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Sempre più numerose le cosiddette professioni limitrofe che tentano di offrire servizi – di fatto – legati a sostegno psicologico e promozione di salute e benessere psicologico. Parliamo di counselor, coach, pedagogisti clinici, reflector, consulenti filosofici, motivatori, ecc…

Vi proponiamo un’analisi di macro-scenario ed un progetto d’intervento operativo e praticabile, per cominciare veramente a tutelare la nostra professione dallo scimmiottamento di queste figure limitrofe!

Se entreremo come Consiglieri all’Ordine Lazio, ci impegneremo per farlo mettere in opera, chiedendo a tutti voi di sostenerci nel creare la giusta “pressione politica”

Analisi di macro-scenario

Possiamo individuare cinque principali con-cause che generano ed alimentano questa situazione a danno degli psicologi:

1. Mancanza di atti tipici

L’Art.1 della legge 56/89 – che istituisce la professione di Psicologo – è un’enunciazione generica che non contempla “atti tipici” ed esclusivi:

La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito

La mancata esplicitazione di specifiche tipiche ed esclusive, permette quindi ad altre presunte professioni di proporsi sul mercato utilizzando – di fatto – strumenti, pratiche e competenze dello psicologo.

2. Business scriteriato

La proliferazione di queste figure limitrofe è spessissimo generata da psicologi, per questioni di business. Questa la cruda ed amara realtà! Qui un articolo di approfondimento.

A metà anni ’90 iniziò a crescere a dismisura il numero di Scuole di Psicoterapia e, parallelamente a stabilizzarsi il numero di specializzandi. L’offerta superava la domanda. Cosa fare? Facile, allargare la potenziale domanda!

Visitare un pò di siti web di Scuole di Psicoterapia e vi accorgerete di quanto spesso si offra agli psicologi “4 anni a 20.000€ per diventare psicoterapeuti”, e parallelamente si creino concorrenti con “3 anni e poche migliaia di euro”

Perché non si interviene? Perché le Scuole rappresentano importanti bacini di voti per i Consiglieri all’Ordine, perché molti consiglieri sono anche Direttori o Docenti di Scuole!
Il sistema non ci tutela, ma si tutela molto bene!

3. Mancanza di una chiara identità professionale

Sono molti i colleghi che non sanno ben distinguere i profili professionali di psicologo, psicoterapeuta e counselor.
Sono molti i colleghi, soprattutto giovani, che alimentano i corsi di formazione di queste figure limitrofe, in cerca delle competenze operative che l’Università non è riuscita a passare.
Sono molti i colleghi che si fregiano della targhetta di counselor o coach, quando – di fatto – è una targa vuota, non regolamentata da legge.

Sono assenti gli Ordini, compreso il Lazio, che non si preoccupano di informare, sensibilizzare e chiarificare. Anche perché ciò andrebbe in conflitto di interesse con il punto DUE.

4. Mancanza di legislazione

Tornando all’Art.1 della 56/89, ed alla possibilità di riempirlo di atti tipici, ad oggi è quasi inesistente la giurisprudenza a favore dello psicologo. Abbiamo la famosa Sentenza Platé del 2003 in cui si afferma che “la diagnosi psicologica attraverso l’uso dei relativi strumenti conoscitivi, è attività riservata agli psicologi“, e di recente abbiamo avuto una nuova, importante sentenza che allarga anche a “osservazione e colloquio” gli atti tipici.

L’aumento di giurisprudenza corrisponde quindi ad un aumento di tutela. La diffusione all’esterno di questa giurisprudenza scoraggia invece chi intende scimmiottare, o formare scimmiottatori.

5. L’assenza di una strategia di promozione e marketing

La rappresentazione dello psicologo nella società è vaga e confusa, spesso schiacciata su quella dello psicoteapeuta e psichiatra (anch’essi confusi per altro!), e quindi compressa sulle dimensioni di cura, malattia, patologia…

Tutto l’ambito della salutogenesi, ovvero della promozione di salute e benessere psicologico, di crescita e sviluppo, di orientamento e supporto è invece sempre più aggredita dalle professioni limitrofe, percepite come “più adatte e leggere”.

L’Ordine Psicologi, compreso il Lazio, non ha in questo senso una strategia di comunicazione e marketing che riesca a riposizionare l’immagine dello psicologo ed a promuovere la sua rilevanza sociale nella comunità.

Proposta operativa da portare nel nuovo Consiglio Ordine Lazio

Se avremo l’opportunità di rappresentare gli Psicologi del Lazio all’interno dell’Ordine, ci impegneremo affinché l’Ordine Lazio prenda seriamente in carico il problema dell’abuso della professione di psicologo e si attivi in modo efficace.

Abbiamo appena visto che la tutela della professione deve prendere in carico diverse tipologie di cause e deve essere pianificata con approccio sistemico. Le questioni riguardanti il coinvolgimento degli iscritti ed il marketing della professione li dettaglieremo in specifici punti della nostra Agenda Lavori.
Qui ci occuperemo in particolare di:

  • gestire il business della formazione di figure limitrofe
  • aumentare la giurisprudenza che stabilisce gli atti tipici

1. Gestione del business della formazione di figure limitrofe

Ad oggi l’Ordine non ha strumenti legali per impedire alle Scuole di proporre corsi di formazione per counselor, coach, ecc… e questa lacuna legislativa è sempre stata addotta come giustificazione dell’immobilismo dell’Ordine.

Noi intendiamo proporre in Consiglio un differente percorso
Partendo dal presupposto che:

  • una Scuola sceglie di formare counselor e simili per una questione di business,
  • la maggior parte delle Scuole sono gestite da psicologi,
  • gran parte dei corsisti sono giovani psicologi in cerca di competenza

l’unico modo per convincere una Scuola a proporre percorsi di counseling riservati ai soli psicologi e non a tutti i diplomati, sciampiste e panettieri, è quello di creare una coscienza critica nel cliente psicologo, ovvero di sensibilizzare il collega alla scelta di percorsi formativi che tutelano la professione di psicologo, o comunque a scegliere Strutture il cui management non sia allo stesso tempo management di Albi dedicati a counselor, coach, refletor e simili (qui un esempio eclatante!).

E’ il cliente a guidare il mercato con le sue scelte! Se il collega comincia a scegliere percorsi riservati a soli psicologi, i vari colleghi, Direttori di Scuole che formano figure limitrofe, avranno due opzioni possibili:

  • ritarare i loro percorsi formativi aprendoli ai soli psicologi, ed abbandonare eventuali posizioni nel management di Albi limitrofi e non regolamentati,
  • continuare nella loro strada, ma rischiare la chiusura in quando buona parte della clientela viene persa.

Immaginatevi la rivoluzione che porterebbe un simile approccio!
Nel giro di tre o quattro anni esisterebbe – anche come rilevanza sociale – uno psicologo molto più forte e competente.

In questa nostra proposta, non chiediamo all’Ordine Lazio di additare le strutture che formano figure limitrofe. Chiediamo invece di cominciare un’opera di sensibilizzazione degli iscritti, in cui si faccia chiarezza sulla distintività del profilo professionale dello psicologo, in cui si renda trasparente l’esistenza di un mercato formativo mercantile, in cui si educa ad una scelta critica e tutelante del proprio percorso formativo.

L’indagine sulla Rappresentazione Sociale di Psicologo, Psicoterapeuta e Counselor interna alla categoria degli psicologi, proposta di Nicola Piccinini va ad esempio in questa direzione. I risultati verranno restituiti alla comunità e verrà poi organizzato un evento ad anno nuovo, con l’obiettivo di attivare un dibattito interno alla base che porti a scelte più consapevoli e ad un’identità professionale più forte e condivisa.

Noi lo stiamo facendo con le nostre forze e con il poco tempo a nostra disposizione. L’Ordine Lazio cosa potrebbe – e dovrebbe – fare con oltre DUE MILIONI di euro all’anno?

2. Favorire una giurisprudenza che stabilisca gli atti tipici

Da quando la sentenza Platé stabilì l’esclusività della psicodiagnostica come atto tipico dello psicologo, diverse strutture formative smisero di proporre formazione su test a chiunque, ed anche molte aziende e professionisti cominciarono ad essere più cauti nello scegliere una prestazione professionale di psicodiagnostica.

All’epoca l’Ordine Lazio si limitò ad inviare una letterina a qualche decina di Direttori del Personale sul territorio laziale e nulla più. (qui puoi leggere un articolo sull’originale strategia comunicativa dell’Ordine Lazio).

In questi giorni è uscita una nuova sentenza definitiva. Stabilisce che devono intendersi “specifici di tale professione (di psicologo) quei mezzi il cui uso si fonda sulla conoscenza dei processi psichici e che consistono essenzialmente nella osservazione, nel colloquio e nella somministrazione di test aventi lo scopo di individuare particolari aspetti del funzionamento psichico. Detti strumenti, poi, sono psicologici nella misura in cui hanno per finalità la conoscenza dei processi mentali dell’interlocutore, con l’utilizzo di schemi e teorie proprie delle scienze psicologiche”.

In pratica anche le attività di “osservazione, colloquio e test“, nella misura in cui abbiano “finalità” di “individuare e conoscere processi di funzionamento psichico” divengono atto tipico dello psicologo, se svolti secondo “teorie proprie delle scienze psicologiche“.
Ci sono quindi due importanti novità su cui lavorare:

  • la pratica di queste professioni limitrofe utilizza quindi osservazioni e colloqui per lavorare su processi mentali, secondo modelli psicologici? In caso affermativo, o parzialmente affermativo, potrebbe configurarsi reato!
  • la Scuola che forma counselor e simili, con obiettivi didattici tesi a passare competenze per individuare e conoscere processi mentali, che propone weekend formativi in cui si affrontano tecniche di colloquio e/o osservazione rifacentesi a teorie psicologiche, potrebbe essere passibile di denuncia?

Anche questo fronte, se portato avanti con determinazione e senza conflitto di interesse (Consigliere che è anche direttore, docente o amico di Scuola) può aprire scenari importanti per lo sviluppo della nostra professione.
I medici lottano con il coltello tra i denti per tirare tutto quanto sotto la propria egida, perché l’Ordine Lazio non potrebbe fare altrettanto!
E’ solo questione di volontà politica!

Riempire la professione di atti tipici ed esclusivi (grazie a nuova giurisprudenza) ha numerose ricadute positive:

  • il collega ha strumenti concreti per segnalare all’Ordine eventuali abusi che incontra nella sua pratica quotidiana,
  • l’Ordine ha strumenti efficaci per intervenire legalmente contro l’abuso,
  • al cittadino si possono mostrare sentenze che supportano valore ed affidabilità del nostro profilo professionale.

Un circuito virtuoso che va a rafforzare la nostra posizione professionale.

LA TUTELA DELLA PROFESSIONE E’ QUINDI POSSIBILE
E’ UN ATTO DI VOLONTA’ POLITICA