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L’intervento sui DSA e i BES, e il più ampio ambito del settore della psicologia scolastica, conosce progressive criticità ben note agli esperti di settore.
Come noto, l’attività psicologica relativa ai DSA ha conosciuto un momento di importante strutturazione con la L.170/2010, e il combinato disposto che deriva da quella, dal Decreto Attuativo 5669/11 e dalle varie Leggi Regionali che hanno dettagliato (a volte in modo un po’ eterogeneo) l’implementazione delle relative previsioni di legge a livello locale.
Un intervento quadro, che ha avuto il merito originario di dare forma organica al riconoscimento e presa in carico dei DSA nel sistema scolastico italiano.

Ma rimangono numerosi problemi aperti.

La gestione dei BES, in particolare, si muove in uno spazio a volte non ben definito, normato prevalentemente a livello di Direttive, Circolari MIUR e Determine dei dirigenti locali.

La “polisemia funzionale” dei BES rappresenta un mare magnum di non semplice inquadramento e gestione, che mette sullo stesso piano disturbi evolutivi e situazioni di svantaggio linguistico, socio-economico e culturale, spesso lasciata sostanzialmente in mano alla buona volontà di docenti e personale scolastico dei singoli Istituti, con scarso supporto e formazione specifica.
La stessa normativa – quadro sui DSA, quella L. 170/2010 che pure ha rappresentato un “salto strutturale” nella gestione degli stessi, necessita ormai di una “messa a punto” ed attento aggiornamento quasi dieci anni dopo la sua entrata in vigore; anni che hanno permesso di evidenziarne “sul campo” punti di forza e criticità, ma anche anni che hanno visto un rinnovamento delle conoscenze scientifiche in questo ambito.

Rispetto alle criticità, i ritardi nelle certificazioni pubbliche sono ad esempio un tema cruciale.

Centinaia se non migliaia di valutazioni DSA attendono periodi prolungati per poter essere eseguite nelle ASL, spesso con attese di moltissimi mesi (quando una valutazione tempestiva è invece essenziale per l’accesso ai benefici di legge, alla stesura del PDP, all’ottenimento delle misure compensative e dispensative… con impatti strutturali sul percorso di apprendimento del minore), mentre le diagnosi emesse da privati non accreditati (attraverso procedure diverse definite a livello di politiche regionali) non vengono prese in considerazione dagli Istituti scolastici per l’accesso ai benefici di legge, nonostante siano state eseguite da professionisti abilitati e con specifiche, approfondite, formazioni post-lauream di merito.

Quello che forse fino ad ora è mancato è un decisore politico-professionale nazionale (il CNOP) capace di esercitare una forte interlocuzione con il MIUR e il Parlamento, con il supporto tecnico-scientifico delle principali realtà scientifiche di settore (e in Italia abbiamo, come noto, associazioni e ricercatori di levatura internazionale), al fine di intervenire in modo incisivo su queste criticità.

Criticità che non permettono un pieno dispiegamento delle potenzialità di valutazione, prevenzione ed intervento della Psicologia sui DSA e sui BES; che creano ritardi e disservizi a decine di migliaia di studenti che necessiterebbero – anche più di altri – di un supporto specifico e qualificato; che lasciano nell’ansia decine di migliaia di famiglie; che impattano disfunzionalmente sul pieno raggiungimento degli obbiettivi formativi del sistema scolastico nazionale per tutti i bambini e ragazzi – e in particolare per coloro che presentano qualche difficoltà in più.

AltraPsicologia riconosce questo come un settore strategico per il futuro della professione in Italia e intende lavorare intensamente, in profonda sinergia e con la consulenza costante delle principali associazioni scientifico-professionali di settore, per posizionare gli Ordini regionali e il futuro Consiglio Nazionale come interlocutore istituzionale determinato, che operi energicamente per un aggiornamento legislativo del settore sostenendo un’azione di lobbying normativa.

Oltre alla revisione tecnico-normativa del framework “DSA/BES”, due punti ulteriori e paralleli si presenta come potenzialmente esplorabili da parte del prossimo CNOP: la problematica dello psicologo scolastico e degli Sportelli d’ascolto da un lato, e la gestione della Classe del Sostegno scolastico.
Chiariamoci: sono temi molto diversi, da un punto di vista professionale e normativo – e noi psicologi per primi dobbiamo evitare di confonderci in merito.
Il docente di Sostegno ad esempio non è, e non va a fare “lo psicologo” (anche se laureato in Psicologia).

Sul tema della psicologia scolastica, di cui si parla da decenni con scarsi esiti, vi sono importanti passi che possono e devono essere intrapresi.

Uno dei primi è quello della gestione degli “Sportelli d’Ascolto”: esperienze a volte effimere e al contempo complesse, ma che rappresentano una importante finestra di monitoraggio, prevenzione e intervento precoce per la popolazione scolastica nazionale.
Purtroppo, troppo spesso le Scuole aprono tali “Sportelli” a figure non qualificate, e spesso ignare della complessità di tali interventi; non sono rari bandi per “counselor” o altre figure prive di abilitazioni pubblicistiche, che si trovano così a gestire processi emotivi, famigliari e relazionali di chiara natura psicologica.

Sono necessari interventi di sistema, a livello di interlocuzioni attive e costanti con gli Uffici Scolastici Regionali e le Dirigenze locali, per creare in modo determinato chiarezza a cascata su questo tema delicatissimo.

Ma anche sul tema del Sostegno, si può ipotizzare la costruzione progressiva di un equilibrio “Win-Win” tra adeguato posizionamento lavorativo dei laureati in psicologia e possibilità di garantire un servizio di qualità alla cittadinanza ed al sistema scolastico.
Il fatto che a svolgere i delicati compiti del Sostegno (che spesso impatta su situazioni di BES e/o DSA) nelle scuole italiane siano laureati in Architettura, Lettere, Astronomia o Scienze Naturali, che di psicologia dell’apprendimento, pedagogia speciale e psicologia delle disabilità sanno per definizione poco o nulla (se non i sinteticissimi rudimenti dei percorsi abilitanti), crea un paradosso sempre più inaccettabile.
Da un lato abbiamo una pletora di laureati in psicologia ampiamente qualificati nella dimensione della psicologia scolastica, dello sviluppo e delle disabilità, con anni di formazione universitaria specifica e lunghi tirocini di merito; ma pochissimi di questi hanno poi modo di diventare docenti di Sostegno. Dall’altro, le esigenze di migliaia di bambini e adolescenti con difficoltà anche significative vengono “tamponate” con docenti provenienti da percorsi completamente avulsi da tali background – e che, pur impegnandosi con buona volontà e sensibilità personale, non hanno il livello di expertise tecnico-professionale che hanno invece psicologi di ambito scolastico-disabilità.
Come dice la famosa battuta, è come mettere “i muratori in cucina e i cuochi in cantiere”: non ha senso né per cuochi né per muratori, e nemmeno per chi mangia nella mensa o vive nella casa.
Questo mancato incontro tra “domanda di competenze specialistiche malamente soddisfatta” e “ampia disponibilità inutilizzata di competenze specialistiche” è una criticità del sistema scolastico su cui – come categoria – non possiamo esimerci dal provare a intervenire in modo determinato, con il decisore politico ed il legislatore.
Prevedere che – a parità di altri requisiti – l’accesso alle Classi del Sostegno sia prioritizzato a livello nazionale ai laureati in Psicologia (e Scienze della Formazione) proprio al fine di garantire un servizio migliore e più specifico a decine di migliaia di cittadini italiani, è un punto su cui il futuro CNOP a maggioranza AltraPsicologia può e deve impegnarsi con rigore, tramite lobbying attiva, reti interprofessionali, interlocuzioni col MIUR e attento lavoro politico per stimolare in tal senso il legislatore.

In sintesi: ci serve, dopo tanti anni di promesse cadute nel vuoto, un intervento organico di solido impulso alle competenze psicologiche – su vari livelli – nel sistema Scolastico.

Un primo livello è quello della consulenza specialistica nei DSA/BES, che deve vedere superati ostacoli e problematiche normative.

Un secondo livello è quello della risoluzione dell’annoso problema degli “Sportelli” gestiti da soggetti di dubbia qualificazione, e dello sviluppo di una psicologia scolastica come funzione professionale pienamente riconosciuta.

Un terzo livello, su piano diverso, è quello dell’adeguata valorizzazione delle competenze psicologiche nelle Classi del Sostegno.

 

Sono tre direttive di lavoro diverse, ma decisamente complementari tra loro; per disegnare insieme un nuovo e più autorevole ruolo per la Psicologia professionale nella Scuola italiana.
AP farà la sua parte, con la massima determinazione che possiamo mettere in campo.