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Ricevo questa lunga e imperiosa LETTERA ANONIMA da un aspirante PSICOLOGO. La pubblichiamo così com’è, consapevoli che l’argomento dell’Esame di Stato, dell’accesso alla professione e della numerosità degli psicologi deve essere oggetto di riflessione.

***

Egregio Dottore Zanon,

se ho scelto di scriverle in anonimato è perché la leggo sempre, quasi mai sono d’accordo con lei e soprattutto mi suscita una viva e costante antipatia.

So bene che Lei e la sua Presunta Associazione non pubblicherete questa mia, perché anonima ed evidentemente contraria al vostro Pensiero Unico, ma è più per me che per voi che la scrivo.

Chi vi scrive è uno dei tanti, anzi dei TROPPI, che fra poco affronterà l’Esame di Stato per diventare Un-Altro-Psicologo-Di-Troppo.

L’argomento è dunque quello dell’Esame di Stato e dei TROPPI PSICOLOGI.

TROPPI PSICOLOGI è un mantra che mi sento ripetere dal primo anno della mia immatricolazione a psicologia. Tornato ora alla ribalta come argomento contro, nella lunga querelle sull’Esame di Stato in tempi di Covid.

Vede, a noi interessano le regole chiare. Quelle che voi avete avuto per il vostro Esame di Stato e che noi rischiamo di non avere. Non vogliamo sconti, vogliamo entrare nel mondo del lavoro a testa alta, ma anche rapidamente.

E cosa ci viene risposto? che vogliamo le facilitazioni e gli sconti, e poi che ci sono già TROPPI PSICOLOGI.

Lo dicono tutti: gli psicologi, i politici della professione, i vari consiglieri, presidenti, sindacalisti e affini: TROPPI PSICOLOGI.

Provo a prendervi alla lettera: problema quantitativo, soluzione quantitativa. Cominciamo a eliminare qualcuno.

Da chi cominciamo? Mica è necessario partire da noi abilitandi, o no? Perché non cominciamo da qualcuno di voi?

La vedo, la sua faccia, caro Dottore. Si è stranito. Vi stranite tutti, quando ve lo dico. Ma è solo un attimo. Perché poi vi riprendete subito, d’altronde è questione di sopravvivenza, mors tua vita mea, bisogna essere reattivi. E così partite subito all’attacco.

E invariabilmente indicate l’Altro. Non siete mai VOI, quelli che vanno eliminati per il Bene Comune.

Di solito iniziate larghi, molto larghi.

“Allora allora… eliminiamo il salumiere all’angolo! che con quei prezzi, signora mia, non contribuisce certo al Bene Comune. E poi quel tizio molesto del condominio di fronte, e pure il ragazzino fastidioso che gioca sempre a palla nel cortile, due in un colpo solo”.

“Ma no!” – dico – “Stiamo parlando di psicologi. Stiamo dicendo che ci sono TROPPI PSICOLOGI. Qualcuno di quelli devi eliminare!”

In quel momento tentennate. Ma è solo timidezza. Qualcuno da eliminare ce l’avete già in mente, vi basta solo un po’ di incoraggiamento e il vaso di Pandora si scoperchia.

I laureati tradizionali eliminerebbero i laureati telematici. I liberi professionisti eliminerebbero i dipendenti pubblici. I dipendenti pubblici gli accademici. Gli accademici gli psicologi in genere, e magari anche l’Ordine a meno che non gli finanzi qualche progetto. Gli psicanalisti i cognitivisti, e gli animisti gli analgesici e gli psichiatri perché “il potere della mente”. E poi gli psicoterapeuti, contro gli psicologi. E gli psicologi, contro gli psicoterapeuti.

Ma c’è qualcosa che vi mette tutti d’accordo, in questa gara ad eliminazione: gli studenti di psicologia, e gli abilitandi come noi. Ci eliminereste tutti.

Di solito puntate gli studenti di psicologia: “Meglio prima che entrino all’università con un bel numero chiuso (chiuso come le chiese, quando ti vuoi confessare). Ma va bene anche durante gli studi, che questi giovani d’oggi non studiano niente!”.

Ma ultimamente, con questa storia dell’Esame di Stato all’epoca del Covid, non vi siamo piaciuti neanche noi abilitandi, che siamo ormai alla soglia del paradiso.

Vi ho capiti, sapete? Voi vedete ciò che noi non vediamo. Una sottile linea d’ombra che vi separa da noi, popolo belante dei non abilitati. E questa linea d’ombra è l’abilitazione.

Con l’abilitazione passi il punto di svolta e cominci ad abbruttirti. Il giorno prima lottavi per il Diritto allo Studio, e il giorno dopo sei indignato perché ‘ci sono TROPPI PSICOLOGI’.

Le dirò poi in confidenza, Signor Dottore, che io questi ragazzi li vedo cambiare del tutto quando raggiungono il loro posto nell’albo con qualche moina più del necessario. Quando qualche Ordine li invita alla cerimonia di accoglienza e gli offre due cannoli e una pergamena.

Li pensi per un attimo, Signor Dottore. Il giorno prima lottavano per l’Università per tutti. Il giorno dopo sono sul podio. Lì davanti a loro, il Presidente dell’Ordine di Sarcazzo. Gi stringe la mano, gli dà la pergamena, gli porge il benvenuto fra gli PSICOLOGI a nome di tutta la comunità professionale. Gli PSICOLOGI, quelli veri.

Questi ragazzi che il giorno prima erano ancora STUDENTI, il giorno dopo sono PSICOLOGI. Veri. Come nei loro sogni.

Quel giorno, mentre ricevono la pergamena con il numero di iscrizione all’Ordine, non pensano ancora che ci sono TROPPI PSICOLOGI.

Nell’altra sala li aspettano i festeggiamenti, un futuro radioso gli si dischiude davanti “dopo due lauree, cinque anni di studio, un anno di tirocinio e l’Esame di Stato”. Perché pensare cose brutte? Pensiamo cose belle: ci sarà posto anche per me.

È il giorno dopo che il dubbio inizia a instillarsi. La musica è finita, gli amici se ne vanno, tu ti ritrovi nella tua stanza a girarti i pollici e domandarti cosa farai ora. E si insinua un tarlo: forse ci sono TROPPI PSICOLOGI. In fondo, se ne parlano tutti, forse orse un po’ di verità c’è.

Ed è lì che – forse per la prima volta – pensi che ‘Gli Altri’ non meritano di entrare. L’iscrizione all’albo è il punto di non ritorno. Il punto in cui, ormai salvo, maturi l’idea che le porte devono chiudersi dietro di te.

Ti sei laureato con il 23/110 (“è un errore di stampa, in realtà è 123/110…”). Hai finito 4 anni fuori corso (“lavoravo per una multinazionale…”). All’EdS hai confuso il Codice Deontologico con il Codice di Hammurabi (“io queste robe burocratiche proprio…”).

Ma quando finalmente sei dentro, sei dentro. Sei PSICOLOGO.

Ora lo puoi scrivere ovunque. Su Facebook la gente si congratula per la tua brillante carriera e tua madre non vede l’ora di raccontarlo al mercato.

E da quel momento non hai più dubbi: “Ci sono TROPPI PSICOLOGI. L’Esame di Stato dovrebbe essere più selettivo”.

Che sarà pur vero. Oggi all’Esame di Stato ti bocciano solo se arrivi ubriaco, in boxer hawaiano e con scritto ‘Fuck-Me’ sulla canotta.

Però è singolare, Signor Dottore, me lo permetta: siete la moltitudine dei graziati all’Esame di Stato, avete beneficiato delle maglie larghe delle commissioni e dei pellegrinaggi verso la sede distaccata di Pieve dell’Acredine dove “lo scritto è di cultura trascendentale e all’orale mi hanno chiesto la ricetta del mojito”, e appena lo avete passato volete lasciarci fuori al grido di “serrate le fila, legionari: non facciamoli passare!”.

Io sono solo un modesto abilitando, con l’unica aspirazione di migliorare fin da subito le cose dentro la mia futura comunità professionale.

E a voi, miei eroi e futuri colleghi, chiedo: sareste d’accordo a ripeterlo ogni cinque anni, l’EdS? O qualche altra prova periodica di permanenza dei requisiti. Tipo in UK, che per restare iscritto alle associazioni professionali ti chiedono di dimostrare gli incassi. Sareste d’accordo?

Perché adesso un’abilitazione è per sempre, come un diamante. Ma insomma, pure la patente la devi rinnovare ogni dieci anni.

E loro si fanno molto seri, Signor Dottore. Che quando dico queste cose pare di bestemmiare in chiesa. Ti guardano come se gli avessi proposto uno studio in doppio cieco con le capsule di cianuro.

La loro risposta è ovviamente negativa, e ci mancherebbe.

Per molte e complesse ragioni epistemologiche non è di certo etico giudicare un professionista in esercizio. Non è mica una patente da sottoporre a revisione periodica, l’abilitazione!

E questo per innumerevoli motivi che affondano radici nell’ePica di Kant (Immanuel, non Eva di Diabolik).

E niente. Una volta che si è radicata in loro l’idea che gli ci sono TROPPI PSICOLOGI, e che quelli di troppo sono sempre gli Altri, è finita. Nessun argomento razionale può funzionare.

“Va bene, TROPPI. Ma TROPPI rispetto a che?” – domandi – “Rispetto al lavoro che c’è, è ovvio!” – ribattono. Eh, ma mica è tanto ovvio: il lavoro non è dato in quantità finita, tipo posti in pizzeria: “Oggi no signora mia, c’è il distanziamento Covid e non abbiamo posto, mi dispiace. La prossima volta provi a prenotare!”.

Lo scrive lei stesso, Dottore, in quel suo libretto dell’EMPAP che nessuno legge mai: ogni anno vendiamo un po’ di psicologia in più.

“Ah si? e allora com’è che non crescono i redditi?” – ti obiettano. E si rispondono d’anticipo – “È ovvio: TROPPI PSICOLOGI. L’Esame di Stato, il numero chiuso, le assunzioni nel pubblico, lo psicologo di base. Ecco cosa ci vorrebbe”.

Ma io ho una cosa che mi lavora dentro, Dottore: QUALI PSICOLOGI sono di TROPPO?

I 110.000 iscritti all’albo? I 60.000 iscritti all’EMPAP? I 30.000 che guadagnano (dichiarano, pardon) meno di 10.000 euro/anno? I 50.000 almeno che stanno iscritti all’albo ma non fanno gli psicologi? I neo-comportamentisti? I neanderthaliano-comportamentali? Gli analitico-gestaltiani?

QUALI sono gli psicologi di troppo, fra tutti questi o altri ancora?

Dice: “Siamo troppi rispetto all’America, alla Lapponia, all’Eurasia”. E allora? E in Australia, che ci sono TROPPI CANGURI rispetto all’Italia che facciamo? Li abbattiamo?

La verità è che ‘PSICOLOGO’ in Italia è quasi una licenza poetica.

‘MACELLAIO’ è un mestiere. Tu dici ‘MACELLAIO’ e tutti sanno che ti riferisci a un tizio che passa le giornate a vendere carne in un negozio.

Dici ‘PSICOLOGO’ e puoi esserlo e non farlo. E metà degli psicologi è così: lo è ma non lo fa.

Di chi parliamo, allora? Quali sono questi TROPPI PSICOLOGI? Perché dovremmo essere proprio noi, quelli di troppo, solo perché siamo capitati con l’Esame di Stato a cavallo di una pandemia mondiale e vogliamo almeno regole chiare?

In questa disgraziata epoca post-Covid, tutti ricevono uno sconto, un presente, un sussidio, anche solo un piccolo privilegio come passare avanti al supermercato. Noi no. Noi restiamo fuori, come i cani e gl’itagliani?

E ora, Dottore Zanon, viene la parte che le sarà più sgradita. Io credo che la responsabilità di tutto questo sia vostra. Perché voi li contate male, gli PSICOLOGI.

Restate ambigui. E così questi psicologi sono TROPPI, ma pure MAL CONTATI.

Siate onesti, per una volta: contatevi per bene. Ditevi la verità. E forse capirete cos’è la solidarietà di categoria. Forse, invece di pensare a eliminarci, imparerete a voltarvi indietro per chiedere a chi si è perso: “dove sei, Collega?”.

Arrivati alla fine di questa lunga lettera, con l’arroganza che la contraddistingue mi sfiderà a proporre una soluzione.

E io la deluderò: non ce l’ho, una soluzione. Mi prendo il diritto di non averla. Non come voi, che vi siete incatenati ad averne una per ogni callo.