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Cosa succede nel mondo della psicologia militare?
Quali sono le novità in arrivo in seguito alla recente sentenza della Corte Costituzionale?

Prima di illustrare cosa comporta la recente sentenza che interessa gli Ufficiali Psicologi inquadrati nei corpi sanitari delle Forze Armate, è bene fare qualche passo indietro e ripercorrere i passaggi più salienti del percorso che ha portato ad un’importante vittoria per la nostra categoria professionale nell’ambito delle istituzioni militari.

Forse non tutti sono al corrente che i Corpi Sanitari delle Forze Armate prevedono al loro interno la presenza di sempre più numerosi Ufficiali Psicologi, cui sono delegati diversi compiti fondamentali. In primis si occupano dello stress management, della prevenzione e gestione dei disturbi conseguenti ad eventi traumatici, ma si occupano anche di questioni più legate all’ambito della psicologia del lavoro, come le attività di selezione e valutazione dell’idoneità al servizio, fino a mansioni di consulenza e formazione del personale stesso.

Si tratta di colleghi e colleghe che, a tutti gli effetti, sostengono un iter di selezione per essere inquadrati come Ufficiali, alla luce del D.lgs. 66/2010, conosciuto anche come “Codice dell’Ordinamento Militare”.

Ed è proprio nel D.lgs. 66/2010 che si trova il punto cardine dell’ennesima battaglia che l’Ordine degli Psicologi del Lazio a guida AltraPsicologia ha portato avanti, tra T.A.R e Consiglio di Stato.

L’articolo 210, infatti, espone quanto segue:
Art. 210 Attività libero professionale del personale medico
 1. In deroga all’articolo 894, comma 1, ai medici militari non sono applicabili le norme relative alle incompatibilità inerenti l’esercizio delle attività libero professionali, nonché le limitazioni previste dai contratti e dalle convenzioni con il servizio sanitario nazionale, fermo restando il divieto di visitare privatamente gli iscritti di leva e di rilasciare loro certificati di infermità e di imperfezioni fisiche che possano dar luogo alla riforma.”

a queste parole appare esplicita una disparità di trattamento, tra il personale sanitario afferente all’area medica e quello di area psicologica, nell’esercizio dell’attività libero professionale. Tale situazione è ancora più evidente se consideriamo anche la Circolare del 2008, con cui la Direzione Generale per il personale Militare ritenne obbligatorio che venisse indicato sull’Albo degli Psicologi il divieto di libera professione per i colleghi inquadrati nelle Forze Armate.

Già nel 2008 l’Ordine degli Psicologi del Lazio, preso atto di questa disparità di trattamento, ha provveduto ad impugnare suddetta circolare, ritenendo errata l’interpretazione data all’art. 8 della L. 56/1989, che ritiene configurabile, e pertanto possibile in presenza di determinati requisiti, la compatibilità tra la condizione di dipendente pubblico (in questo caso nelle FF.AA.) e lo svolgimento della libera professione.

L’Ordine degli Psicologi del Lazio a guida AltraPsicologia non si è però fermato qui.

È stato infatti ritenuto importante impugnare anche la tesi con cui il Ministero consentiva esclusivamente agli Ufficiali Medici una deroga per lo svolgimento della libera professione, al di fuori dell’orario di lavoro, nei confronti dei civili.

Nonostante nel 2016 il TAR Lazio avesse dichiarato inammissibile il ricorso rispetto al respingimento delle istanze presentate da numerosi Ufficiali Psicologi dell’Esercito, OPLazio non si è arreso e ha continuato a tutelare i propri iscritti anche davanti al Consiglio di Stato.

La perseveranza dell’Ordine del Lazio ha permesso di sottoporre la situazione presso la Consulta della Corte Costituzionale, che ha confermato la disparità di trattamento denunciata dall’Ordine e dai diretti interessati,

Nella sentenza 98/2023, possiamo leggere: “Poiché entrambi i professionisti — medici e psicologi militari — erogano prestazioni volte anche alla tutela dell’integrità psichica e, oggi, rientrano nell’unitaria categoria del personale militare abilitato all’esercizio della professione sanitaria, essi vanno equiparati sotto il profilo che qui viene in rilievo, quello della facoltà di svolgere la libera professione. Ciò a prescindere dall’eventuale diversità di ruoli e di progressione di carriera, che può riscontrarsi nell’ambito dei rispettivi corpi sanitari di appartenenza. Anche perché, alla luce dell’analisi sin qui svolta, non emergono ragioni che giustificano il riconoscimento della predetta facoltà esclusivamente ai medici militari.”

La cosa che colpisce maggiormente è come, finalmente, i due profili professionali siano riconosciuti parimenti dal Legislatore, sia in termini di trattamento, ma soprattutto nel riconoscimento del ruolo volto alla tutela dell’integrità psichica; ci preme quindi evidenziare questo progressivo riconoscimento anche in termini normativi dello sviluppo della nostra professione.

Si tratta di una importante vittoria per il nostro Ordine e la nostra Professione.

Cosa succederà ora?

Il Consiglio di Stato dovrà pronunciarsi nel merito e accogliere i ricorsi degli Ufficiali Psicologi che, sostenuti dall’Ordine, avevano avanzato istanza di esercizio della libera professione esterna.

Al pari di quanto già possibile per i medici militari, anche agli psicologi militari dovrà essere consentita la possibilità di esercitare la libera professione fuori dall’orario di servizio.

Psicologi e medici appartenenti alle Forze Armate potranno finalmente avere lo stesso trattamento.