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Il tema della Neuropsicologia è uno di quelli “caldi” nella discussione professionale: un settore in crescita, che attira sempre più studenti (i numeri degli immatricolati ai Corsi di laurea orientati verso questo ambito in Italia crescono continuamente), e attraversato da vivaci discussioni sugli ambiti di pertinenza e la definizione – anche formale – dei ruoli professionali e dei percorsi formativi per poter svolgere questa attività.

Per dare un contributo di chiarezza su questi temi, che si muovono tra la dimensione professionale, quella formativa e quella normativo-istituzionale, AltraPsicologia ha chiesto ad una delle più note neuropsicologhe italiane, Sara Mondini, di condividere alcune riflessioni in merito.

La Professoressa Mondini insegna “Valutazione Neuropsicologica” e “Clinical neuropsychology” all’Università di Padova, dove è Presidente del Corso di Laurea in lingua inglese “Psychological Science”, ed è componente del Direttivo Nazionale SINP; assieme ad altri noti neuropsicologi italiani, è coautrice dell’ENB 2- Esame Neuropsicologico Breve, una delle più diffuse batterie neuropsicologiche italiane (le sue opinioni sono qui espresse a titolo esclusivamente personale).

AP: “Sara, se uno studente o un neo laureato volesse occuparsi di Neuropsicologia, in Italia, quale tipo di formazione sarebbe più opportuno che persegua? Quali competenze ed esperienze deve puntare a conseguire, a tuo parere?”

Mondini: Partirei con un Corso Magistrale indirizzato verso la Neuropsicologia. Ad esempio, a Padova vi è la laurea magistrale in “Neuroscienze e Riabilitazione neuropsicologica”, ed in altri Atenei ci sono Corsi di Laurea con insegnamenti simili.
Essenziale è un buon tirocinio in ambito clinico-neuropsicologico, e successivamente farei un master universitario in neuropsicologia; e poi anche a distanza di qualche anno, se possibile una Scuola di Specializzazione in Neuropsicologia. Con un Master, anche senza la Scuola di Specializzazione che garantisce la formazione completa, può cominciare a lavorare con delle consulenze in ambito clinico-neuropsicologico.
In Italia formiamo bene in questo contesto, anche se può essere utile rinforzare il focus formativo sugli aspetti riabilitativi. A livello numerico, anche se il numero è aumentato rispetto al passato, non vi sono ancora moltissimi neuropsicologi rispetto a quella che potrebbe essere la domanda di mercato.

 AP: “Ci puoi fornire una sintetica presentazione del “quadro associativo” della Neuropsicologia in Italia? Quali sono al momento le principali realtà e società scientifiche?”

Mondini: Le principali a mio parere sono due: la SINP e la SPAN.
La SINP è la Società Italiana di Neuropsicologia, una storica società scientifica costituita da esperti e ricercatori in neuropsicologia, oltre che da clinici; è costituita prevalentemente da persone che fanno ricerca applicata alla clinica.
Sono da un anno nel Direttivo di questa Società, e questo credo sia importante da un punto di vista simbolico, anche per indicare l’avanzamento della “neuropsicologia psicologica” nelle società scientifiche (in passato erano quasi solo neurologi).
La SPAN è invece una Società che raccoglie soprattutto neuropsicologi clinici che lavorano sul territorio;  è un’organizzazione orientata alla clinica nei vari contesti operativi, più che alla ricerca scientifica-accademica.
Consiglierei ad un giovane che si avvia in questo campo di iscriversi ad una Società scientifica di settore: può dare un valore aggiunto importante, perché così si entra in un cerchio scientifico-professionale, ci si aggiorna, e come professionista devi sempre stare in contatto con i colleghi del tuo ambito.

AP: “Uno dei temi più discussi è quello del “titolo” di Neuropsicologo; pur non essendo titolo “protetto”, vi è da anni una accesa discussione sul suo utilizzo: chi lo propone solo per chi ha conseguito la Specializzazione, chi anche per chi ha conseguito un master universitario. Puoi fornirci un aggiornamento e un tuo parere sulla questione?”

Mondini: Certamente lo specializzato è “Specializzato in Neuropsicologia”, e può usare il relativo titolo. Chi invece ha frequentato un Master universitario dovrebbe poter utilizzare la qualifica di “esperto in neuropsicologia”.
(NDR. Allo stato attuale, in ambito psicologico professionale la qualifica di “Esperto” non è utilizzabile, in quanto non prevista dagli ordinamenti normativi e ritenuta difficilmente operazionalizzabile in maniera univoca).
Vi può essere sicuramente una differenza di competenze, in particolare a livello di esperienza clinica: una scuola di specializzazione dura 4- 5 anni, mentre un master solo un anno, con relativa differenza dei tirocini clinici.
Una scuola di specializzazione è molto più impegnativa in termini di tempo, ed è evidente che ti deve dare qualcosa di più. Il Master in tal senso non è un sostituto di una Scuola, ma diciamo che è un utile step formativo intermedio, se non ci si può permettere di fare una scuola di specializzazione; in Italia, del resto, alcuni master di tipo universitario sono fatti davvero molto bene, danno buone competenze e permettono un buon approfondimento.
Poi, l’attività di tirocinio clinico è la parte essenziale, perché si impara a lavorare solo in un luogo dove si lavora bene, ed è così che a tua volta impari veramente a fare le cose…

AP: “Allo stato attuale, quali sono le prospettive professionali per i Neuropsicologi in Italia? Quali sono le prospettive nel SSN? Quali altri ambiti organizzativi possono assorbire concretamente neuropsicologi?”

Mondini: Ci sono varie possibilità, e credo che il futuro sia promettente in vari ambiti sanitari, soprattutto con le forme di contratto di consulenza rispetto ad un lavoro di ruolo vero e proprio. Per l’assunzione in ruolo nel SSN, come noto, è sempre richiesto il titolo di Specializzazione (ma non necessariamente in neuropsicologia), mentre i rapporti di consulenza possono chiedere titoli diversi anche “comprovata conoscenza neuropsicologica” in modo generico.
In Case di Cura private e convenzionate, Cliniche di diverso tipo (pubbliche o private) e centri Residenziali per anziani se ne parla sempre di più: “ci vorrebbe qualcuno che sia in grado di…” è un discorso che senti sempre più spesso. Da questo punto di vista, è un settore in cui puoi fare tantissime attività, e che ha uno sviluppo strutturale davanti a sé: con la crescita dell’età media ci saranno sempre più anziani in Case di riposo e RSA… non è una piccola nicchia periferica!
E senza dubbio anche l’ambito della valutazione e della riabilitazione, sia del bambino che dell’adulto, è destinato alla crescita. Ma è fondamentale la capacità di lavorare davvero in equipe con gli altri, dai medici (geriatri, neurologi, ecc.), ai logopedisti e ai tecnici della riabilitazione, oltre che i fisioterapisti.

AP: “Un suggerimento generale ad uno studente che vuole avviarsi a questo campo, ed un buon manuale da cui partire per una solida introduzione al tema?”

Mondini: Il suggerimento generale è studiare, e studiare, e studiare sempre!
Lo dico davvero: hai una responsabilità professionale e quindi non hai mai finito di prepararti per i tuoi pazienti, hai il dovere di impegnarti per loro in una continua ricerca per fare il meglio!
Anche finita la laurea o un master, lo dico sempre ai miei studenti, dovrai approfondire, aggiornarti, studiare tutta la vita. Non abbiamo mai finito di aprire libri. Io cambio sempre le lezioni che faccio agli studenti, perché c’è sempre qualcosa di nuovo in questo settore, di anno in anno; e lo stesso atteggiamento di apertura al nuovo lo dobbiamo tenere per tutta la nostra vita professionale.
Un libro da cui partire… beh, non è elegante farsi pubblicità, ma con le colleghe Daniela Mapelli e Giorgio Arcara abbiamo di recente scritto un libro che si intitola “Semeiotica e diagnosi neuropsicologica” (Editore Carocci), che raccoglie un po’ la nostra idea di neuropsicologia clinica “psicologicamente orientata”: quindi con una importante attenzione al vissuto del paziente, all’anamnesi, alla sua storia di vita, a come e con che difficoltà arriva lì in consultazione…

 AP: “Cosa caratterizza la Neuropsicologia, secondo te? Quali expertises e know-how sono irrinunciabili?”

Mondini: Lo psicologo deve evidenziare le sue caratteristiche, conoscenze e capacità di pensiero, oltre che la mera applicazione di test e protocolli!
Qui bisogna fare una chiara differenza tra una neuropsicologia orientata solo “neurologicamente”, ed una orientata in senso più profondamente “psicologico”, ed in cui noi psicologi abbiamo un ruolo fondamentale.
Spesso gli studenti immaginano che il bravo neuropsicologo sia quello che “conosce tanti test”, che dice “io conosco come si somministra questo e quest’altro”; ma in realtà la diagnostica non la fai con gli strumenti, la fai ragionando!
E’ una capacità che impari sul campo, ma io la insegno anche ai miei studenti; dico: “Sì, parleremo anche di questi test, ma la diagnosi non si fa con i test. Si fa anche con i test; ma è fondamentale la raccolta anamnestica, è fondamentale il colloquio clinico neuropsicologico, è fondamentale stare attenti alle variabili relazionali e comunicative in cui tu ascolti il paziente, senti come parla, lo osservi…”
Capisci, sono una neuropsicologa che vuole che la neuropsicologia sia di competenza dello psicologo e non del neurologo, che non sempre sa fare queste cose!
Ed è importante questa differenza: secondo me i neuropsicologi in gamba hanno carta bianca e campo libero.
Possono fare tantissime cose, possono anche inventarsi il loro lavoro; ma devono dimostrare di averne le capacità.
Non devono solo applicare gli strumenti, ma devono ragionare su quali strumenti applicare, su come applicarli, e perché si applicano quelli, e fare un lavoro che abbia un senso, che parta da un ragionamento.
Per me la neuropsicologia non è una mera tecnica che si applica!
Spesso purtroppo mi accorgo che ci sono dei giovani neuropsicologi che invece “applicano dei test” e basta; ma non è così che si fa!
E’ capacità di relazione, attenzione clinica, pensiero creativo.
Se uno la fa bene, ha veramente tanto spazio per potersi inserire.
Insomma, ci sono tanti ambiti in cui seminare e ottenere buoni profitti. C’è tanto da costruire. Ci vogliono persone preparate e capaci.

Ma il futuro, sì, io lo vedo roseo… J

AP: “Grazie mille, Sara!”

 

Intervista a cura di Luca Pezzullo