Quando i migranti eravamo noi.

La nostra è una specie migratoria. Non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo, perché lo affermano decenni di studi antropologici. Gli esseri umani si sono sempre spostati in cerca di nuove terre.

Noi stessi, in Italia, siamo il frutto di migrazioni provenienti dall’Africa e a nostra volta siamo stati migranti in modo così massiccio e in tempi così recenti che si sono ancora persone vive che possono raccontarlo. Ricordare quando eravamo migranti da un Paese povero dovrebbe aiutarci a capire che non c’è bisogno di una guerra per aspirare a salvare se stessi e i propri figli dalla miseria.

Oggi stiamo emigrando di nuovo: secondo l’ISTAT l’emigrazione di italiani verso altri paesi cresce costantemente: 300.000 IMMIGRATI, 157.000 EMIGRATI NEL 2016. Di certo non stiamo emigrando a causa di una guerra. (Report ISTAT | Migrazioni 2016)

Perché allora il bisogno di parlarne?

Perché come psicologi non possiamo restare inerti davanti allo spettacolo deprecabile che si sta consumando nel nostro paese. Ad un clima sempre più intollerante, che fa leva sui bias cognitivi delle persone per alimentare una cultura intollerante verso i migranti.

I colleghi psicologi che operano nelle strutture di accoglienza per migranti di tutto il territorio nazionale stanno segnalando situazioni assurde, in larga parte originate dalla recente entrata in vigore del Decreto Sicurezza.

Il Decreto ha abolito i permessi di soggiorno per motivi umanitari, senza prevedere alternative. Si trattava di una delle tipologie di permesso finora più utilizzata per dare statuto giuridico e possibilità di lavoro ai migranti presenti in Italia.

La sua abolizione ha avuto l’effetto di porre in posizione irregolare, dall’oggi al domani, migliaia di persone. Che hanno perso improvvisamente qualunque diritto all’assistenza umanitaria e all’accoglienza in una rete di servizi in cui operano centinaia di psicologi.

I colleghi stanno assistendo impotenti all’espulsione di persone da luoghi di accoglienza che sono finalizzati a facilitarne l’integrazione, e alla loro traduzione in strada. Fra loro anche genitori con bambini, che improvvisamente cadono nel limbo dell’irregolarità con scarse possibilità di ottenere un diverso permesso di soggiorno e l’incertezza per il futuro proprio e dei propri figli.

Nella Giornata Mondiale del Migrante, Altrapsicologia esprime la propria ferma contrarietà a queste scelte di politica sociale, frutto di una cultura che ha perso il valore della persona umana, dell’uguaglianza sociale, dei diritti civili.

La possibilità di permanenza, di lavoro e di abitazione nel nostro Paese diventa sempre più una corsa ad ostacoli, densa di incertezze e di periodi a termine, trascorsi i quali non vi è alcuna certezza di rinnovare le stesse opportunità. L’esistenza stessa diventa incerta.

Non vi può essere alcuna sicurezza se manca il patto sociale fra cittadini. Se lo Stato condanna all’incertezza e il problema principale è la sopravvivenza.

Lo psicologo non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. Questo afferma il nostro Codice Deontologico e questo vogliamo riaffermare noi, in questa Giornata.