ad altri colleghi, non esagero ma per almeno 6 mesi? —Mi sà che dobbiamo “andare fino in fondo” -non dobbiamo demordere!!! cosa ne pensi?
siamo tutti interessati ad ascoltare il “click” delle diapositive! “compresa io”. ciao collega.
Cari colleghi
sono psicola e psicoterapeuta come molti di voi.
Opero nella regione Lazio, in provincia di Roma.
Nelle scuole in cui ho avuto modo di lavorare la situazione è analoga, se non peggiore a quella descritta dal nostro collega.
Il corpo docente, nei casi in cui in classe vi siano bambini con Disturbi dell’Apprendimento necessità SEMPRE di una diagnosi certificata dalla Asl, in particolare dal servizio materno infantile, con conseguenze squalificanti per quanti operano nel privato e devastanti per i minori che ne sono affetti.
E’ “cattiva” norma infatti che tra la segnalazione (nei casi in cui avviene per consapevolezza del corpo docente…o buon senso???) alla Asl, la diagnosi e la restituzione passino mesi, se non addirittura un anno scolastico…con il nome del minore perso in qualche archivio del servizio della Asl…
Non aggiugno altro rispetto a quanto detto da tutti voi..lo condivido in pieno.
Dov’è l’Ordine ci chiediamo..Dove è sempre stato aggiungo io? C’è mai stato un Ordine che non si palesi solo con l’invio dei bollettini di pagamento e della rivista????
Ma il nostro beneamato e ben pagato ordine professionale cosa dice di tutto questo? e soprattutto come intende tutelare la nostra professione?
La posizione dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia:http://www.opl.it/showPage.php?template=news&id=547
Credo che sia totalmente giusto non relegare ad un singolo professionista diagnosi così “sensibili” e da supervisionare subito con altri colleghi. Basta con tutte queste diagnosi affrettate sui bambini appena non sono “esattamente come gli altri”. Mi sembra un buon modo per tutelare il minore, altro che Master e curriculum vari non interessano a nessuno, l’interesse è che il bambino non venga subito etichettato già a 7-8 anni.
forse non sa o no capisce che questa nuova legge serve proprio alle etichette a 5-6 anni. gli psicologi intervengono sempre su richiesta della famiglie e talvolta della scuola e il loro lavoro è a supporto del sistema perchè la “etichetta” diagnostica serve solo per avere gli strumenti compensativi e non ad aiutare il sistema famiglia. provi a parlare con chiunque abbia un figlio dislessico e vedrà che l’unica persona di cui parlerà bene è lo psicologo libero professionista che la segue, che è disponibile, che cerca sempre nuove soluzioni, e che organizza incontri con le insegnanti e lo psicologo dello SMIA (USL) “troppo impegnato per fare tutto ciò” e il bambino lo vede ogni 6 mesi se va bene..
i problemi sono altri non gli psicologi che da sempre fanno 5 anni di laurea, 4 di psecializzazione e master e corsi e ECM…
Ricordiamoci tutti che fino a che c’è libertà di scelta ci sarà selezione e professionalità, altrimenti monopolio
cordiali saluti
Ma l’ interesse di chi? e comunque non si tratta di etichette, ma di opportunita’. Proprio per avere i diritti di tutti ad apprendere e scegliere il proprio percorso. Per non parlare del vissuto di un piccolo che non riesce a imparare a leggere in un contesto in cui la lettura e’ il primo strumento per imparare e dunque sentirsi auto efficace. Se lavora nel settore forse ha avuto modo di accoglierlo. Pensa forse sia meglio celarsi dietro tutto questo? Ribadisco, nell’interesse di chi?
Anch’io concordo con la collega Marta, ci sono delle linee guida chiare e precise per porre diagnosi a cui ci si deve affidare. Penso poi che la coscienza personale oltre che, esserci scritto nel nostro codice deontologico, ci guidi all’invio del bambino da un’altra figura professionale se ci fosse la necessità di un chiarimeno per il quadro diagnostico, quello che non concordo è che per default sia stabilita un equipe multidisciplinare, aumenta i costi per tutti, spreca risorse riversabili in altri ambiti e la famiglia/bambino si vedono “sballottati” da una figura all’altra..
La diagnosi precoce non solo permette loro un’occasione di apprendimento efficace ma, anche il prevenire o comunque tenere sott’occhio ed eventualmente intervenire tempestivamente sui diversi problemi emotivi-relazionali a cui sono esposti con maggior incidenza, tra cui la disistima, o sintomi ascrivibili a possibili quadri ansiosi ecc..
Ordineeeeeee ….. Batti un colpo……!!!
Salve a tutti, mi sono laureata a dicembre in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione e sto facendo il tirocinio professionalizzante presso uno studio privato che si occupa principalmente di DSA. Abbiamo discusso a lungo di queste problematiche, delle quali purtroppo non sapevo niente, non se ne parla di certo all’università!
Mi sono ritrovata in questa realtà, che si è ovviamente riempita di dubbi e perplessità! Ad esempio, che senso ha avuto il mio corso di laurea?! Ha senso fare poi l’esame di Stato?! Perchè non c’è una tutela alla professione dello psicologo?! Non esercitando ancora la professione non posso entrare nel merito, ma per me è ancora più deprimente e svilente iniziare così!
Buongiorno a tutti, entro nel merito di questa discussione in quanto anch’io sto svolgendo il tirocinio post laurea (mi sono laureata nel corso magistrale Neuroscienze e riabilitazione neuropsicologica all’Università di Padova). Vorrei esprimere la mia preoccupazione in merito alla situazione che si sta delineando..dopo la laurea veniamo catapultati in un mondo del lavoro con prospettive ben diverse da quelle presentateci all’Università. Quindi la mia domanda è: che valore hanno 5 anni di Università? ha ancora senso investire in un anno di tirocinio per poter fare l’esame di stato e iscriversi ad un Ordine che sembra non lottare per tutelare la nostra professione? Faccio bene ad investire in un Master per acquisire nuove conoscenze se poi la realtà del mondo del lavoro è questa (ora riferita ai DSA, nel futuro forse ampliata anche ad altri ambiti..). Le mie sono considerazioni generali ma credo condivise da tutti gli studenti che con tanto entusiasmo e sacrifici desiderano intraprendere questa professione ma che troppe volte si chiedono il perchè di tante difficoltà e limitazioni.
Ho appena iniziato il tirocinio post-laurea in uno studio privato che si occupa soprattutto di disturbi dell’apprendimento, e ovviamente l’articolo 170 è stato ampiamente discusso. E’ una vergogna i limiti che vengono imposti alla nostra professione, dopo l’impegno e gli anni di studio spesi per poter esercitare al meglio e con competenza il nostro ruolo. Inoltre se per ora ci è tolta la diagnosi dei DSA chi ci dice che non verrà fatto lo stesso anche per altri disturbi, anche in altre fasce di età oltre che a quella dei bambini?????????????
E poi nessuno pensa alla fiducia e al rapporto, creatosi magari con difficoltà tra genitori e psicologo, che verrebbe in questo modo ulteriormente danneggiato??? E con quale certezza di poterlo ricucire?
Sono una psicologa e lavoro presso uno studio privato che si occupa principalmente di bambini con Dsa.
Ho potuto sperimentare direttamente l’efficacia del trattamento nel ridurre l’entità delle difficoltà dei ragazzi, ma anch’io mi chiedo a questo punto se non si faccia un danno al paziente nel sottoporlo ad un trattamento in quanto, una volta ridimensionati i parametri di gravità che avevano condotto alla diagnosi, non sarà più riconosciuto dall’ASL il disturbo e, di conseguenza, non verranno più garantiti gli strumenti compensativi a scuola, con ricadute sul suo ritmo di apprendimento e sulla valutazione.
Ma i DSA non sono disturbi che permangono anche se con diversa espressività o parziale compensazione???
Credo sia corretto che la certificazione di DSA (non la diagnosi) sia rilasciata esclusivamente dal servizio sanitario nazionale per almeno due ragioni.
1) Poichè chi mette a disposizione di persone con DSA benefici, risorse e misure è lo Stato, è corretto che lo Stato regoli nell’interesse della collettività l’erogazione di tali benefici, risorse e misure attraverso il sistema sanitario nazionale; del resto se io voglio accedere a benefici, risorse e misure messe a disposizione dallo Stato perchè sono ipovedente non è sufficiente un certificato del mio oculista privato, per quanto competente possa essere. Credo che la certificazione di DSA in mano al servizio sanitario nazionale non tolga in alcun modo professionalità allo psicologo. Capendo il risentimento delle persone che hanno un master o una scuola di specializzazione in ambito DSA, tuttavia non credo che esse abbiano investito in formazione per fare certificazioni ma per prendersi cura al meglio dei propri pazienti, e questo lo possono ancora fare.
2) Nella pratica clinica di ogni giorno vedo come alcuni colleghi psicologi (mi auguro la minoranza) facciano diagnosi di DSA senza rispettare le linee guida previste dalla Consensus Conference/Raccomandazioni cliniche 2011 sui DSA, per esempio con uno o due punteggi -1<z<-1.5 o con un solo punteggio z < -2 oppure in presenza di un QI sotto la norma valutato solo con il test di Raven oppure ancora senza neppure visionare i quaderni degli alunni valutati arrivando al paradosso di diagnosticare una disortografia senza che ci siano errori ortografici rilevanti nei quaderni della persona valutata, o addirittura basandosi solo sul colloquio con il genitore. Lascio immaginare ai lettori che cosa potrebbe succedere se "psicologi-non psicologi" come questi avessero la possibilità di rilasciare certificazioni per DSA.
Ci sarebbe da chiedersi perchè alcuni "psicologi-non psicologi" lavorano in questo modo. Avendoli visti all'opera ho ipotizzato che questi "professionisti-non professionisti" ritengono che i genitori, allarmati dalla diagnosi posta al loro figlio, accettino con maggior probabilità una proposta terapeutica da far pagare a caro prezzo. Credo che questi "psicologi-non psicologi" ragionino nel modo seguente: un genitore con un figlio "malato" (con diagnosi) è più propenso a spendere soldi e tempo rispetto a un genitore con un figlio non malato (senza diagnosi ma magari con una difficoltà di apprendimento). Voi condividete questa modalità di lavoro? Io certamente no e segnalerei questi psicologi all'Ordine.
Per non parlare del tipo di trattamento che questi "psicologi-non psicologi" propongono: lungo, dispendioso in termini di soldi e tempo e privo di evidenze scientifiche o, ancora peggio, da evidenze scientifiche fatte in casa (cioè di cui loro stessi sono autori); secondo voi un venditore di assicurazioni che vuole vendervi la sua assicurazione cosa vi dirà? Ovviamente che lui ha tutte le prove per dimostrarvi ch la sua è la miglior assicurazione che potete stipulare! Ecco questi "psicologi-no psicologi" fanno come i venditori di assicurazioni, ma vendono trattamenti. Lascio immaginare ai lettori che cosa potrebbe succedere se "psicologi-non psicologi" come questi avessero la possibilità di rilasciare certificazioni per DSA.
Concludo qui il mio intervento in questa discussione sebbene tanto altro ci sarebbe da dire sulla legge 170, gli interessi di medici e psicologi dentro e fuori il servizio pubblico e le università e le case editrici.
Un grande in bocca al lupo a tutti gli psicologi che con professionalità e onestà intellettuale cercano di portare avanti la loro professione in un periodo di crisi come questo!
Personalmente concordo sulla necessità di una diagnosi multidisciplinare…. sono una psicologa, ma sono anche una logopedista e devo dire con tutta onestà che entrambe le professionalità sono importanti per una diagnosi e soprattutto per una riabilitazione corretta…. nei soggetti con dsa c’è tutto un mondo fatto di linguaggio anche pregresso alla scolarizzazione che è chiaramente competenza della logopedista indagare, ma anche un mondo di emozioni, stili di apprendimento, funzionamento cognitivo caratteristico e via dicendo che le famose due deviazioni standard spesso non dicono…certo la burocrazia che poi vi è stata sovrapposta non fa bene anzitutto al bambino con DSA, a volte è solo questione di timbri, con lungaggini e peripezie che molti nostri pazienti conoscono bene…..ma la legge ben venga, perchè mette chiarezza e tutela il bambino, garantendogli tutte quelle cose che a voce come operatori diciamo da anni, ma ahimè non sempre hanno trovato interlocutori disponibili…. e se guardassimo con un po’ di attenzione, forse in fondo quello che si potrebbe portare a casa da questa legge è un invito al lavoro di equipe e al confronto multidisciplinare, che altro non è che il tentativo di cogliere la complessità del bambino che abbiamo di fronte……
buon lavoro a tutti!
che tristezza..sempre peggio..a questo punto tanto vale davvero chiudere i corsi di laurea in psicologia, le scuole di specializzazione e tutti i corsi e master connessi..purtroppo stiamo andando nella direzione in cui da soli non potremo più fare nulla, la diagnosi di DSA va fatta con neuropsichiatra e logopedista..le diagnosi neurologiche (giustamente, eh!) le fa il neurologo e il neuropsicologo si limita a fare i test cognitivi..tra poco anche le varie patologie del dsm dovranno essere diagnosticate sempre anche dallo psichiatra..a quel punto psicologo, neuropsicologo e psicologo specializzato in psicoterapia si dovranno limitare ad effettuare una minima parte del lavoro e saranno obbligati a fare riferimento ai “superiori”..triste triste triste
Io credo che non ci sia in gioco un problema di riconoscimento professionale degli psicologi (o di qualunque altra categoria), ma un più banale tema economico: oggi una certificazione come quella sui DSA vale denaro, nel senso che una ASL o un servizio sociale comunale (dipende dalle regioni) devono sborsare denaro pubblico per pagare l’assistenza scolastica e clinica una volta che è stata rilasciata.
Se le nuove normative dalla 170 alle leggi regionali hanno come obiettivo la regolazione delle diagnosi di DSA ai fini della copertura economica delle cure con denaro pubblico, è anche logico che sia l’ASL a rilasciarle.
Questo non vuol dire che lo psicologo non sia abilitato a fare diagnosi di DSA: lo è, ma la sua diagnosi rilasciata in contesto privato non ha valore di certificazione, non è valida per ottenere la copertura delle spese di assistenza (a scuola, alla NPI, etc.).
Succede la stessa identica cosa con l’invalidità per motivi psichici: la diagnosi di psicologi e psichiatri privati può essere presa in considerazione per valutare la situazione della persona, ma da sola non è titolo per ottenere il punteggio di invalidità e il relativo trattamento economico. L’unica certificazione diagnostica valida la fa (ed è giusto che sia così) una commissione ASL multidisciplinare: psichiatra, medico, rappresentante delle associazioni invalidi (!), assistente sociale, dirigente SerT se c’è tossicodipendenza, e via di seguito.
Che la valutazione sia per forza multidisciplinare è prassi nelle valutazioni di questo tipo: è sempre una commissione, un organo collegiale che valuta, mai un singolo. E non perché una singola categoria professionale sia incapace e abbia bisogno di ausilio (ecco il complesso di Calimero degli psicologi!) ma perché decisioni di rilievo clinico e anche economico vanno prese in modo collegiale.
Pensiamo a che potrebbe succedere se un professionista privato potesse rilasciare diagnosi vincolanti per l’erogazione di assistenza da parte della scuola, del comune o dell’ASL: in poco tempo la spesa sanitaria andrebbe del tutto fuori controllo.
Quello che come sempre mi fa specie è che gli psicologi:
1) ritengano di stare al centro dell’universo, per cui ogni cosa la rferiscono a se stessi e non guardano il contesto
2) trascurano con superba ignoranza gli aspetti economici, giuridici e amministrativi, che sono parte integrante della clinica (diagnosi e terapia)
Mi spiace che la nostra categoria venga attaccata come superba, come se stesse difendendo un privilegio che non le spetta.
La diagnosi è un elemento della professione di psicologo, pertanto è legittimo interrogarsi su una legge che non ha distinto i termini tra DIAGNOSI E CERTIFICAZIONE.
Noi a Roma siamo un passo avanti a tutti …
Già ci stiamo abituando a stare sotto a Medici e Logopedisti nella Facolta’ di Medicina e Psicologia…
Meno male che abbiamo un collega come vice rettore (si dice così ?) dell’Università.
Grazie si cuore … (s’è capito il sarcasmo?)
Salve,
sono una psicologa e lavoro presso uno studio privato che si occupa principalmente di Dsa.
Ringrazio “lo psiocologo derubato della propria identità” per quanto scritto sopra e per le riflessioni che ha indotto in quanti svolgono la nostra professione. Con i miei colleghi è stata un’ulteriore occasione di confronto…che ormai è in corso da quando è nata la legge 170.
E allora mi domando: ma perchè questa legge deve farci sentire come se lavorassimo nell’illegalità per cui il nostro lavoro ha bisogno di essere “controllato” da altri? Secondo voi le competenze acquisite in 5 anni di università, un anno di tirocinio, esperienze dirette sul campo, il confronto con i colleghi e un aggiornamento professionale costante con master, scuole di specializzazione o altri corsi non sevono a garatire una qualità della nostra professionalità?
Alle volte mi trovo a rapportarmi con genitori che non si fidano e non si affidano…perchè se l’asl non convalida un diagnosi privata ha sbagliato lo psicologo privato (che magari ha lavorato con professionalità, investendo tempo e risorse per fare una diagnosi accurata rifacendosi alle Linee Giuda previste dalla Consensus Conference)? chi supervisiona il lavoro dell’asl?…tutto questo ha delle ricadute non indifferenti sul paziente e la famiglia, che oltre ha perdere fiducia nello psicologo, deve affrantare un ulteriore valutazione diagnostica, con costi aggiuntivi, tempi di attesta differenti, e riperussioni negative anche in ambito scolastico!
Ciao sono Carla, mi trovo d’accordo con la collega!!Trovo assurdo che ci venga tolta la diagnosi, ma soprattutto l’ordine che sta facendo?? perchè cari colleghi qui bisogna muoversi e al più presto mobilitarci in questa battaglia.. insieme possiamo fare molto.. e soprattutto perchè versiamo una quota all’ordine se poi non ci tutela?? dobbiamo unirci e lottare perchè basta sorprusi e silenzi.. gli psicologi ci sono per non parlare di questi consuling che non fanno altro che creare confusioni.
Anch’io concordo con le colleghe, mi sento, (concedetemi il termine) “abbandonata” dal mio ordine professionale. Nella mia mente, forse troppo idealista, mi sarei aspettata che intervenisse e che ci difendesse, mi chiedo se loro non si sentono depredati. Io si, mi sento privata di una mia competenza, di una parte della mia professione; per che cosa ho studiato tutti questi anni? La diagnosi non fa parte delle nostre mansioni??? Qual’è la differenza tra uno psicologo che lavora come psicologo privato o come psicologo pubblico?
E’ veramente sorprendente che l’Ordine professionale non si esprima su queste questioni, a tutela dei professionisti che hanno sempre operato seguendo le linee guida e continuando ad aggiornarsi!!!
Salve,
anch’io come alcuni di voi, lavoro nell’ambito dei disturbi dell’apprendimento e vi dirò che stiamo cercando chiarezza da quando è uscita la legge 170. Ha innescato notevoli problematiche (anche se il tentativo iniziale dei fautori di questa legge era sicuramente fatto con le più lodevoli intenzioni). La cosa che mi rende più dispiaciuta è vedere i genitori, confusi, impauriti e alcuna volte anche arrabbiati.. é difficile spiegare loro il perchè di tante cose, soprattutto quando magari per anni, le cose sono andate bene e si riusciva con la collaborazione di tutte le figure/istituzioni che “giravano” attorno al bambino a mettere in atto un progetto comune che funzionava bene. Poi sicuramente c’è da mettere in conto come ben lascia intendere la lettera del collega iniziale, lo sconforto di molti di noi che si sono formati per anni con l’idea si di acquisire competenze specifiche, ma anche con l’intendo di essere una risorsa più che valida per le persone che sono in difficoltà.
Sono uno psicologo e ho lavorato, per mia fortuna, per anni sia nel pubblico che nel privato, e volevo portare alcune mie riflessioni sperando possano essere utili alla discussione interessante e vivace che si sta sviluppando. Cercherò di dare sistematicità al mio intervento.
1. La multidisciplinarietà e la multi professionalità nascono come capacità di cogliere sfaccettature di una medesima situazione. Concordo. Ma diverso è dire se tali multi professionalità appartengono nel caso specifico necessariamente a percorsi formativi diversi da quello dello psicologo.
La mia situazione: io neuropsicologo collaboro con colleghi psicoterapeuti con grande esperienza nella diagnosi e psicoterapia in età evolutiva: la nostra è una diagnosi spesso a 4 o più mani! E non si esclude l’invio al logopedista (se necessario) o al neuropsichiatra (se necessario) pur mantenendo la nostra presa in carico prevalente.
Credo che la professione dello psicologo, come quella del medico, abbia al suo interno diverse articolazioni e declinazioni nate per favorire l’acquisizione di competenze e la loro messa in opera in modalità “specialistica” ovvero “esperta” : così come un gastroenterologo e un neurologo possono confrontarsi su un paziente comune, ed arricchire le reciproche visioni, così un neuropsicologo e uno psicoterapeuta! Mi sembra che ogni specialista inglobi in sé, in quanto specialista, la possibilità e il dovere di saper dirimere una complessità diagnostica “specialistica” riconoscendo quando e come inviare per un consulto o per una presa in carico di altri professionisti in modo unilaterale o multidisciplinare…che questi specialisti siano altri psicologi (questo è spesso il mio caso) piuttosto che neuropsichiatri o logopedisti.
La competenza del “dirimere” credo che sia la differenza! e infatti la legge 170/2010 valorizzava le figure dei due specialisti della diagnosi, psicologo e neuropsichiatra, ma non enfatizzava la necessità della complementarietà…
Personalmente non riesco a trovare motivazioni scientifiche alle forzature successive visto che da sempre le tre figure collaborano e costituiscono una equipe “sul caso” senza che necessariamente debbano essere vincolate in “matrimonio”..
2. Onestà intellettuale nel riconoscere la propria specificità: Ci sono aree di sovrapposizione storiche tra psicologi e logopedisti nella diagnosi e intervento in caso di ritardo nel linguaggio, tra psicologi e neuropsichiatri per la diagnosi e intervento in caso di psicopatologia…così come ci sono aree quali ad es. disturbi fono-articolatori del linguaggio su cui come neuropsicologo non entrerei mai e che invio, gravi psicopatologie ove la terapia farmacologica risulterebbe ideale complemento alla psicoterapia, che invio….
Mi aspetto ovviamente che neuropsichiatra e logopedista facciano lo stesso con me qualora vi sia necessità di una diagnosi psicologica e neuropsicologica o di una psicoterapia, e questo in base alle indicazioni di una letteratura scientifica che identifica delle aree di specificità pur nella sovrapposizione di più formazioni diverse in professioni diverse!
3. Un matrimonio forzato…: Se condivido l’idea che collaborare con più figure professionali arricchisca il mio lavoro come persona e come professionista, devo esprimere un dubbio circa il fatto che unendole “in matrimonio forzato” si lavori meglio, mi sembra che ciò confonda lo strumento con gli obiettivi. Un’unione positiva presuppone obiettivi comuni, rispetto, utilità per tutte le parti, e, nel caso specifico, per l’utenza, che deve essere al centro dei nostri pensieri.
Una unione forzata e determinata forse da altri “modelli di funzionamento teorici” (quali?) non facilita la comunicazione e l’integrazione, semmai la blocca a discapito dell’utente e rischia di trasformarsi in un meccanismo farraginoso, lento, poco efficace ed efficiente, cosa di cui i nostri utenti non hanno certo bisogno.
4. Una cultura comune che rinforzi tutti gli specialisti nell’adempimento delle proprie specificità:
Perché semplicemente non richiedere a qualunque specialista, pubblico e privato alla pari, medico o psicologo alla pari, una formazione minima necessaria post lauream anche comune, vista la complessità più volte ribadita della diagnosi di DSA?
Lo strumento della multi (disciplinarietà o professionalità) senza una cultura che lo sostiene è a mio avviso inutile, dannoso e sterile! dire che c’è un’equipe intendendo che il medico o lo psicologo visionano o avvallano con una firma l’operato di altri operatori non è a mio avviso “equipe”. Presupporre che solo in equipe si possa porre diagnosi temo dunque non sia la soluzione..…cominciamo a confrontarci quando necessario e poi esisterà un’equipe…
5. Una proposta forse ingenua: perché non richiedere che solo per i casi ove vi siano più figure effettivamente coinvolte (perché in quel caso, dunque non in tutti!, lo specialista pubblico o privato a cui la famiglia si è rivolta ha ritenuto di coinvolgere altri nel percorso di quel bambino) “per legge” debbano incontrarsi in una riunione e confrontarsi sul caso, presenti anche i genitori, almeno una volta l’anno?
Che siano pubblici, privati, medici, psicologi o logopedisti che la legge li obblighi a parlarsi onestamente e rispettosamente mettendo al centro del loro mondo per un’ora quel bambino, e che ciò venga verbalizzato in presenza dei genitori,..una sorta di UVMD insomma….per me questo metterebbe veramente al centro il paziente..senza complicare e spezzettare la presa in carico da parte dello specialista …
Concordo con la collega, mi sembra la via giusta quella della multidisciplinarità nei casi dove però ce ne è l’esigenza, come concordo sul confronto continuo con le varie figure/istituzioni che “girano” attorno al bambino almeno una volta all’anno. Logicamente tutte le parti devono parlare un linguaggio comune, per condividere un progetto e per far permettere che ognuno metta a disposizione le proprie risorse. Ricordiamocelo che queste sono delle persone che possono compensare le loro difficoltà, ad esempio se affrontano dei trattamenti neuropsicologici (di comprovata efficacia) migliorano le loro prestazioni e le loro compentenze e questo fa attivare un circolo di eventi positivi, non ultimo il migliorare la loro percezione di padronanza e quindi la percezione di se (alla base dell’autostima), cosa che spesso manca e che spesso fa mettere in atto comportamenti di autoboicottaggio o evitamento. Ricordiamoci anche, che l’espressione del disturbo può cambiare col tempo e che quindi, vanno seguiti anche a distanza di tempo, magari anche con semplicemente delle “visite di controllo” per vedere come procedono le cose.
allora: 3 o 4 anni fa alcuni di noi anziani, frai quali io e Deliana Bertani, abbiamo preso posizione contro l’ordine dell’Emilia e Rom. che non aveva mosso un dito “per ragioni politiche” (parole della Prsidente –> eravamo stotto elezioni) quando la certificazione qui in Emilia ci è stata sottratta dalla Regione a favore dei medici legali (!!!!!!).
Certificazione che facevamo da sempre!!!!!
La Chiara Santi lo sa! perchè allora Altrapsicologia emiliana – per un piatto di lenticchie – non ha detto NULLA in proposito.
E poi vi lamentate se la gente qui in Emilia non va più a votare!!
Fate una bella autocritica ragassuòle! e poi torniamo a parlare!!
qualcuno mandi una segnalazione alle IENE, magari si risolve di più in questo modo…
Salve a tutti, sono una terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva,sono libera professionista e in oltre presto servizio di volontariato presso un dipartimento di neuropsichiatria infantile (centro diagnostico territoriale)in provincia di Latina. Permettetemi di dirvi che purtroppo siamo arrivati ad un punto dove c’è una grande confusione dei ruoli professionali e delle relative competenze e questa confusione deriva dalla cattiva organizzazione del Ministero credo che, come nel mio caso, “mette in piedi” corsi di laurea professionalizzanti, ma non li tutela nell’ambito lavorativo e non detta delle linee di confine tra le singole figure. La mia figura professionale mi permette di lavorare con pazienti in età evolutiva affetti da diversi disturbi e patologie dello sviluppo, ma molto spesso mi trovo privata della mia professionalità da psicologi, logopedisti, educatori e fisioterapisti che non riescono a comprendere bene qual è la loro linea di confine e che per ignoranza dell’opinione comune gli è concesso operare. Io credo fermamente che la figura dello psicologo sia indispensabile e un tassello fondamentale al fine di una corretta diagnosi di DSA e non solo, per valutare gli aspetti cognitivi ed emotivi del bambino (che non sono da mettere in secondo piano), ma che la diagnosi spetti però ad un medico in colloquio con un equipe multidisciplinare! così come la somministrazione di test che valutino le competenze scolastiche sia del terapista e non degli psicologi, dei logopedisti o degli educatori. Tutti noi abbiamo la possibilità di acquisire nuovi strumenti di conoscenza per accrescere la nostra professionalità ma dobbiamo farne buon uso e saperli utilizzare correttamente!Purtroppo manca un pò di umiltà in tutti noi che cerchiamo di voler fare tutto da soli….
Non riesco a comprendere come figure al di fuori del terapista, che ha speso il tempo a studiare ESCLUSIVAMENTE il trattamento IN ETA’ EVOLUTIVA dei disturbi motori, neuromotori e neuropsicologici possa essere sostituito da altre figure che invece hanno studiato in relazione all’età adulta!!!! non basta fare un corso di 2 gg o un master per trattare un bambino! io ho impiegato 3 anni di studio!!!lo psicologo dell’età evolutiva si dovrà occupare del disturbo psicopatologico associato, della terapia psicologica e della relazione e del sostegno alla famiglia, non della diagnosi o della riabilitazione! il logopedista in età evolutiva dovrà occuparsi dei disturbi di articolazione del linguaggio di origine anatomica e non di quelli cognitivi o dei DSA che spettano al terapista!! il fisioterapista dovrà occuparsi della riabilitazione in età evolutiva per scoliosi, post operatorio ma non di un bambino con ritardo neuro psicomotorio o paralisi cerebrale dove il problema è la spasticità legata ad un danno cerebrale!!!!un terapista come me non può inventarsi di lavorare (come fanno in molti) con l’adulto o con gli anziani, è impensabile perchè vi assicuro che non ne abbiamo affatto esperienza!!!quindi credo che ognuno di noi debba essere consapevole dei propri limiti, non pensare al proprio guadagno e che la parola d’ordine sia: COLLABORAZIONE!purtroppo la colpa non è la nostra ma del sistema che è sbagliato!io personalmente sono delusa e demoralizzata…spero che le cose cambieranno presto.
Saluti
solo una precisazione, da quando in qua il logopedista si occupa solo di disturbi dell’articolazione di origine organica?
per chiarezza: il logopedista si occupa di tutti i disturbi del linguaggio, siano essi di origine organica, neuropsicologica o anche psichica ( con le dovute cautele, chiaramente…) e il linguaggio non è solo articolazione di suoni ma è anche comprensione, relazione, strumento del pensiero e mezzo di apprendimento, per questo che il logopedista si occupa dei DSA… e quando dico si occupa intendo sia diagnosi- con onestà per la parte che gli compete, senza sconfinare nè nella pseudo-psicologia nè nel freddo tecnicismo- che terapia… poi concordo perfettamente che la complessità dell’età evolutiva con un bambino portatore di difficoltà richieda un intervento competente, sia esso dello psicologo, del neuropsichiatra o del terapista, e certamente ho imparato negli anni (ormai una ventina come logopedista e una decina da psicologa) che il confronto e il rispetto delle altrui professionalità è ciò che garantisce la buona qualità del lavoro.
Effettivamente sollevi un problema reale. Lo psicologo, a priori, può lavorare con tutte le persone in tutte le condizioni senza che nessuno, salvo la propria coscienza professionale e umana (spesso messa a tacere, perchè c’è il mutuo da pagare), possa dire “A”. Ciò è drammatico, ed è uno dei motivi per cui lo psicologo è continuamente sottovalutato e bistrattato…come fai a sapere tutto? L’università non forma a nulla, basta vedere su che manuali studiamo. Hai quindi perfettamente ragione, tu con la tua triennale sei di fatto più competente ad operare nell’ambito DSA, anche senza pomposità della minkia come esame di stato (una boiata burocratica) e iscrizione all’albo (un salasso economico). L’indirizzo psicologia dell’età evolutiva ha 2-3 esami diversi rispetto agli altri indirizzi che nulla di specifico formano nello studente, è tutto lasciato all’improvvisazione successiva, a qualche master di dubbio valore, e a tanta gavetta sul campo….ma quest’ultima devono farla tutti, mica solo lo psicologo…grazie per l’umiltà.
Credo che noi Psicologi dovremmo batterci per ottenere maggiore centralità e autonomia nel SSN, per migliorare la qualità degli interventi, sviluppare la ricerca e non limitarci ad essere dei semplici “consulenti” anche quando lavoriamo dentro il servizio Pubblico.
Il nostro lavoro, come del resto quello degli psichiatri, logopedisti e neuropsichiatri, è condizionato dalla pressione delle case farmaceutiche e da alcuni privati spregiudicati che hanno l’interesse a incrementare la “domanda” di diagnosi sui bambini.
Ricordo che nel 1999 la DEA (Drug Enforcement Administration) ha annunciato che dal ’90 al ’95 il Ritalin era sestuplicato (il ritalin è uno stimolante a base di metilfenidato, un derivato anfetamino-simile somministrato per “calmare” bambini e adolescenti troppo esuberanti e per questo sofferenti dell’ADHD ossia la sindrome da Iperattività e deficit di Attenzione). Per questo la Norvartis, l’Associazione Psichiatrica Americana e il CHADD un gruppo di genitori che ricevono soldi dalle industrie farmaceutiche sono stati citati in giudizio. Gli avvocati coinvolti sono gli stessi che hanno sostenuto le battaglie contro il tabacco e l’amianto.
La nostra professione deve operare in alternativa alla “formulazione della diagnosi”, deve avere un ruolo particolare nell’intervento multidisciplinare, in grado di fornire soluzioni psicologiche ed interventi ai problemi richiesti.
Per avere una centralità e un’autonomia nel SSN la nostra formazione deve partire nel lavoro all’interno delle strutture pubbliche, adeguandosi ai Paesi Europei avanzati e non attraverso il pagamento privato di una scuola di specializzazione.
In Inghilterra, si può operare nel privato (abilitati alla formazione di Società private) solo dopo aver seguito un tirocinio retribuito per tre anni nel Servizio Pubblico. Tirocinio che vale come abilitazione e incarico di ruolo.
Seduta della Conferenza Stato-Regioni del 25 luglio 2012
1) Accordo tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano concernente la diffusione nelle scuole di ogni ordine e grado dei progetti e delle azioni di innovazione didattica. SANCITO ACCORDO
1bis) Accordo tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano su “Indicazioni per la diagnosi e la certificazione diagnostica dei disturbi specifici di apprendimento” (DSA) SANCITO ACCORDO
http://www.statoregioni.it/dettaglioDoc.asp?idprov=10938&iddoc=37330&tipodoc=18&CONF=CSR
Diagnosi solo multidisciplinari e solo ASL o di Centri Accreditati.
Personalmente penso che sia solo una questione di prepotenza “politica” e forza corporativa, di certi ordini rispetto ad altri, medici, psichiatri e neuropsichiatri sono forti, l’ordine degli psicologi non sembra contare molto, se non per le “piccole” lotte d’abuso della professione nei confronti del counselling, battaglia peraltro oggi persa, in quanto il 19 Dicembre 2012 la X Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati ha approvato la Legge che regolamenta le Associazioni delle Professioni non organizzate in Ordini o Collegi (AC 1934-B).
La Legge affida alle Associazioni Professionali, organizzazioni a carattere privatistico ad adesione volontaria, il compito di valorizzare le competenze dei professionisti ad esse iscritte, attraverso il rilascio di una attestazione di qualificazione professionale e individua nell’UNI, Ente privato Riconosciuto dallo Stato, il compito di stabilire e normare i criteri professionali anche dei Counsellors e degli Arte Terapeuti ( Musicoterapeuti, Danzaterapeuti, Arteterapeuti e Teatroterapeuti)quindi esperti in riabilitazione con tecniche espressive. Tornando alle competenze rispetto all’argomento della diagnosi e certificazione dei disturbi dell’apprendimento, ma la stessa considerazione vale anche per le disabiltà cognitive, credo non vi sia essenzialmente il rispetto per chi è portatore del disturbo e dei genitori che dovrebbero avere la libertà di scegliere il professionista o i professionisti per giungere ad una diagnosi ed anche certificazione, senza necessariamente essere obbligati a passare nell’iter burocratico del SSN. Ritengo che gli psicologi siano le professionalità più qualificate in tal senso in quanto in grado di effettuare indagini sistemiche che nessun altro ( neuropsichiatri, logopedisti, tecnici della riabilitazione ecc)siano in grado di effettuare, considerando le elevate comorbilità con i disturbi d’ansia ed anche con difficoltà in ambito relazionale. Rispondendo ai logopedisti, di indubbio valore professionale ed anche ai tecnici della riabilitazione, posso solo eccepire che un laureato in tecniche psicologiche per i servizi alla persona e alla comunità, non ha niente da imparare da loro, per quanto riguarda la riabilitazione e la rieducazione funzionale, considerato oltre ai 36 esami, al lungo tirocinio ed alla incommensurabile fatica per affrontare l’albo B.Il nostro è un sistema povero, protettivo ed ingessato e gli psicologi sembrano essere diventati almeno in Italia, ben diversamente in Francia o Germania, le “cenerentole” dei laureati. Forse è giunta l’ora di cambiare, sollecitando l’ordine ad una maggiore riflessione e modernizzazione, sia per gli iscritti all’albo B che all’albo B.
Ciao a tutti! Sono una psicologa in cerca di formazione sui DSA, gia’ abilitatae iscritta all’ albo.Chiedo a chi gia’ lavora in questo campo: mi consigliereste corsi o master a Milano? Scusate l ‘ intrusione in questa discussione ma ho visto che hanno scritto molti colleghi gia’ esperti e ahime’ l’ albo non mi ha dato nessun riferimento( mah!)!!!!! Grazie
Psymo
Cara Collega, puoi trovare uno spazio di confronto molto vivace in questo gruppo facebook, aperto dalla nostra Stefania Vecchia e molto frequentato da colleghi esperti nel settore.
http://www.facebook.com/groups/327198267361447/?fref=ts
Io sono molto amareggiata…perché l’albo degli Psicologi (in questo caso della campania)ha permesso che valessero solo le diagnosi effettuate da equipe?se io rispetto tutti i criteri diagnostici, effettuo un test intellettivo e tutte le prove necessarie per diagnosticare un dsa,perché la mia relazione non può essere “validata” dall’asl?
Onestamente questa storia dell’equipe multidisciplinare non mi convince…sono sempre i “grandi” e quelli politicamente più forti a lavorare.. e il piccolo libero professionista? In più le equipe sono molto care e talvolta le asl non possono fare diagnosi perché non hanno personale e/o strumenti…cosa deve fare la gente che non può permettersi una valutazione dell’eqipe?chi ci va sempre di mezzo? Mi piacerebbe vedere più onestà…giustizia. ..ma nel campo della psicolone vedo sempre meno…e l’albo non tutela noi psicologi o comunque una gran parte di noi…
la parola supervisione non le suggerisce nulla?