Formazione obbligatoria: esperimento fallito di democrazia?
Il dibattito sul controverso art. 5 ha mostrato che la formazione obbligatoria è ancora un nervo scoperto della professione. Eppure stavolta i lati positivi ci sono. Dove ci siamo persi?
I fatti. Un decreto del Presidente della Repubblica, basato su norme europee, impone a tutti i professionisti italiani la formazione continua. Attenzione: tutti i professionisti, non solo psicologi ma pure architetti, veterinari, avvocati, insomma tutte le 28 professioni riconosciute in Italia sono obbligate a norma di legge.
Agli Ordini professionali il decreto impone di:
1) inserire la norma nei codici deontologici
2) creare un regolamento per attuare concretamente la formazione obbligatoria.
La nostra categoria procede a fare entrambe le cose. Con il referendum inserisce l’obbligo di formazione nel Codice Deontologico – prendendo tout-court il testo del dettato di legge, nulla più e nulla meno – e con un regolamento specifica come realizzare concretamente questo obbligo. Fin qui tutto a modo, in teoria.
Il problema nasce dal fatto che gli psicologi non vengono informati. Il CNOP, Consiglio nazionale degli ordini degli Psicologi, che è l’ente deputato a fare il lavoro, organizza il referendum e costruisce il regolamento senza coinvolgere il popolo degli psicologi. Così, al momento della verità, quando occorre passare per le forche caudine del voto referendario, il problema esplode: quel che prima non era stato dibattuto, viene dibattuto ora, a ridosso del voto.
Dalla disinformazione nascono paure. Il fantasma degli ECM, che pure non c’entrano nulla – ma nessuno riesce a spiegarlo in modo definitivo – aleggia ovunque come un trauma di categoria.
Il coro dei NO per protesta è trasversale e non trascurabile, chiunque propenda per il SI è accusato di collaborazionismo con le ‘forze oscure’ che muoverebbero interessi economici nella formazione.
In alcuni casi si va ben oltre il dibattito fra posizioni opposte, e in alcuni commenti si esagera, la paranoia è palpabile.
Mi chiedo: si poteva fare meglio? ritengo di SI. Il primo attore in questa vicenda è stato il CNOP – Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi – che forse ha pensato che la necessità di adeguarsi alla Legge fosse verità evidente a tutti. Ma evidentemente per noi psicologi non funziona così: vogliamo essere preparati prima.
Sarebbe bastato poco, a pensarci: un paio di newsletter informative da parte del CNOP avrebbero creato informazione, stemperato gli animi, alimentato dibattito sano. Un confronto pubblico, un convegno, iniziative regionali coordinate avrebbero probabilmente creato la giusta atmosfera per preparare una riforma che ha un sapore storico.
La formazione obbligatoria infatti non è cosa banale: ha il significato di passare dalla logica italiana e corporativa – ‘ti certifico una volta e poi sei abilitato a vita’ – alla logica europea dell’accreditamento professionale – ‘sei professionista se ti comporti per tutta la carriera come un professionista, curando il tuo principale strumento di lavoro: la competenza specialistica’.
Invece, la formazione obbligatoria è semplicemente piovuta come l’ennesimo obbligo, e si è cercato di impastarla nel codice deontologico e in un regolamento rimasto finora Top Secret.
Mi soffermo su questo regolamento del CNOP, perché a mio avviso è la chiave di volta di tutto.
Viene mantenuto segreto come il terzo segreto di Fatima, perché è in atto una trattativa con il Ministero, che deve approvarlo. Eppure non contiene nulla di scandaloso o delicato, anzi. Ho letto la proposta di regolamento, e sarebbe interessante che tutti gli psicologi potessero leggerla. Ne ho parlato dettagliatamente QUI.
Forse, se i lineamenti e i principi di questo regolamento fossero stati diffusi dal CNOP, commentati, dibattuti con gli psicologi, nessuno sarebbe insorto contro la formazione obbligatoria con l’acredine e – anche – l’irragionevolezza vista in questi giorni.
Perché si tratta di un regolamento illuminato. Se sarà approvato dal Ministero, la formazione obbligatoria per gli psicologi non funzionerà in modo tradizionale, come mera lezione frontale. La proposta di regolamento all’analisi del Ministero considera le prassi formative già presenti fra gli psicologi, attribuendo loro il valore di assolvimento dell’obbligo.
Diventa così possibile assumere crediti con la supervisione, l’intervisione, perfino lo studio individuale e parte dell’attività professionale. Addirittura scrivere articoli permette di acquisire crediti. Per la restante parte, agli Ordini regionali il regolamento impone di organizzare eventi gratuiti.
E allora perché le linee principali di questo regolamento non sono state diffuse? Perché si è giunti a sottoporre un quesito referendario senza una informazione completa? Io non so rispondere. Posso solo immaginare che ci sia stata una svista, una svista enorme: quella di dare per scontato che gli psicologi accettino senza discutere. Ma è evidente che non è così.
Eppure, dare tutta la colpa al CNOP è una tentazione a cui per onestà non posso cedere. Sarebbe troppo facile trovare il colpevole e finirla così.
No. La politica degli Ordini non spiega del tutto le reazioni – a volte surreali – di una parte della nostra comunità professionale di fronte ad un obbligo di legge.
In particolare, ho provato sconcerto di fronte alle teorie del complotto, che hanno visto nella formazione obbligatoria una sorta di accordo segreto fra ‘forze oscure’ presenti nella professione, pronte a guadagnare sul sudore degli psicologi.
Come ho trovato difficili gli approcci ‘ultraliberisti’, che vorrebbero un mercato del tutto libero da vincoli. Mi sono chiesto – allargando il ragionamento – se chi rivendica ‘l’ultralibertà’ è poi disposto anche ad accettarla quando si trova nella posizione del cliente, ad esempio portando il proprio figlio da un medico di cui non sa nulla perché non gli è richiesta una competenza certificata dallo Stato, o salendo su un aereo il cui pilota non ha obblighi particolari di addestramento continui o di acquisire un brevetto di volo.
Sappiamo che il mercato della formazione psicologica è denso di problemi. Ma questo non deve impedirci di valutare con lucidità i cambiamenti di livello sovraordinato. La formazione obbligatoria sarà di certo un’occasione per alcuni approfittatori di vendere nuova paccottiglia, e per qualcuno di comprarla. Ma il discorso non può essere ridotto a questo.
Gli psicologi sono i più attivi organizzatori di formazione destinata ad altri psicologi. Ci offriamo formazione a vicenda. Il mercato della formazione non è governato da forze oscure, ma da università, scuole di psicoterapia e dagli stessi psicologi che vendono e comprano formazione.
Domanda e offerta. Nessuno è innocente o colpevole. Molta di questa formazione sembra di ottima qualità. Ma molte offerte di corsi e seminari sono imbarazzanti.
L’obbligo formativo inciderà su questo mercato? difficile dirlo. Se il Ministero approverà il regolamento per la formazione obbligatoria proposto dal CNOP – cosa niente affatto scontata – fra crediti acquisiti come supervisione, intervisione, studio personale, etc. – e formazione erogata gratuitamente dagli Ordini, temo che ci sarà ben poco spazio per fare soldi. Con buona pace di chi crede ancora nell’esistenza del complotto globale contro gli psicologi.