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Il Counseling torna in mano agli PsicologiDa sempre AP sostiene che non è corretto formare psicoterapeuti, per i quali è previsto un lungo, impegnativo e costoso percorso e, contemporaneamente, consentire la formazione e l’ingresso nel mercato dei cosiddetti counselor che tale percorso non rispettano. Ora, finalmente, una sentenza [scarica pdf] del Tribunale di Milano – resa possibile dalla resistenza dell’Ordine della Lombardia, guidato da AltraPsicologia – chiarisce una volta per tutte la situazione: non solo tale prassi non è corretta ma crea i presupposti per la sussistenza di un reato!

I Giudici, infatti, scrivono che l’insegnamento dell’uso degli strumenti di conoscenza ed intervento in campo psicologico a persone estranee alla professione equivale in tutto e per tutto a facilitare l’esercizio abusivo della professione!

Il tribunale di Milano ha depositato di recente questa preziosa sentenza sul ricorso presentato da scuole e associazioni che formano o rappresentano Counselor contro alcune delibere dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia con le quali si ribadisce la piena applicabilità dell’art. 21 del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani *.

L’articolo 21 è una disposizione cruciale perché dà agli Ordini gli strumenti per perseguire chi, da Psicologo, forma all’utilizzo di strumenti operativi e conoscitivi propri della nostra professione persone che non hanno né seguito il corso di studi universitari né superato l’Esame di Stato. Ciò, lo abbiamo più volte sostenuto nei nostri interventi pubblici e viene riportato in sentenza, riteniamo accada per i counselor e per altre pseudo-professioni.

L’approvazione della delibera milanese sull’art. 21 si è resa necessaria giacché la legittimità di questa disposizione è stata a volte messa in dubbio, prima di oggi: a detta di qualcuno avrebbe potuto violare il sacrosanto principio costituzionale della libertà di insegnamento.

Ora, finalmente, i giudici chiariscono fino in fondo che così non è: l’articolo 21 tutela gli utenti dall’uso sconsiderato di strumenti psicologici e garantisce l’efficacia degli interventi. E sarebbe grave non applicarlo perché si consentirebbe ad una professione non riconosciuta come quella dei cosiddetti counselor di esercitare attività da Psicologi.

Viene confermata in pieno la posizione di AltraPsicologia, fatta propria dall’attuale consigliatura dell’Ordine lombardo nella sua complessiva azione di tutela e sostegno della professione.

Il giudizio che ha dato adito a questa sentenza, davvero storica, è stato prodotto grazie alla intransigente azione di tutela della professione condotta dai rappresentanti di AltraPsicologia nell’Ordine della Lombardia con tutta una serie di iniziative concrete (vedi). Soprattutto il richiamo per la qualità della formazione specialistica operato con il varo della Carta Etica per le Scuole di Psicoterapia trova oggi un autorevole riscontro formale. Ora qualcosa dovrà cambiare.

Al presidente Grimoldi e a tutti i colleghi consiglieri dell’Ordine della Lombardia – che con le loro decise prese di posizione hanno reso possibile questo chiarimento, auspicato da almeno 20 anni ma sempre evitato degli altri Ordini regionali e dal Consiglio Nazionale – va, oggi, la gratitudine della nostra Associazione e dell’intera Psicologia italiana.

Per AltraPsicologia
Il Presidente
Felice Damiano Torricelli

Qui di seguito il Comunicato dell’Ordine della Lombardia e i link per approfondire:

Clamorosa sentenza per la Psicologia: Il pensiero è libero ma non l’esercizio di una professione!

Ricordate la battaglia legale intentata contro OPL? (Leggi qui la cronistoria aggiornata dei fatti)

OPL, e con noi la Psicologia tutta, ha vinto il ricorso con la sentenza 10289/2011 che non esitiamo a definire “storica”.

Citiamo direttamente due passi della sentenza:

“Sarebbe davvero grave se si insegnasse ai terzi l’uso degli strumenti conoscitivi, in un ambito professionale come quello riservato allo Psicologo che richiede, se possibile, una sensibilità ancora maggiore, trattandosi della personalità di ciascun individuo e la necessità di un lavoro di ristrutturazione dell’intimo e di riorganizzazione del sistema cognitivo-emotivo.”

E ancora:

“deve convenirsi con la difesa del resistente che l’insegnamento dell’uso degli strumenti a persone estranee equivale in tutto e per tutto a facilitare l’esercizio abusivo della professione, ciò che la legge e il codice deontologico (art. 9) tutelano direttamente prescrivendo comportamenti attivi per impedirlo.”

Ma la sentenza è entrata ancora di più nel merito della questione, ponendo finalmente uno spartiacque che difficilmente da ora in avanti potrà essere scavalcato.

Per capire in profondità cosa è successo e cosa da oggi cambierà nel panorama della Psicologia, leggi qui, punto per punto, la sentenza commentata dal Presidente OPL.