Alea iacta est: ora tuteliAm(iam)oci

Ovvero: hai voluto la bicicletta? Pedala!

E dobbiamo anche stare attenti che non ce la portino via, questa bicicletta. Tutti noi sappiamo benissimo i sacrifici fatti per ottenerla: notti insonni sui libri, esami rimandati, corse all’ultimo appello, ore di fila in segreteria e tanta, tanta ansia.

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Se è vero la vita da psicologi può essere dura, è anche vero che quella vissuta nell’attesa di diventarlo non è da meno, ma poco importa: quando la nostra costosa bici finalmente arriva, siamo pronti a pedalare e con il nostro bel tesserino ordinistico in mano ci tuffiamo nel mondo del lavoro carichi, propositivi e con tanta voglia di esercitare la professione.

Può, però, capitare che, mentre continuiamo  a pedalare, un bel giorno, ci imbattiamo in un volantino promozionale di quello che pare essere un professionista della salute, il quale offre tipologie di servizi che appartengono agli psicologi – proprio come te – ma non può essere, perché gli psicologi non possono farsi pubblicità con questi mezzi: chi sarà mai, dunque? Un counselor? Ma non sono forse io il counselor?

Di robe così ne è pieno anche il web: Il life coach – l’inglese rende sempre tutto più suggestivo – ti aiuterà a ritrovare il tuo benessere psicologico. Ma non è il mio lavoro?

Insomma, neanche il tempo di cambiare marcia per goderci la nostra bici appieno che già dobbiamo fermarci e TUTELARCI: questi tizi ambigui vorrebbero rubare la nostra bici e noi non possiamo proprio permetterglielo per le quanto ci è costata!

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Ad onore del vero, purtroppo, c’è chi addirittura riesce a farla franca, come si è visto di recente, esercitando abusivamente la professione di psicologo con appena un diploma e un corso di tuttologia. E ha pure la sua bella fila  di clienti al seguito.

Noi, nel frattempo, pedaliamo ancora, in attesa del posto di lavoro perché siamo PSICOLOGI e DOBBIAMO esercitare.

E se pensate che la battaglia alla tutela della professione si esaurisca lì, vi sbagliate di grosso. Mi duole scrivere questo, ma ho fugato ogni dubbio: spesso i principali nemici degli psicologi sono… gli psicologi!

Rivelatore, il web e, soprattutto, i gruppi sui social network che, nel bene e nel male, possono fornire uno spaccato della nostra categoria.

E così, da oasi nel deserto quali in realtà sono, da miniere d’oro in cui seri e preparati professionisti si mettono a disposizione di tutti in nome della colleganza, i gruppi social si trasformano, a volte, in aridi campi di battaglia e, come tutti i terreni aridi, per nulla fruttuosi.

Quello che si nota nei thread è, quasi sempre, uno scivolamento monotematico che vorrebbe decretare una sorta di vincitore, il più valido modello teorico, l’approccio più efficace o il percorso formativo migliore. Sapete, mi viene in mente il verdetto del dodo, ma stavolta, a mio avviso, non ci sarà neppure un vincitore tra di noi, solo fratture che indeboliscono la professione tutta. Così, per ogni sterile diatriba inter nos, ahimè, un vincitore là fuori c’è. E non è certo uno psicologo.

Ecco, sono convinto che esercitare voglia dire anche tutelarsi, difendersi e rimanere COMPATTI soprattutto in un momento storico in cui la nostra professione, che arranca ancora, è nel mirino di ciarlatani, pseudoprifessionisti e tuttologi senza scrupoli che, oltre a minare la categoria, si insidiano, con la seduzione e l’inganno, in una società distratta e sofferente che grida aiuto.

Non sarà meglio iniziare a vederci come una categoria di professionisti coesi e pronti a pianificare la difensiva con azioni congiunte e mirate? Non sarà che l’unione fa davvero la forza e che il dialogo può essere la chiave per preservarci da intrusi e impostori? E non sarà, anche, che la società ha bisogno di professionisti adeguatamente formati e che noi abbiamo il dovere di rispondere a tale necessità?