Giovani psicologi ed inserimento lavorativo: tra oggettività e sindrome di Calimero

SPOILER

Sono anche io una giovane psicologa, non parlo dall’alto di una ventennale esperienza professionale, bensì dal mio umile quasi settimo anno di attività libero professionale. So che vuol dire far sopravvivere una neonata professione ad una pandemia mondiale, ma, ancor prima, so che significa avviare una professione in un momento che tutti definiscono di “crisi”.

A proposito di crisi, è diceria diffusa che il settimo anno sia quello della crisi, quindi mi domando: cosa mi attende dietro l’angolo?

Oltre ad aver scelto una strada che, a detta di molti, non offre lavoro, ho un altro vizio: amo sapere da dove provengono le parole che usiamo.

L’etimologia della parola “crisi” deriva dal greco “krino”, che significa separare. Eccola qua, la tanto temuta crisi del settimo anno! In realtà, pare ci sia un riferimento al mondo agrario, in particolare al momento della trebbiatura, che è la fase conclusiva del raccolto, in cui si separa la granella del frumento dalle scorie. Si tratta, quindi, di una separazione che consente di mantenere la parte buona del raccolto, ma, per far ciò, bisogna saperla riconoscere. 

“Si raccoglie ciò che si semina” potrebbe dire qualcuno. Mah, in parte sì, in parte no. La verità è che odio gli assolutismi. Si può raccogliere tutto quello che si trova sul terreno e di questo tutto, a mio avviso, una parte dipende da quello che hai messo tu, una parte da quello che già c’era, una parte da quello che ha messo qualcun altro, ecc. Ma lascio a voi decidere la percentuale della vostra quota parte e, fatemi fare la psicologa, locus of control interno o esterno?

Ma la mia incapacità a far sopravvivere anche le piante grasse, mi porta ad abbandonare la metafora del mondo agrario, per parlare di cose di cui so.

I GIOVANI PSICOLOGI SPESSO SI SENTONO COSTRETTI A RACCOGLIERE QUALSIASI COSA TROVINO.

Va di moda il corso per tutor dsa? Tutti a fare il corso per tutor dsa. Hey, nell’ambito di HR si guadagna prima! E tutti appassionati di HR. Si parla molto di mindfulness…e che non te lo fai un corso di mindfulness? Occhio che ora c’è l’AI…

Lungi dal voler sbeffeggiare questi ambiti e, ancor meno, la formazione continua che è nostro dovere, voglio solo lasciarvi immaginare il disorientamento che (dis)guida i giovani psicologi. “Tutto fa brodo” potrebbe rispondere qualcuno. Eh no, così rischi di affogarci in quel brodo e la questione è che quel brodo l’hai cucinato tu, mosso dall’ansia di usare tutto ciò che era in frigo.

La comprensibilissima paura di non arrivare a fine mese porta molti giovani colleghi a disperdere le proprie energie nelle più disparate attività, perdendo di vista l’obiettivo finale e quelli intermedi, non facendo un bilancio delle proprie competenze, trascurando l’analisi dei bisogni territoriali, ecc. O, più banalmente, non tenendo a mente che nessuna risorsa è infinita e, se vuoi che risorsa generi risorsa, allora metti la risorsa dove il sole può darle vita (forse ho capito perché muoiono le mie piante grasse!).

Nel nostro lavoro, aiutiamo le persone a chiedersi il perché di alcuni comportamenti e, quando si ostinano a dire che dovevano fare per forza così perché mamma, il capo, il fidanzato, l’amica, il cane, ecc., che facciamo? Purtroppo, ho un altro vizio, studio psicoanalisi, quindi in questi casi provo ad andare oltre la famosa punta dell’iceberg.

Badate bene: nessuno vive nel paese dei balocchi.

SAPPIAMO PERFETTAMENTE CHE, TANTE VOLTE, I GIOVANI PSICOLOGI SONO CHIAMATI AD ATTIVITÀ DI RESPONSABILITÀ A FRONTE DI COMPENSI IRRESPONSABILI. 

Qualche senior potrebbe dire “gavetta”, forse c’è anche quella. In diverse situazioni, mi sono ritrovata a parlare con giovani colleghi in procinto di tirocinio e ho sempre consigliato: rubate tutto quello che potete! Non sono l’asl, l’azienda, il centro privato che rubano gratuitamente il vostro tempo, le vostre energie, la vostra forza lavoro, ma siete voi che dovete rubare il più possibile da quella comunità di pratiche. Perché è solo partecipando attivamente alle comunità di pratiche che si sviluppa quel famoso apprendimento situato di cui parla il Decreto Interministeriale n. 567/2022 sul tirocinio pratico valutativo.

Personalmente, penso che questo valga a tutte le età, anagrafiche e professionali, ogni qualvolta ci si affacci in una situazione nuova. 

Dai contesti formativi e professionali in cui ci troviamo possiamo scegliere cosa prendere e, forse, anche le cose che non ci piacciono, che non vanno, che non funzionano sono utili per scegliere poi chi si vuole essere.

Piccolo inciso: dico sempre che se hai svolto un tirocinio che ti ha fatto “schifo” (perché non mi piacciono i bambini, il lavoro in azienda mi annoia, ecc.) è un gran successo. Vuoi mettere che ora sei certo che non dovrai più investire in quella direzione, perché sai che quella non è la tua strada?!

SVOLGERE UNA PROFESSIONE NON VUOL DIRE SOLO SAPERE E SAPER FARE, MA ANCHE SAPER ESSERE.

E quando leggo di giovani che non riescono avviare la professione perché le ore di tirocinio non sono pagate e, quindi, devono cambiare strada, una parte di me comprende, si sintonizza, si dispiace, si arrabbia per un mondo che sembra non facilitare. Ma un’altra parte di me è scettica, si domanda se i giovani psicologi, purtroppo, talvolta non si percepiscano come il piccolo Calimero, che si sentiva sempre brutto e nero. Forse occorre un po’ di tempo, ma soprattutto la capacità di attendere. Di attendere la fine del raccolto, ma anche di scegliere cosa raccogliere, senza andare in crisi perché non riesce a prendere tutto.

«È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante». E sono certa che non devo ricordarvi di chi è la citazione, ma solo che tutto ha il suo tempo!

Altro piccolo inciso: talvolta anche i “grandi” possono sentirsi come il piccolo Calimero. Penso a quando ci si lamenta di pagare troppo all’ENPAP forse senza sapere che altri professionisti sono obbligati a versare una percentuale molto più alta della nostra. Che poi delle volte mi viene da pensare: quanto potrebbe essere faticoso per gli utenti affidarsi a professionisti che, di fronte alle difficoltà, sembrano trasformarsi nel piccolo Calimero?

Ma ritorniamo alla capacità di scegliere. Il termine “crisi” deriva anche dal latino “crisis” che significa scelta. Forse la crisi ci consente quella scelta che, se non facciamo noi, qualcun altro (probabilmente il mercato del lavoro) farà per noi. Allora forse la crisi può essere anche utile per scegliere come costruire il percorso a venire, consapevoli che una scelta libero professionale presuppone anche la capacità di fermarsi, comprendere, scegliere, costruire.

E purtroppo, allo stato attuale, la psicologia si svolge soprattutto in libera professione. È vero, questo è un problema!

Indubbiamente, serve una tutela della professione, in tutte le sue fasi, e per questo ci sono le Associazioni di categoria e gli Ordini professionali, ma soprattutto serve uno scambio tra questi e la politica. La domanda di psicologia è stata letteralmente sbattuta in faccia a tutti durante la pandemia, ora dobbiamo costruire degli spazi entro cui rispondere a queste domande.

Forse lo stesso vale per il giovane psicologo: assieme alla formazione e all’esperienza, deve anche costruire quello spazio entro cui porre la domanda “cosa scelgo di essere e cosa faccio per esserlo?”.

Buona trebbiatura!