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Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera anonima.

Se anche tu vuoi scriverci una lettera anonima, manda una mail a contatti@altrapsicologia.it

 

Egregio signor dottore Zanon,
Lei sa quanto io l’abbia in disgrazia. Perché lei, che si è seduto su plurime poltrone, ormai ha smarrito il senso. Lei ha perso il contatto. Lei non conosce più il significato della parola LAVORO.

E allora glielo dico io, signor Dottore: quello dello Psicologo di Base non è un LAVORO.

E mi permetta: anche lei un tempo lo diceva, prima di perdere tutto lo smalto che aveva:
Lo diceva nel 2013:
https://www.altrapsicologia.it/…/psicologo-base-chiarezza/
E lo ripeteva nel 2019:
https://www.altrapsicologia.it/…/unaltra-resurrezione…/

E dunque cosa sarà mai cambiato?
Non vorrà mica dirci che se il medico di base è un LAVORO, allora lo è anche lo psicologo di base?

No, non lo è. Lo psicologo di base non è un lavoro. Il medico di base è un lavoro.
E glielo dico io, perché: i medici di base questa capillare distribuzione sul territorio se la sono guadagnata sul campo, andando a spalare quintali di zanzare e malaria con gli stivali immersi nella merda delle paludi del Polesine.
Merda fino a mezza coscia, caro Signor Dottore.

Altro che vantarsi di questi cinque anni di feste universitarie e sufficienze strappate all’alcool. Di questi quattro anni di fede in psicoterapia comprata a caro prezzo sul mercato privato. Di questi tirocini improbabili e soprattutto INTROVABILI.

La VERITÀ, caro Signor Dottore, è che siamo lontani terametri dalla posizione (s)comoda del nostro medico condotto.
E forse, mi permetterà, siamo un’altra cosa.

Il problema è capire cosa. Perché pure questo non è chiaro. Perché il medico di base di cui vorremmo imitare le sorti, un suo ruolo nel sistema sanitario ce l’ha ed è ben chiaro, codificato, costruito negli anni.

E noi invece, a voler guardare tutte le varie leggi e leggine, sembriamo vagare in cerca di un ruolo, uno spazio. E persino di un nome, tanti sono i battesimi somministrati a questo psicologo: di base, di territorio, di famiglia, delle cure primarie e chissà che altro ancora.
Sarà che a noi piacerebbe essere qualcosa di diverso. Ma non sappiamo cosa. E allora, per comodità, anche noi ricadiamo infine nel mito del sanitario ‘di famiglia’ insieme all’infermiere, all’ostetrica, all’auto e al gatto.

Come se si potesse creare un ruolo sanitario per assonanza.
Con l’idea che forse, da adottati, qualche crocchetta almeno ce l’avremo.

Mi taccio. Tanto sa benissimo di cosa sto parlando. Smettetela di raccontare frottole.

Abbia il coraggio, come sempre faceva, di dire la VERITÀ e affermare che questo psicologo di base o di famiglia o di condominio o quel che sia è il frutto illusorio e sconsiderato di trent’anni di menzogne di famiglia.

La nostra, famiglia.