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riconoscimento counselorIl ‘counseling’ è un’attività riservata agli psicologi o può essere utilizzato da chiunque?

Utilizza quegli ‘strumenti conoscitivi e di intervento in ambito psicologico’ come recita la Legge 56/89 o invece strumenti e tecniche utilizzabili da chiunque?


Con l’approvazione della legge 4/2013 “Disposizioni in materia di professioni non organizzate” siamo di fronte forse all’atto conclusivo: finalmente i counselor devono uscire allo scoperto e farsi riconoscere come professione dimostrando che non fanno ‘sostegno psicologico’ e che non utilizzano gli strumenti a noi riservati (test, colloquio e osservazione in ambito psicologico), che non utilizzano teorie e costrutti psicologici e nulla hanno a che fare con la salute.

Ricordiamo che la Legge 4, ha l’obiettivo di riconoscere tutte le professioni “non organizzate in ordini o collegi”, cioè “con  esclusione  delle  attività  riservate  per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi”. Inoltre, esclude anche le “professioni sanitarie”. Quindi noi psicologi essendo una professione con un albo e sanitaria dovremmo essere doppiamente tutelati.

A questo punto i counselor dovrebbero dimostrarci che non fanno interventi psicologici e che non intervengono sulla salute delle persone (intesa proprio come vuole l’OMS, cioè BENESSERE bio-PSICO-sociale). Soprattutto dovranno dimostrare che non fanno riferimento a modelli psicologici.

L’aspetto più interessante della legge è che essa propone, anzi “promuove”, “l’autoregolamentazione  volontaria”. Questo vuol dire che queste nuove professioni, in potenza… counselor compresi, potranno darsi delle norme, degli standard, per definire i requisiti della professione, come ad esempio quanta formazione e in che cosa, le competenze necessarie e le procedure da utilizzare nel proprio lavoro. Nel mondo, l’Ente che si occupa di definire i requisiti delle norme è l’ISO, in Italia è UNI. Proprio gli stessi della scritta “UNI/ISO” che vediamo sui prodotti, questo vuol dire che il prodotto ha rispettato i requisiti italiani e internazionali, quindi è un prodotto a norma.

Quindi per autoregolamentarsi, in Italia si va da UNI, cioè la legge 4 suggerisce che la nuova professione per farsi riconoscere deve passare dalle norme UNI. Infatti, aggiunge la legge, le norme UNI “ne assicurano la qualificazione”!

Così hanno fatto i fotografi. Allo stesso tempo stanno cercando di fare in UNI i counselor… sempre che riescano a dimostrare di non accavallarsi alle competenze degli psicologi.

Come avviene la normazione UNI?

Sinteticamente, quando qualcuno vuole normarsi, si propone all’UNI che fa svolgere inizialmente un’inchiesta pubblica preliminare per essere sicura che non ci siano problemi a riguardo e, se nessuno si oppone, si insedia un gruppo di lavoro con l’obiettivo di scrivere la norma. Fatta la norma, questa passa per un’assemblea generale per avere l’ok definitivo e viene pubblicata.

Naturalmente UNI ha un ruolo tecnico e di processo, non entra nei contenuti, la responsabilità è di chi propone e scrive la norma.

Così, secondo la legge 4 se una professione non regolamentata svolge tutto questo iter, verrà facilmente riconosciuta e inserita nell’elenco delle professioni, diventando in tal modo una professione “non organizzata” ma comunque riconosciuta dalla legge italiana.

Anche i counselor non psicologi si sono esposti all’inchiesta pubblica. Dal 2 al 17 Agosto del 2012! Peccato che la loro inchiesta pubblica sia capitata proprio nelle due settimane di vacanza di quasi tutta Italia. Forse perché era meglio passare inosservati? Non possiamo saperlo ma il gruppo di lavoro si è insediato per scrivere la norma.

UNI correttamente si preoccupa di invitare tutte le parti interessate, quindi è stato invitato anche il nostro Ordine Nazionale (CNOP) che, “”purtroppo””, non è riuscito ancora ad insediarsi presso il gruppo di lavoro.

L’unico atto compiuto dal CNOP in tutta questa vicenda è stato urlare allo scandalo quando è stata promulgata la legge 4/2013 (che già ci tutela, come segnalato da AltraPsicologia in precedenza), mentre il fulcro della questione non è che la legge sia sbagliata, anzi; si tratta di seguire tecnicamente e nei contenuti la difesa della nostra professione e della salute dei cittadini. Dichiarando quanto è ovvio a molti: che in Italia il counseling praticato da tutti non è che uno stratagemma per fare uscire la Psicologia dai vincoli della legge e creare fette di mercato per formatori senza scrupoli di stregoni e fattucchiere con simpatie “psic”.

Questa volta si fa sul serio e finalmente potremmo chiudere l’annosa questione del counseling non psicologico.

AltraPsicologia farà di tutto per far rispettare la legge 56/89 che definisce la professione di psicologo, perché gli psicologi dopo 5 anni di Università non hanno solo il dovere di svolgere il tirocinio, l’Esame di Stato, iscriversi all’ordine e pagare la quota, ma hanno anche dei diritti.

La questione è assolutamente cruciale, ci auguriamo che – almeno per una volta – tutti i gruppi politico professionali degli psicologi siano pronti a fare fronte comune.

Questo è il momento di passare dalle parole ai fatti e di intervenire uniti per la tutela della professione di Psicologo. AltraPsicologia, oltre a tenervi informati sulla questione, da qualche mese si è attivata in UNI.

Ci auguriamo presto di poter fare fronte comune con le altre sigle.