Dal 13 marzo è entrato in vigore il Decreto 232/23, il quale mette in atto alcune disposizioni della cosiddetta ‘Legge Gelli’ 24/17, dopo sette anni dalla sua promulgazione.
Queste disposizioni riguardano le polizze assicurative professionali e stabiliscono che queste siano efficaci solo nel caso il professionista abbia assolto almeno al 70% dell’obbligo ECM nell’ultimo triennio.
Sebbene il tema possa sembrare noioso, è importante comprenderlo perché avrà un impatto significativo sulla vita dei professionisti sanitari e dei cittadini che si affidano a loro.
Come è noto, una delle molteplici responsabilità dei liberi professionisti è la sottoscrizione di una polizza di responsabilità civile professionale, di cui l’utente o paziente deve essere informato attraverso il contratto di prestazione d’opera.
Un obbligo ma anche una protezione.
Sia per il professionista, in quanto lo libera dall’onere di risarcire eventuali danni con il suo già faticato reddito, sia per il cittadino, che ha la garanzia di ricevere il rimborso dalla compagnia assicurativa, la quale dispone di un patrimonio certamente più consistente e sicuro di quello di uno psicologo.
Tuttavia, ciò che il cittadino probabilmente ignoro, è che la polizza assicurativa da cui crede di essere protetto ogni qual volta si affida ad uno specialista della salute, potrebbe non essere stata stipulabile o efficace per quel professionista, a causa del Decreto n. 232/2023.
Con il Decreto entra infatti in vigore l’articolo 38-bis del DL n.152/2021 (lo so, è una fatica ma seguitemi ancora un po’!) che recita “l’efficacia delle polizze assicurative di cui all’articolo 10 della legge 24/2017 è condizionata all’assolvimento in misura non inferiore al 70% dell’obbligo ECM nell’ultimo triennio utile” (l’attuale 2023-2025).
Non entreremo qui nel merito del dibattito se il sistema ECM sia garanzia di vero aggiornamento professionale tanto da essere legato anima e core al sistema di copertura assicurativo.
Tralasciamo anche il tema delle polizze assicurative delle ASL e delle strutture sanitarie convenzionate, che pure vengono coinvolte nell’emendamento, ma è probabile che tali strutture si attrezzeranno per avere professionisti in regola e fare i dovuti controlli, tutelando sé stesse e la popolazione coinvolta.
Concentriamoci ora solo sull’utente che si rivolge al privato.
In sostanza un cittadino sfortunato tre volte: la prima per patire una sofferenza psicologica, la seconda per essersi rivolto ad un professionista che per qualche motivo gli ha procurato un danno, la terza perché, se questo professionista ad un certo punto non è più in regola con la quota d’obbligo formativo ECM, non può stipulare un’assicurazione.
E il professionista avrà da parte qualche centinaio di migliaia di euro per risarcirlo?
Il professionista sarebbe tenuto ad essere in regola, sappiamo anche questo.
Ma se non lo è (e i dati ci dicono che è frequentissimo), in che modo il cittadino può saperlo prima o durante e quindi, tutelarsi?
Neanche il professionista, se non è un filino ossessivo, riesce a saperlo in diretta. Dal momento in cui frequenta un corso a quando vede registrati i suoi crediti nel portale Co.Ge.A.P.S. possono passare più di 15 mesi!
Come se tutto ciò non bastasse, ci sono i già noti buchi del sistema.
Per esempio, rispetto al triennio 2020-22 già prorogato e scaduto anche di proroga, ancora nessuno sa cosa succederà a livello di implicazioni deontologiche a chi non è in regola. E nessuno sa se e come si possa eventualmente sanare una posizione a posteriori.
Immaginando un rapporto professionale attualmente in corso, tecnicamente nessuno è assicurativamente fuori regola finché non finisce il triennio. Ma lo potrebbe essere a partire dal 2026.
E l’utente magari in carico da anni lo scoprirà allora. Sempre che qualcuno glielo dica. Dove verrà pubblicato questo dato? Da chi?
E comunque a quel punto che fa? Prende atto, cambia terapeuta e piange su ciò che è stato visto che il professionista non potrà assicurarsi per i 3 anni successivi? O saranno previste possibilità di recupero o compensazione dei crediti mancanti che al momento non ci sono?
La situazione è grottesca. E proprio a tutela della cittadinanza che potrebbe rischiare di vedersi danneggiata, gli Ordini a maggioranza AltraPsicologia di Abruzzo, Campania, Marche, Lazio e Sicilia e Veneto hanno deliberato tempestivamente di impugnare il decreto in tribunale.
Speriamo vivamente che altri Ordini Regionali e lo stesso Consiglio Nazionale, per il bene collettivo, vorranno seguire questa scia.
Noi intanto abbiamo aperto la strada e andremo avanti, e come sempre, vi terremo informati degli sviluppi.