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fonte: http://www.agenziaradicale.com/index.php?option=com_content&task=view&id=6919&Itemid=57

Pletora delle scuole di formazione in psicoterapia

di MAURIZIO MOTTOLA

Venerdì 19 dicembre si è svolta a Roma, al Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca (MIUR), l’ultima riunione del 2008 della Commissione tecnicoconsultiva per il riconoscimento degli istituti abilitati ad attivare corsi di specializzazione in psicoterapia, la quale ha tra l’altro discusso e  completato il documento che -partendo dalla constatazione che le scuole di formazione in psicoterapia sono arrivate a 335 (di cui 202 sedi principali e 133 sedi periferiche)- si conclude con le seguenti raccomandazioni finali:

  • disporre la moratoria già proposta nella passata legislatura e attualmente all’attenzione dell’ufficio legislativo;
  • introdurre criteri di programmazione che commisurino il numero delle scuole alle risorse formative disponibili ed alle esigenze sociali delle diverse realtà territoriali;
  • disporre provvedimenti d’emergenza e risorse, per una verifica dell’attività in corso nelle scuole mediante ispezioni;
  • estendere alle scuole di psicoterapia gli accertamenti di qualità già previsti per il sistema universitario ed istituire uno specifico ‘osservatorio’;
  • avviare una (ampia) revisione del regolamento vigente, ovvero del D.M. 509/98; in particolare vanno ripensati gli organismi responsabili delle singole scuole (Comitato scientifico e ‘Garante’) ed il problema delle ‘sedi periferiche’;
  • mettere allo studio l’opportunità di portare a cinque annualità la durata degli studi;
  • introdurre l’obbligo per le scuole di presentare le proprie relazioni per via informatica e secondo procedure standard (come avviene per il MIUR attraverso il Cineca).

A tal proposito mercoledì 17 dicembre 2008 Amedeo Bianco, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO), aveva inviato a Nino Dazzi, presidente della Commissione tecnicoconsultiva per il riconoscimento degli istituti abilitati ad attivare corsi di specializzazione in psicoterapia, la seguente lettera:

” Illustre Presidente,

ho avuto modo di apprezzare il rigore e il “coraggio” che anima la bozza di relazione sullo stato dell’arte degli Istituti riconosciuti per l’attivazione di corsi di psicoterapia, visto da un Osservatorio molto delicato quale è quello della Commissione MIUR da Ella presieduta.

Le osservazioni formulate dalla Commissione disegnano uno scenario preoccupante e registrano un fenomeno cresciuto in quantità e scaduto in qualità che necessita di soluzioni e rimedi energici ed incisivi.

Mi permetto di segnalarle quanto la scrivente FNOMCeO condivide delle raccomandazioni finali:

  • –  moratoria dell’accreditamento di nuovi istituti;
  • –  rigida programmazione dei bisogni di tali professionalità;
  • –  previsione di strumenti di monitoraggio delle attività formative, della qualificazione del personale docente, delle materie di insegnamento e soprattutto rivalutazione dell'”expertise”(tirocinio).
  • –  Particolare attenzione porrei ai rapporti di filiazione tra scuolamadre e scuolesatellite prevedendo eventualmente anche la messa in carico alle scuole stesse degli oneri di ispezione periodica.

Stante le cose suddette ritengo improponibile la proposta di innalzamento a 5 anni del corso di formazione degli Istituti privati riconosciuti soprattutto se motivato dalle esigenze di perequarle ai corsi specialistici universitari dei medici e degli psicologi.

Certo della Sua considerazione riguardo a questa mia nota in spirito di assoluta collaborazione, La saluto cordialmente augurandoLe i migliori auguri di buone festività.”.

In Italia gli psicoterapeuti sono oltre 36mila (di cui circa due terzi laureati in psicologia e circa un terzo laureato in medicina): dunque uno psicoterapeuta all’incirca ogni 1.600 abitanti, con marcate differenze tra regione e regione e diversa presenza per categoria di professionisti (è psicoterapeuta uno psicologo su 2,6 del totale degli psicologi ed un medico su 33,2 del totale dei medici).
Pochissimi sono i concorsi banditi dalle Aziende Sanitarie Locali per dirigente di psicoterapia (pur in presenza di normativa dal 1997) e quei pochi banditi richiedono talvolta requisiti di ammissione impropri, per cui migliaia di psicoterapeuti (medici o psicologi, con una successiva formazione quadriennale) debbono puntare alla libera professione, in quanto lo sbocco nel servizio sanitario nazionale come dirigente di psicoterapia è estremamente residuale.

Eppure l’accessibilità è uno dei fattori della qualità ottimale, in quanto esprime il massimo che un sistema sanitario può mettere a disposizione dei cittadini, incrementandone così la propria efficienza. Fasce della popolazione non abbiente e non in grado quindi di sostenere i costi di una psicoterapia a livello libero professionale e che rivolgendosi ai servizi sanitari pubblici spesso ricevono solo dei trattamenti di urgenza ed emergenza sono dunque precluse di fatto all’accesso alla psicoterapia.

Poiché prevenire è far sì che i disagi ed i disturbi non si trasformino in conclamate malattie, ecco che la psicoterapia o meglio le psicoterapie si rivelano uno strumento efficace in tal senso ed attualizzano una concreta prevenzione, purché se ne potenzi per davvero l’accessibilità.

Maurizio Mottola

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La riflessione sulla pletora degli Psicoterapeuti è finalmente giunta all’ordine del Giorno della Commissione Ministeriale per il riconoscimento delle Suole Private di formazione in psicoterapia.

I numeri dei professionisti psicoterapeuti – sconfortanti e più volte denunciati da AltraPsicologia – sono ormai tali che gli organi pubblici di controllo non possono più eludere il fenomeno.

Sappiamo che all’origine di questa situazione vi sono meccanismi economici importanti, per la maggior parte consumati all’interno di una sorta di “cannibalismo intra-categoriale”, per cui molti Psicoterapeuti hanno la loro principale forma di reddito da prestazioni (formative) a favore di altri Psicoterapeuti (in formazione), piuttosto che da lavoro con pazienti-utenti-clienti diretti fruitori delle forme di “terapia psichica” che si insegnano, con le ovvie ricadute, spesso, sul piano della qualità della formazione impartita.

Il movimento culturale in questo senso (per quanto riguarda gli Psicologi) è stato sostenuto per decenni dalla formazione universitaria in Psicologia, rimasta quasi puramente (sia pure con le solite eccelse eccezioni) teorica nonché da esperienze di tirocinio e formazione sul campo assai poco valorizzate.

Inoltre l’indirizzo culturale della Psicologia Italiana, centrato in maniera preponderante sulla clinica, non ha sicuramente favorito lo sviluppo di una sufficiente consapevolezza circa le competenze che la formazione universitaria in Psicologia fornisce (potrebbe fornire) di base ai colleghi.

Ancora, la oggettiva difficoltà ad inserirsi in maniera efficiente nel mercato del lavoro dopo la laurea in Psicologia spinge la maggior parte dei neo-colleghi a prolungare la formazione con la speranza (montata ad hoc, come sopra) di poter più facilmente trovare collocazione professionale con l’investimento in formazione.

L’effetto è un utile (da punto di vista delle dinamiche socio-economiche) “parcheggio” nelle scuole di formazione private, che prolunga di quattro, cinque o più anni l’approccio alla professione.

Sconfortante, una volta di più, è che la constatazione di questo stato di cose e l’attivazione per modificarla venga principalmente dall’ordine dei Medici, più sensibile di quello degli Psicologi alle difficoltà e ai costi che si presentano sul percorso di autonomizzazione professionale dei loro iscritti.

AltraPsicologia