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Appena i Commissari hanno “depositato” l’Albo, e si comincia a sentire vento di elezioni, nella categoria cominciano i confronti su quello che è il punto nodale che il Consiglio, appena eletto, si troverà ad affrontare.

Il problema dell’art 35, cioè, in soldoni, la sanatoria per la psicoterapia.

35. Riconoscimento dell’attività psicoterapeutica.

1. In deroga a quanto previsto dall’articolo 3, l’esercizio dell’attività psicoterapeutica è consentito a coloro i quali o iscritti all’ordine degli psicologi o medici iscritti all’ordine dei medici e degli odontoiatri, laureati da almeno 5 anni, dichiarino, sotto la propria responsabilità, di aver acquisita una specifica formazione professionale in psicoterapia, documentandone il curriculum formativo con l’indicazione delle sedi, dei tempi e della durata, nonché il curriculum scientifico e professionale, documentando la preminenza e la continuità dell’esercizio della professione psicoterapeutica.
2. È compito degli ordini stabilire la validità di detta certificazione.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 sono applicabili fino al compimento del quinto anno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.

Vi sono, in questo articolo, quantità non irrilevanti di termini che vanno interpretati, e un rimando all’Ordine (Consiglio dell’Ordine) che deve stabilire la validità.

Occorre capire, allora, quale/i curricula formativi verranno ritenuti validi, e quali non validi, cosa vuol dire “preminenza” e cosa vuol dire “continuità”. Non irrilevante, in questo, l’incrocio con il problema della fatturazione. Quali sono i “mezzi documentali” con cui si può “attestare” preminenza e continuità”?

E poi, quest’ultima, per quanto tempo va dimostrata? 5 anni, due, uno, 1 mese, oggi ?

La forza “egemone” all’interno della categoria è l’AUPI. Nel senso che è l’unica ad avere una rete nazionale, e ad essere organizzata sostanzialmente su obiettivi “commutabili” in obiettivi elettorali. E l’AUPI assume, nelle varie regioni, posizioni diverse. In alcuni casi vengono fornite alla categoria intenzioni rassicuranti. In altri di tutt’altro tipo. Udii, personalmente, un dirigente AUPI affermare che l’unica formazione che avrebbero ritenuto valida sarebbe stata quella pubblica.

Probabilmente, là dove le posizioni dell’AUPI sono più “aperte” minore è l’organizzazione che i professionisti mettono in campo. La dove le posizioni sono più chiuse i professionisti si organizzano in proprio, in funzione anti AUPI. Non è una cosa particolarmente difficile. Esiste uno “zoccolo duro” nelle varie realtà territoriali, di persone che si conoscono tra loro da anni. Le “Catene di S. Antonio” funzionano abbastanza.

I consigli eletti affrontano il problema dell’art 35. Sostanzialmente in maniera piuttosto equilibrata, spesso anche notevolmente larga. Perchè sullo sfondo c’è sempre lo spettro dei tribunali, e di milioni da pagare per cause perse. L’applicazione di una legge, di una norma di sanatoria, è sempre un fatto formale. E’ assolutamente arduo, per non dire impossibile, dimostrare ad un tribunale che un curriculum di 10 anni con la SPI è cosa fondamentalmente diversa rispetto a 10 anni presso la “Llibera associazione per la psicoanalisi orbitale rimpallante”.

Qua e là alcune sentenze di Tribunali, o circolari interpretative del MURST, piazzano dei paletti. “Il fatto che l’attività sia stata remunerata non è un carattere necessario ai fini della dimostrazione della preminenza e continuità”. E, naturalmente, si apre una voragine. Qual è quel Consiglio, dotato di normale buon senso, che rischia di perdere una cinquantina di processi, a 20 milioni a botta, perché il collega ha dichiarato preminenza e continuità a gratis?

E anche, qualche problema di coscienza. Se x guadagna 100 milioni l’anno, 30 dei quali dalla psicoterapia, mentre Y ne guadagna 5 soltanto, e tutti dalla psicoterapia, per Y è certamente “preminente” per X forse no, ma X ne fa 6 volte più di Y. Che famo? Comunque, fra orde di “certificati” di parroci, Opere Pie, Centri Studi privati, Associazioni benemerite, gli Ordini bene o male se la gestiscono.

Il MOPI conduce la prima battaglia. Una serie di scritti di Patrizia Adami Rook puntano a sostenere che siccome nel testo dell’art.35 “laureati da almeno 5 anni” è scritto dopo medici e c’è o non c’è una virgola da qualche parte, si riferisce solo ai medici. Per cui gli Psicologi non hanno bisogno di essere laureati da almeno 5 anni, anzi, non hanno neanche bisogno di essere laureati, per avere l’art 35!

Si presenterà il caso, in Toscana, di una collega che si è laureata 10 gg. dopo l’entrata in vigore della 56/89 (Laureati da almeno 5 anni – le disposizioni si applicano fino al 5° anno significa, in soldoni, che dovevi essere già laureato al momento in cui la legge entrava in vigore). Il Consiglio respinse la sua richiesta, la collega ricorse. La Corte Costituzionale le dette torto, affermando che per l’art 35 occorreva la laurea, e occorreva che fosse posseduta al momento di entrata in vigore della legge.

Poi arriva un siluro, da Grazia e Giustizia. Un parere. “Le disposizioni si applicano…” ( comma 3) non significa che allo scadere del 5° anno si smette di applicarle. Significa, secondo loro, che allo scadere del 5° anno perdono completamente di validità. In una parola, la legge è del Febbraio dell’89. I consigli si sono insediati nel 92-93. Da Giugno a dicembre 93 hanno fatto i 35. Secondo Grazia e Giustizia, a marzo 94 l’abilitazione che l’art 35 ha rilasciato non esiste più. Zero.

Dopo un po’ la vicenda rientrò, e di questa temporaneità non se ne parlo più.

Intanto altri due problemi rilevanti si erano affacciati all’orizzonte.

L’art 34 e le scuole