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La gestione dell’attuale maggioranza ENPAP non ha mai soddisfatto in tema di trasparenza: è noto che il CIG viene informato in modo parziale sulle operazioni finanziarie, spesso a cose fatte. A voler vedere, per ogni cosa ci sarebbe da fare un putiferio per ottenere informazioni.

Ma se per operazioni di secondaria importanza si può soprassedere, le operazioni che impiegano significative percentuali del patrimonio dovrebbero essere a conoscenza del Consiglio di Indirizzo. Invece non è così.

Addirittura, si arriva al paradosso per cui non è più il responsabile di una certa funzione (ad esempio, il CDA) a dover informare di propria iniziativa le altre componenti dell’ENPAP (il CIG), ma dovrebbe essere il CIG a chiedere continuamente informazioni somministrate con il contagocce.

Sul palazzo di via della Stamperia è andata proprio così: per un anno intero i consiglieri di minoranza del CIG hanno chiesto informazioni durante i consigli (4 volte, presenti a verbale).

Vista in questa prospettiva potrebbe sembrare una logica di funzionamento naturale, e si rischia di abituarsi a credere di dover chiedere tutto e di non aver diritto a nessuna informazione. Ma… proviamo per un attimo ad uscire dal nostro ristretto villaggio di categoria, e andiamo a vedere come si comportano gli altri.

Il sito del Sole24Ore pubblica QUESTO ARTICOLO l’11 Ottobre 2011. l’Adepp, l’Associazione degli Enti di Previdenza Privati che associa gli enti previdenziali dei liberi professionisti, di cui fa parte l’ENPAP, ha redatto “proprie linee guida propedeutiche a un codice di regolamentazione per la gestione e il controllo del rischio dei patrimoni mobiliari e immobiliari”.

In pratica, nella dialettica con il governo e gli organi preposti alle funzioni di vigilanza, l’Adepp sceglie la via della trasparenza e del rigore nei criteri di investimento, e propone un proprio codice di regolamentazione da applicare alle operazioni finanziarie degli enti di previdenza.

Nulla di diverso dalle linee guida che noi psicologi adottiamo tutti i giorni quando trattiamo questo o quel disturbo: affidandoci ad un sapere consolidato dalla ricerca e dalla pratica scientifica e clinica, adottiamo una condotta che sappiamo essere virtuosa ed efficace, e che ci salvaguarda dal commettere errori.

Cosa dicono queste linee guida? citando dall’articolo del Sole24Ore, gli enti previdenziali dovrebbero adottare sei principi:

1) La tracciabilità dei processi di investimento: individuazione dei soggetti coinvolti nelle operazioni, i relativi poteri e le responsabilità;

2) La definizione di un indicatore di sostenibilità e garanzia di lungo periodo, necessario per dare stabilità finanziaria e certezza di solvibilità delle prestazioni;

3) la valutazione preventiva e a posteriori del rischio per un suo continuo monitoraggio;

4) la definizione di limiti di garanzia qualitativi e/o quantitativi agli investimenti nelle singole asset class;

5) la predisposizione di report omogenei con criteri comuni di quantificazione dei valori e dei rendimenti sia immobiliari sia mobiliari, anche tenendo conto delle politiche di accantonamento ai fondi per la copertura delle oscillazioni dei mercati. Report che verranno univocamente utilizzati per le comunicazioni alle diverse autorità di vigilanza.

6) La definizione di un periodo transitorio sufficiente a consentire la graduale applicazione dei principi.

Non occorre essere dei luminari della previdenza per rendersi conto che la logica che soggiace a questi principi è quella del dovere di trasparenza e di chiarezza: ogni operazione deve essere in chiaro, tracciata, monitorata, narrata con una reportistica omogenea e comprensibile.

Il dovere di informare sta in capo a chi è responsabile delle operazioni, come è normale in ogni ente, azienda, organizzazione.

Lo scandalo mediatico che ha colpito l’ENPAP è stato invece il punto finale di un processo opposto: la mancanza di informazioni sulle operazioni finanziarie. Un processo doppiamente dannoso: verso i colleghi e verso lo sforzo congiunto delle casse per darsi una regolamentazione univoca e con azioni tracciabili.

Riteniamo la trasparenza un dovere etico degli amministratori, e come consiglieri per Altrapsicologia la applichiamo con rigore attraverso l’informazione pubblica, liberamente commentabile e spontaneamente prodotta. I colleghi non devono essere mai messi nella condizione di chiedere informazioni: devono riceverle senza chiederle.

L’impegno di Altrapsicologia è stato fin dall’inizio un impegno in tale direzione. E ora più che mai continuerà ad esserlo, con la pretesa di avere risposte certe ed inequivocabili in tutte le sedi opportune.

Vogliamo che questa Prima Repubblica degli psicologi giunga al termine. E sicuramente gli psicologi tutti auspicano una Seconda Repubblica dove la trasparenza sia un principio fondativo assoluto.