Da anni assistiamo alle più strampalate iniziative. Quella dello ‘psicologo del territorio’ è l’ultima e più grossa bufala che si intende imbastire con il denaro degli iscritti.
I fatti sono questi, né più né meno: da nord a sud, l’Italia degli psicologi è percorsa dal vento rivoluzionario dello ‘psicologo di base’. Che poi a volte diventa ‘del territorio’, o assume altri nomi più esotici. In Campania è perfino diventato legge regionale, annunciato ai quattro angoli della nazione come un successo epocale, salvo tacere il fatto che non è previsto alcuno stanziamento.
‘Psicologo senza portafoglio’, si dovrebbe chiamare.
Eppure, non in Campania ma in Veneto, qualcuno da mesi ci prova, a tirare in piedi questo carrozzone: è il presidente uscente dell’Ordine, prima con una petizione su Facebook rivolta all’ENPAP, che l’ENPAP però non ha mai ricevuto, e ora rilanciandola e tentando la via di usare l’Ordine Veneto, senza che i consiglieri dell’Ordine Veneto abbiano mai ricevuto i dettagli del progetto.
Insomma: l’iniziativa di per se potrebbe pure essere lodevole, se fosse riempita di qualcosa. Ma per ora sembra soltanto un’etichetta appiccicata ad una scatola vuota.
Ma è delle ultime ore la notizia, lanciata su facebook, che Lunedì 23 Settembre ci si riproverà, con lo ‘psicologo di base’. Dell’annuncio sul social colpisce questo passaggio:
“in qualità di Presidente dell’Ordine, chiederà al Consiglio di sostenere e finanziare una campagna promozionale su tutto il territorio veneto e sui media locali per sensibilizzare e attivare la cittadinanza, le istituzioni e la politica”
Dunque per dotarlo di portafoglio, questo psicologo del territorio, cosa c’è di meglio che attingere al portafoglio degli psicologi iscritti all’Ordine?
Al limite va bene uguale, direte. Basta che si faccia. Dato che nessuno ci vuol pagare, per questo novello ruolo di presidio sociale che dovrebbe ribaltare le sorti della categoria, ce lo pagheremo da soli. Ce la cantiamo e ce la suoniamo, come dire: chissà che la qualità dell’iniziativa sia tale da giustificare l’investimento.
E invece temo che non sarà così. L’annuncio in pompa magna dato su Facebook non è infatti accompagnato da alcun progetto di cui i consiglieri dell’Ordine siano a conoscenza.
Voglio dire: cosa chiedono a tutti noi professionisti quando cerchiamo finanziamenti? un progetto di cosa vogliamo fare. Ebbene, qui – a due giorni di distanza – non s’è visto ancora nulla.
Il modus operandi è quello classico a cui ci siamo ormai abituati in Veneto: un piccolo blitz – un golpettino – per far passare le decisioni non sulla base della loro sostanza e qualità, ma di variabili situazioni ed equilibrismi nel numero di voti da racimolare in consiglio.
E mentre queste schermaglie procedono, la verità è altrove: gli psicologi stanno già sul territorio, ogni giorno, dove svolgono con fatica e dedizione il loro ruolo di presidio sociale.
Sono gli psicologi che lavorano nei servizi – pubblici e privati – negli studi professionali, nelle cooperative. Sono quelli che ogni giorno spendono il proprio tempo e il proprio lavoro per il benessere della collettività. Sono quelli che andrebbero sostenuti dall’Ordine. Invece, là dentro spesso si passa il tempo ad inventarsi chimere dai nomi suggestivi, spendendo il denaro altrui per iniziative autopromozionali che poco o nulla hanno a che vedere con la promozione reale della figura dello psicologo.
Vogliamo un Ordine che sostenga davvero gli psicologi, in cui si abbia il coraggio di affrontare il confronto previsto per le decisioni democratiche che riguardano la professione e il denaro degli iscritti, che è l’unico metodo che garantisce selezione e qualità.
Non vogliamo assistere a giochi e trabocchetti usati per imbellettarsi con iniziative che somigliano più a scatole vuote, che al prodotto serio e rigoroso di una comunità professionale che vuole crescere e accreditarsi veramente presso la collettività.
Iniziative del genere, senza un piano di lavoro, senza un progetto, senza uno straccio di documento che spieghi di che si parla, sembrano più metodi di spargimento del denaro altrui, che attività realmente utili alla categoria e ai cittadini.
Siamo qui. Aspettiamo un progetto serio, per questo ‘psicologo del territorio’. Qualcosa che ci dica chi è, cosa fa, chi lo deve pagare (non gli psicologi stessi), e soprattutto cosa può fare di meglio dei tanti psicologi che oggi lavorano davvero sul territorio, in trincea, a contatto con la società e i cittadini.
E tu, che cosa ne pensi? lo vuoi o non lo vuoi lo psicologo del territorio pagato con i soldi degli psicologi?
Ti rispondo dalla Campania circa lo psicologo del territorio.
La legge è diventata regionale grazie a una raccolta firme organizzata dall’ordine e sostenuta da molti colleghi presso i vari comuni. E’ stata presentata, ed è considerata da una grossa fetta di colleghi, come una miniera d’oro (parole del nostro Presidente) dalla quale possono originare tra i 500 e i 600 posti di lavoro per gli psicologi.
La figura è finanziata (o dovrebbe essere finanziata) coi fondi dei piani di zona (dico “dovrebbe” proprio perché i piani di zona si sa che sono pochi soldi…).
Mi fa piacere che in Campania sia stato inserito nei piani di zona: significa che il progetto – per come declinato nella legge regionale – rientra nella programmazione dei servizi sociosanitari dei territori. E’ già molto: vuol dire che ci sarà un processo progettuale chiaro e condiviso con tutti gli interlocutori che lavorano.
Quello che avviene in Veneto (per ora) si palesa come qualcosa di molto più vago e slegato dalla rete dei servizi. Ora: in realtà sto azzardando, dato che non ho nemmeno chiaro se sia così o meno. E questo è il problema.
Comunque attendo fiducioso l’evolversi dei fatti 😉
No, aspetta…non è stato inserito nei piani di zona (magari!)…nella legge sta scritto che il finanziamento viene dai piani di zona, poi il seguito io non l’ho molto capito…(ma è un mio limite molto probabilmente perché con questi tecnicismi burocratici non sono molto ferrata)
Qua cmq il link (credo…) del file con l’approvazione della legge…
https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&sqi=2&ved=0CDEQFjAA&url=http%3A%2F%2Fburc.regione.campania.it%2FeBurcWeb%2FdirectServlet%3FDOCUMENT_ID%3D55174%26ATTACH_ID%3D72545&ei=B61AUvquCoOI4ATx9ICIAQ&usg=AFQjCNHYWLKneNRpRwENiCvdqJlrQ6xpVQ&sig2=6NyuhBgi-uN2Y5cghxKDrQ
Appunto, qui vi è il “busillis”, l’articolo 4: “I servizi previsti nella presente legge sono finanziati nell’ambito delle risorse disponibili per la realizzazione dei Piani sociali di zona senza ulteriori oneri a carico del bilancio regionale”.
Che significa che non vi sono fondi di spesa individuati a bilancio (“earmarked”), o centri di costo che possano farsene carico aggiuntivo rispetto alla programmazione di spesa, ma che le modalità di finanziamento devono essere individuate nei piani di zona *senza alcun aggravio specifico per la Regione*. Che significa che, se è previsto X per tutte le attività e gli stakeholder N del piano di zona, si dovrà poi togliere risorse a X1, X2, X(N)… per darle allo “psicologo”. Ovvero, la coperta rimane la stessa, ma adesso si deve coprire una cosa in più (e senza aumentare le dimensioni della coperta…).
In terre in cui si chiudono serialmente servizi, reparti e ambulatori, nei cui piani di zona ci deve stare già dentro tutto e vi sono battaglieri “stakeholder” giustamente orientati a difendere lo status quo, sono purtroppo timoroso di vedere se, come e da dove usciranno i (non piccoli) flussi di cassa per pagare i circa 600 psicologi ipotizzati… (di cui, tra l’altro, sono decisamente vaghi i criteri operativi, selettivo-valutativi, inquadramentali, economici, organizzativi… questione non secondaria).
Ma Zanon, consigliere in veneto, perchè non ha contribuito al progetto dello psicologo di base e in farmacia?
Antonio, lettore anonimo, secondo lei cosa sto facendo scrivendoci sopra, portando qui e in consiglio la mia posizione, chiedendo un progetto sensato per l’uso del denaro degli iscritti? Cosa sto facendo, permettendole di prendere parola sull’argomento? Non sto contribuendo, forse più di altri?
Intanto non funziona la notifica dei commenti e, perchè dice che sono anonimo, se il mio nome è Antonio?
La domanda era in quanto lei è anche consigliere del veneto. Cosa fa, come consigliere, per gli psicologi?
Riesce, gentilmente, a rispondere?
Antonio
Caro Antonio,
a chiunque scriva senza nome e cognome – come è del resto consentito fare, ci mancherebbe – io riservo l’appellativo di anonimo: sa, io ci metto le mie generalità, lei no.
Cosa ho fatto nell’ordine veneto? lo può trovare nei molti articoli che sicuramente le interesserà leggere sul sito di AP.
Fra le altre cose:
– ho svolto per quattro anni le istruttorie di deontologia professionale, con un tasso di presenze secondo solo al coordinatore della commissione deontologia. Ho mantenuto il mio contributo quando per oltre sei mesi gli altri componenti non si presentavano in commissione con la scusa delle date non condivise. Certo, non è spettacolare come fare un convegno o come lo ‘psicologo di base’, è un lavoro che nessuno vuole fare, ma serve pure quello: l’Ordine esiste per albo, tutela e deontologia.
– se oggi gli iscritti partecipano alle sedute non è certo grazie ad altri consiglieri: io, Stefania Vecchia e la squadra di Veneto abbiamo forzato il consiglio a prendere una posizione in merito, chi fuori dalla porta a bussare e chi – come consigliere – dentro. Sembrerà poca cosa, e tutto vorranno dire che erano d’accordo. Però intanto senza AP gli iscritti sarebbero ancora fuori dalla porta.
– se oggi può trovare alcuni – non tutti – i verbali pubblicati sul sito dell’ordine, è grazie a me, Stefania Vecchia e Veneto.
– se oggi non trova posizioni nette in materia di omosessualità e terapie riparative da parte dell’OPV è perché, a due anni dalla nostra richiesta di inserire uno specifico punto all’ordine del giorno, tale punto naviga attorno alla 17ma posizione. Ma tant’è: l’ordine del giorno lo fa il presidente, e quindi quel che il presidente stabilisce di discutere passa prima di tutto.
– come coordinatore della commissione comunicazione ho interamente rivisto il sito internet dell’OPV. Appena terminata la scatola, l’ho consegnata al proprietario, l’Ordine. Che non sa usarla come si dovrebbe, ma questo è altro discorso.
– come coordinatore della commissione comunicazione, ho organizzato insieme ai colleghi un ufficio stampa che seguiva regole ben precise nell’intervento sui media e operava attraverso un consulente esterno. Appena è stato possibile, alla mia prima assenza ad una riunione di consiglio, i miei colleghi consiglieri hanno pensato di cambiare il consulente. Da allora, non ho più materialmente alcun potere di intervento sulle attività dell’ufficio stampa dell’OPV, che è diventato l’ufficio promozione delle attività del presidente e di alcuni consiglieri piuttosto che della psicologia e dell’ordine.
– mi sono occupato di tutela e lotta all’abusivismo professionale, attraverso la mia partecipazione all’attività di screening delle centinaia di segnalazioni annue che arrivano all’ordine da parte di iscritti e cittadini. Il tutto senza consulenza legale, come è invece prassi in altri ordini. Senza sostegno da parte del consiglio. Senza riuscire ad imbastire una vera funzione di tutela. Anche questa è attività che l’ordine deve svolgere per obbligo di legge.
– avevo creato un gruppo di lavoro nel mio settore di attività, le dipendenze. Colleghi entusiasti, disponibili ad offrire la propria professionalità e perfino gli spazi per eventi dedicati agli iscritti: tutto gratuito per l’ordine. Ma al momento dell’invio delle newsletter, il presidente aveva spesso da eccepire su contenuti, grammatica, sintassi, etc. e mi capisca: perdere tempo non piace a nessuno. Gli eventi di settore ce li organizziamo fuori dall’ordine. Il resto degli eventi che vede organizzati dall’ordine, lo sappia, costano denaro degli iscritti.
Per il resto, ho dedicato molta parte del mio tempo per partecipare alle riunioni di consiglio e svolgere al meglio possibile la mia parte, anche in aperta opposizione a ciò che non ho ritenuto corretto in questi quattro anni. Perché il consigliere è parte di un organo collegiale, e lo spirito di un organo collegiale non è quello di ‘fare’ in modo cieco e sordo, ma di decidere con procedura democratica. Per cui il dibattito, nelle sue migliori accezioni, è parte integrante del lavoro del consigliere.
Ma venga a vedere una riunione di consiglio, in modo da farsi un’idea diretta di quel che faccio. Ne ha facoltà: ho insistito molto per farle ottenere questo diritto, le auguro di spenderlo bene.