Psicoterapia di qualità per tutti: è possibile?

Immaginate un servizio di psicoterapia e counseling psicologico di qualità aperto a tutti, indipendentemente dalle possibilità di reddito. Un servizio dove potete rivolgervi anche se siete squattrinati, dove chi può paga e chi non può non paga. È pensabile che in Italia comincino ad esistere servizi del genere o è solo un sogno?

Ruggero Piperno, psichiatra e psicoterapeuta di Opera don Calabria a Roma, è responsabile dell’Ambulatorio Sociale di Psicoterapia, un centro clinico il cui modello sta destando molto interesse e che, da alcuni anni sembra realizzare il difficile equilibrio tra impegno sociale, competenza e sostenibilità economica.

Ci racconta Piperno: “Qui da noi ognuno paga secondo le sue possibilità, il range di pagamento va da zero euro alla cifra che i pazienti possono pagare (i non paganti sono il 20%). Alcune persone facoltose possono pagare un onorario di mercato e il ricavato va al fondo comune che consente ai non abbienti di sostenere la terapia”. Si comprende subito che il profitto non è un obiettivo di questo centro, che tra l’altro non percepisce convenzioni pubbliche.

Un’altra particolarità del centro sta nel fatto che non c’è selezione dei pazienti in base al tipo di problema. Quando poi le situazioni sono particolarmente complesse dal punto di vista sociale o psicopatologico, aggiunge Piperno, “si lavora in collaborazione con le assistenti sociali, i servizi di salute mentale, i servizi materno infantili, o le scuole”.

Dunque nessuna selezione dell’utenza né per censo, né per gravità della patologia; si fa formazione e ricerca; la qualità professionale è garantita da riunioni settimanali, supervisioni gratuite, seminari interni, convegni scientifici. E tutto questo senza sovvenzioni. Il nostro scetticismo è palpabile. Sospira il dott. Piperno, che è abituato, e ci spiega pazientemente che da un lato chi sceglie di lavorare da loro ovviamente condivide alcuni principi etico-professionali ed accetta alcuni vincoli, come il gettone di 15 euro netti (uguale per tutti sia che l’utente paghi che non paghi); dall’altro lato l’organizzazione, attraverso una gestione oculata, prevede alcuni correttivi come l’uso gratuito delle sedi e dell’amministrazione dell’Opera don Calabria. Risultato: “alla fine del 2010 il bilancio è stato quasi in pareggio e, anche se con qualche fatica, la sostenibilità continua ad essere garantita”.

Già immaginiamo le prevedibili reazioni di chi si è formato con lo studio privato e il lettino nella testa: ma in tal modo non avviene una svendita del valore professionale, non si finisce per inquinare la qualità delle prestazioni con annessa concorrenza sleale? Sorride ancora Ruggero Piperno, che lavora dal 1973 nei servizi pubblici, prima a L’Aquila e poi a Roma dove, con Fausto Antonucci, aprì il primo centro di Salute Mentale della città, e questo modo privatistico d’intendere la professione proprio non gli appartiene: “Condivido in parte queste preoccupazioni, considerate però che da noi lavora lo psicoterapeuta di lungo corso come lo specializzando (senza distinzioni di appartenenza e di tipo di specializzazione) e tutti accettano di dedicare un monte ore limitato del proprio tempo professionale. Certo, il pagamento non è molto, ma ad esempio molto di più di quanto prendono gli psicologi nelle cooperative per fare un lavoro meno professionale. Evidentemente il profitto non è l’unico criterio che dà senso ad una professione e forse il senso di utilità sociale di quanto si sta facendo, la qualità dello stare con, dell’esserci veramente, per e con l’altro, e il superamento dell’autoreferenzialità del proprio modello terapeutico attraverso la discussione dei casi con colleghi di diversa appartenenza, sono tutti ‘valori aggiunti’ che chi lavora con noi può trovare qui e non altrove”.

Ma perché i servizi del privato-sociale come questo si rendono così necessari oggi? Le statistiche a tal proposito parlano chiaro: in Italia, circa il 20-25% (la Commissione Europea parla del 27,4%) della popolazione adulta presenta ogni anno una criticità psicologica tale da dover richiedere l’aiuto specialistico. Parliamo di un ventaglio ampissimo di problematiche, dai problemi scolastici, relazioni genitori-figli, problemi di coppie e famiglie, passando da situazioni oramai molto comuni come depressione e attacchi di panico, i disturbi psicosomatici, le patologie dipendenti-compulsive come il gioco d’azzardo, fino a situazioni ancora più severe.

In questo quadro, dove sono i servizi pubblici? In questi tempi di progressivo smantellamento del welfare, tranne rare enclave efficienti, sono letteralmente travolti da problemi di budget, di organici insufficienti, di culture istituzionali talora inadeguate, e riescono a malapena ad occuparsi solo di una parte delle situazioni più gravi. Altro che diritto alla salute.

Nella giungla dell’offerta terapeutica, il modello proposto da Piperno mostra di avere un ulteriore pregio: l’accessibilita. Un elemento decisivo, se si considera “l’estrema facilità della nostra presa in carico: rapidità della risposta, adattabilità alle diverse necessità cliniche, assegnazione dei casi in considerazione delle caratteristiche personali e professionali del terapeuta, possibilità di contatto con invianti, servizi e altri partecipanti al progetto terapeutico. Tutto questo sarebbe impensabile in un’organizzazione verticistica e burocratica, priva dei principi fondativi che ci caratterizzano”.

Interessante il nesso tra gestione economica, organizzazione e qualità etico-professionale… in fondo niente di nuovo, solo il coraggio di applicare coerentemente certi principi, a fronte di un privato che rimane per molti fuori portata (e per certi versi confusivo per l’utenza). Mentre il privato-sociale professionale e di qualità scarseggia ed esita a farsi avanti nonostante le enormi risorse professionali esistenti in Italia. I modelli organizzativi e le culture istituzionali esemplari (come questa esperienza-pilota che abbiamo appena riportato) non riescono ancora ad ispirare e coinvolgere i nostri colleghi, forse troppo disincantati o troppo distratti dalla precarietà che colpisce da sempre le professioni legate al welfare come la nostra, o viceversa dalla affannosa ricerca del posto al sole.

Certo, sarebbe il caso che tutti i “dott. Piperno” coraggiosi e coscienziosi (e ce ne sono) ricevessero, oltre ai complimenti, anche convenzioni pubbliche. Forse il diritto alla salute psicologica (e non solo) dei cittadini sarebbe più tutelato.

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/




L’autoreferenzialità del CNSP

Siamo in Italia e qui, sappiamo, il rispetto delle regole e delle procedure, specie nella patria interpretazione del neoliberismo spregiudicato e anarchico degli ultimi tempi, è un terreno particolarmente aleatorio. Accade perciò che l’assoluta anomalia per la quale i controllori coincidano con i controllati diventi regola. Purtroppo però la ripetizione ossessiva di una consuetudine non è scritto da nessuna parte che debba diventare necessariamente legge, soprattutto dove tale consuetudine sia pessima come, appunto, la ridicola abitudine di far coincidere l’erogatore di un servizio con il suo valutatore. A Roma esiste un antico adagio che dice a questo proposito: “te la canti e te la soni”, cioè a dire che nel valutare una mia prestazione, ecolalicamente ripeto a me stesso compiacendomi: “quanto sono bello, quanto sono bravo”.

Meglio di così non riusciamo a rendere il senso del concetto di autoreferenzialità, quello per intenderci nel quale incappano da sempre i nostri amici e colleghi del CNSP, ai quali fin dalla nostra nascita, oramai 6 anni fa, proviamo senza successo a chiedere sia una “terzietà”, sia una maggiore partecipazione dei “clienti” intermedi e finali nella definizione dei criteri di qualità e dei codici di autoregolamentazione nella formazione erogata dalle scuole di specializzazione private in psicoterapia.

Infatti, appena partorita da AP (2005) la prima versione della Carta Etica che, come ricordiamo, è stata attivamente partecipata da allievi ed ex allievi di scuole di specializzazione, giunse ben presto dal Dr. Zucconi una email interlocutoria che ci apparve un po’ “preoccupata” alla quale rispondemmo (con l’ingenuità di quei tempi) con entusiasmo manifestando le nostre intenzioni di aumentare attraverso questo progetto ambizioso il livello della qualità delle scuole italiane di formazione in psicoterapia. Purtroppo però per motivi a noi sconosciuti quel dialogo s’interruppe ben presto. Alla luce dell’ultima comunicazione del Dr. Zucconi di aperta aggressione verso l’Ordine Lombardia che sta proponendo l’ultima versione della Carta Etica nella sua regione, temiamo di aver finalmente compreso i motivi di quella unilaterale interruzione. Forse, ci domandiamo, al CNSP non interessa autenticamente dell’etica e della qualità della formazione?

Dobbiamo innanzitutto ricordare al Dr. Zucconi che l’Ordine è esattamente quella istituzione che occupa elettivamente la posizione della “terzietà” in quanto deve garantire presso la società civile, quindi verso i nostri utenti, la qualità dei servizi dei propri iscritti. Nessuna istituzione più dell’Ordine professionale ha il dovere di promuovere qualità ed etica dei servizi dei suoi professionisti presso la popolazione, anzi oseremmo dire che sia proprio questa la sua principale mission.

Ricordiamo pure che nella prassi scientifica (parliamo di una seria cultura scientifica) non dovrebbero essere le logiche del mercato ad accreditare qualitativamente ed eticamente l’autorevolezza di operatori, ricercatori e formatori di un settore secondo un “volemose bene” vischioso e opportunista, bensì i collaudati e talora complessi sistemi di controllo incrociato tra associazioni scientifiche e istituzioni pubbliche che nelle diverse declinazioni possibili esistenti difendono come valore assoluto proprio il principio di “terzietà” che nel nostro caso è invece il primo che cade sotto i colpi degli interessi lobbistici.

AP è contraria a questo lobbismo ispirato dal commercio e mirato unicamente all’interno della categoria, ed è invece favorevole ad un lobbismo puntato verso l’esterno nell’esaltazione dell’eccellenza e della rilevanza sociale della professione.
?




Atti tipici o Atto Tipico?

Quando l’Ordine Nazionale è in Salsa AUPI

Diciamolo in premessa: noi di AltraPsicologia siamo quelli che vedono il bicchiere mezzo vuoto, quelli che in altri contesti verrebbero definiti “anti-italiani” perché magari mettono l’accento piuttosto sulle cose che non vanno invece che su quelle che (dicono) vanno bene, deprimendo magari l’immagine dell’Italia all’estero. Tutti ben sanno, invece, che sono mafie e immoralità pubblica i veri motivi che deprimono l’immagine nazionale all’estero.

Il punto è, però, che se il bicchiere in questione è vuoto o vi sono solo tracce di vino, volerlo definire mezzo pieno non è solo molto ottimistico, ma un peletto allucinatorio.

Ma di cosa stiamo parlando?

Ci riferiamo al lavoro che l’Ordine Nazionale ha commissionato al Gruppo di Lavoro Atti Tipici interno alla professione e coordinato (e voluto) dalla Presidente toscana Sandra Vannoni.

Compito di questo Gruppo di Lavoro nelle encomiabili intenzioni iniziali della promotrice, appunto Vannoni, era di 1) Individuare precisamente quali competenze permettano di esercitare solo allo psicologo certi atti. 2) Definire una strategia politico-professionale al fine di ottenere una riserva di legge per quegli atti che se impropriamente esercitati andrebbero a ledere diritti costituzionalmente riconosciuti del cittadino (vedi proposta iniziale).

Peccato che strada facendo queste buone intenzioni si siano annacquate in salsa AUPI.

L’intenzione in definitiva era di cominciare a operativizzare gli Atti Tipici della nostra professione come da articolo 1 della Legge 56/89 e che sono:  la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.

A definire operativamente gli atti tipici e di conseguenza le riserva professionali degli psicologi devono essere gli psicologi stessi. Noi di AltraPsicologia lo andiamo dicendo dagli albori del nostro movimento: è questo il primo passo verso la costruzione di una professione seria.

Bene allora, si dirà, finalmente l’Ordine Nazionale mette mano nella materia oscura di leggi, regolamenti, definizioni scientifiche, per fare chiarezza e comunicare urbi et orbi le proprie autodeterminazioni potendo altresì dialogare con il livello legislativo e consentire agli utenti dei nostri servizi di distinguere prima o poi il grano dall’oglio.

Eh no! Troppo semplice e troppo bello! Purtroppo non è andata così.

Siamo stati invitati Giovedì 19 Novembre 2009 nella sede dell’ADNKronos nel Palazzo dell’Informazione di Piazza Mastai a Roma dove era presentato il lavoro del Gruppo di Lavoro sugli Atti Tipici. Vediamo come è andata, e stabilite voi stessi come effettivamente è riempito il bicchiere…

Aspetti positivi:

l        Finalmente si comincia a lavorare sugli atti tipici nell’Ordine Nazionale

l        Finalmente si convocano nel gruppo di studio e nei referee personalità competenti come Piero Porcelli, Vittorio Lingiardi, Giuseppe Sartori, ed altri ancora (per la verità accanto a figure istituzionali non quotate scientificamente in veste unicamente “politica”). Si comincia ad attingere dalle competenze della nostra comunità professionale senza consultare solo il Manuale Cencelli, solitamente utilizzato in ambito politico-burocratico.

l        Finalmente un documento finale chiaro e sintetico frutto di un evidente lavoro di elaborazione scientifica di livello.

Aspetti negativi:

l        Il Gruppo di Lavoro Atti Tipici (leggete anche voi al plurale, sì??) in realtà ha lavorato UNICAMENTE su uno solo di essi, cioè la diagnosi. Che fine abbiano fatto la prevenzione, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno non ci è dato di saperlo.

l        L’Ordine Nazionale ha fatto cioè una scelta di campo inequivocabile, che è anche una scelta politica: agli psicologi italiani interessa, nell’AUPI-pensiero, solo la diagnosi. Scelta che allude chiaramente al ruolo sanitario che l’Ordine vuole assegnare alla psicologia italiana. Tutti gli altri, interessati a definire meglio prevenzione, attività di abilitazione-riabilitazione e sostegno… si attaccano.

l        Alla presentazione nella sede dell’ADNKronos erano presenti 28 in tutto (!), compresi gli esperti invitati a parlare. Nessun giornalista, nessun preside di facoltà, nessun rappresentante di altre professioni. C’erano solo presidenti e consiglieri ordinistici e pochissimi Altri, tra cui il sottoscritto. Impatto mediatico e culturale dell’evento: sottozero! Anche questa è palesemente una scelta politica.

Per la verità, notando da subito queste incongruenze, siamo riusciti a formulare le domande opportune e cioè:

  1. se questo lavoro fosse solo quello iniziale visto che l’Articolo 1 recita chiaramente come su detto e se erano previste altre tappe per questo Gruppo di Lavoro che prevedessero analogo approfondimento per gli altri Atti Tipici trascurati: prevenzione, attività di abilitazione-riabilitazione e sostegno.

Ci è stato risposto che il lavoro preliminare su leggi e regolamenti che ha già fatto questo Gruppo di Lavoro potrebbe (forse, chissà, ndr) essere propedeutico per altre tappe e per gli altri atti tipici (di fatto nessun impegno ufficiale a proseguire, considerando anche che questa consiliatura è alla sua scadenza, ndr)

  1. quale uso intendessero fare a livello sociale, o politico o mediatico di questo primo importante documento così partorito.

Ci è stato risposto che questo documento serve soprattutto alla categoria e quindi è ad uso interno.

Cari colleghi che speravate che il nostro Ordine Nazionale pensasse a tutti gli psicologi italiani, macché! Il gran gourmet aupino cucina solo l’ortodossia culinaria sanitaria, proprio come certi ristoranti cinesi occidentalizzati, dove un po’ tutto sa di salsa di soia o salsa agrodolce dove tutti i sapori sono appiattiti ed il cibo stesso è di dubbia provenienza.

Nessun impegno ufficiale a proseguire sulla strada iniziata con questo primo step sulla psicodiagnosi. Nessuna intenzione di dare risalto politico a questo primo movimento identitario.

L’AUPI rimane fedele al patto fondativo della 56/89 che vuole la psicologia posizionata in modo del tutto subordinata ai poteri forti della politica e della sanità.

Ci si domanda allora per quali strani ed innominabili equilibri si da spazio ad un’iniziativa così importante (nata fuori dall’AUPI, dalla presidente toscana Vannoni) per poi di fatto renderla nulla a motivo della sua evidente INCOMPLETEZZA e dello scarsissimo peso politico che se ne da. Ci si domanda anche quali compromessi deve aver dovuto accettare la coordinatrice non-aupina per mandare avanti un Gruppo di Lavoro che non è in agenda-AUPI. Forse lavorare solo sulla diagnosi è stato il compromesso?

Chi si vuole rabbonire? A chi si vuole mandare fumo negli occhi? Ed infine e soprattutto a chi interessa e a chi serve un lavoro monco?

La politica del pesce in barile e la sua inconfondibile puzza la riconosciamo ormai da molti chilometri di distanza.

Nonostante il nostro sconforto vogliamo però augurarci che il prossimo Consiglio Nazionale, a breve nominato a seguito delle imminenti elezioni, si assuma il compito, lasciato inevaso da quello uscente, di portare a termine il percorso appena cominciato, ma con maggiore coraggio (molto maggiore!).

L’augurio è però che cambi lo chef e la gestione di questa cucina un po’ melensa…




Spiegare la Carta Etica per le scuole di Psicoterapia

L’idea di aprire una Carta Etica, in quanto codice di autoregolamentazione per la formazione postuniversitaria in psicoterapia, con ben 8 commi riguardanti la macro-area formazione e aggiornamento scientifico-culturale, non è certamente casuale.

Il radicamento metodologico e formativo nell’alveo di solide tradizioni scientifiche, empiriche, esperienziali, della psicoterapia rappresenta il necessario punto di partenza per una disciplina che intende proporsi come seria e attendibile per tutta la cittadinanza.

Inoltre, la relazione tra etica e scienza è oggi al centro del dibattito culturale mondiale proprio a seguito degli sviluppi tecnologici e scientifici degli ultimi decenni che determinano talora interrogativi urgenti ai quali si fa fatica a dare risposte unanimi. S’impone dunque una riflessione condivisa e sempre aperta sui capisaldi di ogni disciplina scientifica e sulla sua applicazione collettiva.

Per quanto riguarda la disciplina psicoterapia siamo di fronte ad un articolatissimo campo del sapere (e pragmatico) che incontra talora lo scetticismo di alcune parti del mondo scientifico proprio perché non compiutamente assimilabile, nelle sue differenti ed interne epistemologie, nei suoi presupposti scientifici ed operativi, ad altri settori scientifici e tecnologici sicuramente meno “trasversali” della psicoterapia.

Ciononostante, le ricerche e le esperienze maturate da oltre un secolo, ed in particolare negli ultimi decenni, consentono agli addetti ai lavori di dimostrare efficacia ed utilità pubblica delle pratiche psicoterapeutiche, di assumere oramai un certo grado di predittività di queste pratiche e di proporsi come servizio essenziale per la popolazione.

Nella compilazione di questa prima macro-area dedicata agli aspetti etici della formazione e aggiornamento scientifico-culturale, il rischio è stato quello di impigliarsi nel dibattito interno all’arcipelago delle psicoterapie, ricco di implicazioni ed eccezioni, piuttosto che mantenere rigorosamente l’asse sugli aspetti fondamentali di ogni formazione psicoterapeutica, intesi come trasversali e comuni, e quindi “comunicabili” verso l’esterno.

Abbiamo quindi volutamente superato ogni riferimento a questa o quella forma di validazione o verifica, a questa o quella tradizione modellistica/epistemologica di riferimento, a questa o quella tecnica o metodologia o teoria della tecnica.

Ciò che ha invece interessato i compilatori e revisori di questa macro-area (ed anche di altre, del resto) è stato preservare un principio di trasversalità, se vogliamo a-teorico, ma fondato su alcuni principi cardine della disciplina psicoterapia come:

  1. la non scindibilità, nella formazione dello psicoterapeuta, dei piani clinici, metodologici, scientifici ed etici
  2. la necessità della formazione continua e dell’apertura ad altri modelli/orientamenti
  3. l’assunzione dei limiti del proprio operato e della necessità della collaborazione con altri professionisti
  4. la necessità di essere consapevoli e trasparenti in relazione a fattori personali ostacolanti l’attività psicoterapeutica
  5. la promozione di una personalità terapeutica che però sia radicata al contempo alle matrici scientifiche di riferimento
  6. la necessità di porre il proprio servizio come psicoterapeuti a procedure di verifica di efficacia clinica
  7. la promozione del senso di responsabilità negli allievi e futuri psicoterapeuti
  8. la necessità di apprendimento di competenze specifiche che possano essere corrispondenti ad effettive procedure formative efficaci (tirocini, supervisioni, etc.)

Diventano immediatamente visualizzabili, scorrendo gli 8 commi di questa macro-area, alcuni nodi etico-formativi che, qualora sciolti e affrontati da ogni istituto formativo, determinano l’innalzamento della qualità del professionista e del suo servizio alla popolazione.

Se invece parole come eticità, umiltà, consapevolezza, trasparenza, responsabilità, verificabilità, coerenza (tra principi e pratiche formative), onestà scientifica, escono progressivamente dal vocabolario del professionista formato “in batteria”, allievo pagante e quindi per questo stesso “titolabile”, come ci sembra sviluppo e corollario della situazione anarchica italiana, siamo destinati alla inevitabile decadenza e scomparsa.

L’abbiamo detto a più riprese: noi non vogliamo questa decadenza e mettiamo questo strumento operativo e verificabile della Carta Etica a disposizione di tutti (Dirigenti delle scuole e allievi) affinché ci si assuma tutti insieme l’impegno, riconoscibile e codificabile, a migliorare gli standard formativi.

1. FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO-CULTURALE

  • a. Le Scuole di Psicoterapia curano la formazione di psicoterapeuti sul piano clinico, metodologico, scientifico, nonchè etico.
  • b. Le Scuole di Psicoterapia consentono ai propri allievi un continuo aggiornamento teorico-clinico, che giunga fino ai modelli più recenti ed attuali. I docenti assumono nell’attività formativa un atteggiamento non preclusivo verso altri orientamenti teorici, disponendosi a un’apertura anche a confronti interdisciplinari e fra orientamenti diversi.
  • c. Le Scuole di Psicoterapia trasmettono ai propri candidati la percezione delle potenzialità e dei limiti degli strumenti teorico-clinici da esse utilizzati. Insegnano a collaborare con altri colleghi o altri professionisti laddove il proprio lavoro risulti insufficiente, con particolare attenzione alle evidenze scientifiche delle ricerche più aggiornate.
  • d. Le Scuole di Psicoterapia trasmettono ai propri allievi un atteggiamento etico e trasparente e insegnano ad essi a riconoscere ed affrontare eventuali problematiche personali che possano influire nel loro lavoro.
  • e. Le Scuole di Psicoterapia consentono e favoriscono negli allievi l’emergere di uno stile terapeutico personale, purchè esso si mantenga sempre nel rispetto delle linee scientifiche, dei principi della deontologia e del decoro della professione.
  • f. Le Scuole di Psicoterapia consentono e propongono ai propri candidati di utilizzare criteri di valutazione e di follow-up non autocollusivi e di conoscere la letteratura clinica, empirica ed epistemologica sulla valutazione della psicoterapia. In particolare, le Scuole si impegnano in progetti di ricerca, basati su rigorosi criteri scientifici, anche relativi alla valutazione degli esiti della psicoterapia. All’interno della programmazione didattica, le Scuole riservano un’apposita sezione dedicata all’insegnamento teorico della metodologia della ricerca in psicoterapia, nonchè alla partecipazione pratica degli studenti ai progetti sopra menzionati.
  • g. Le Scuole di Psicoterapia promuovono nei propri allievi l’assunzione del senso di responsabilità del lavoro psicoterapeutico, del suo svolgimento, dei suoi risultati e dei suoi limiti.
  • h. E’ considerata parte integrante dell’apprendimento della psicoterapia la pratica delle competenze terapeutiche, dal che discende la necessità di tirocinio, supervisione, e, se richiesta, terapia personale. Sarà compito della scuola assicurarsi che tali esperienze siano effettivamente formative e condotte con tempi e modalità tali da assicurare l’effettivo progredire dell’apprendimento nella garanzia dei pazienti come dei futuri terapeuti.



Lavorare all’estero come Psicologi

Proprio vi siete intestarditi a voler fare gli psicologi, eh?

E la situazione lavorativa italiana per la nostra categoria è quella che ben conosciamo…

Conoscete bene una seconda lingua (o ne imparate facilmente una)? Siete bilingue, avete un genitore inglese, un fidanzato finlandese, una moglie svedese? O forse avete il più classico “zio d’America” (ed in tal caso il lavoro per voi è un optional)?

Insomma, ve la cavate bene con le lingue e non tremate troppo all’idea di smontare baracche e burattini (soprattutto i burattini…!) e trasferirvi, almeno per un po’, in un altro paese europeo o in USA?

Ebbene, vi forniamo qui qualche dritta per intercettare richieste di lavoro per psicologi nell’Unione Europea e in USA.

Voi penserete certamente: che buontemponi e bricconcelli questi di AltraPsicologia, hanno voglia di scherzare. Ci suggeriscono di trasferirci all’estero, ma tanto figurati se abbocchiamo a questa loro iperbole, e poi, chi starà mai cercando psicologi, italiani poi…

Ed invece, cari colleghi (giovani soprattutto), uscite dal sentimento d’impotenza; uscite dalle ristrettezze delle prospettive nazionali, dei suoi innominabili Ordini professionali, delle sue logiche autofagiche, e provate a guardare fuori dai confini.

Date un’occhiata a questi siti qui sotto segnalati. Probabilmente non siamo esaustivi e non sono gli unici nel web (potete segnalarne altri nella “zona commenti” a questo articolo qualora ne trovaste), ma sono già un’indicazione per chi voglia cominciare ad orientarsi al mercato del lavoro estero.

EUROPA

1 http://www.europa.eu.int/eures/home.jsp?lang=it

Questo sito in italiano riguarda la ricerca di lavoro intellettuale e professionale in ogni ambito e riguarda l’Europa.

Selezionando gli annunci dell’ultimo mese di tutti i paesi, le richieste di psicologi (senior e no) sono qualche centinaio. Unico vincolo, non indifferente, occorre conoscere la lingua locale.

Per la ricerca di richieste per psicologi, segui il percorso:

– candidati

– cercare un lavoro

– seleziona “altri specialisti delle professioni intellettuali e scientifiche”

– seleziona “specialisti delle scienze sociali e umanistiche”

– seleziona “psicologi”

– seleziona paesi e periodo di uscita degli annunci (scegli “tutti” i paesi e un periodo lungo)

2 http://www.psychapp.co.uk/?gclid=COHjvvnV5ZUCFQIMswodYXoUfg

Sito di annunci di lavoro per psicologi nel Regno Unito della British Psychological Society di cui occorre essere membro (pagante).

USA

3 http://www.getpsychologyjobs.com

Si possono sia postare che ricercare opportunità lavorative, gratuitamente. La ricerca è molto semplice e lineare, per parola chiave (es: “Instructor”) e stato (es: “Italy”). Ecco l’indirizzo della form di ricerca: http://www.getpsychologyjobs.com/job-seekers/job-search.php E’ anche possibile rispondere on-line previa registrazione e impostazione di una lettera di presentazione e di un cv. Il sito è anche dotato di una newsletter settimanale. Al momento sembrerebbe che le opportunità in Italia si facciano desiderare…..

4 http://www.jobsinpsychology.com/

Sito statunitense specializzato nell’area psicologica. Per accedere occorre registrarsi e pagare una fee (circa 30 dollari per un mese). Attualmente vi sono registrati circa 1.500 inserzioni.

5 http://www.psychologicalscience.org/jobs/

Non è solo un portale cerca lavoro ma una vera e propria associazione di categoria, la cui mission è quella di “to promote, protect, and advance the interests of scientifically oriented psychology in research, application, teaching, and the improvement of human welfare”.

La ricerca di lavoro è molto efficace, si può usare una ricerca semplice “alla google” o più sofisticata (http://www.psychologicalscience.org/jobs/aps_JobsSearchForm.cfm?search=advanced), in cui è possibile impostare attributi quali la location geografica (USA ovviamente), l’area di interesse e anche l’offerente della opportunità di lavoro. Al momento sono registrati circa 220 annunci che, apparentemente, sembrano poche in relazione all’area coperta dal servizio, oltre ad essere molto specifiche sul settore scolastico/universitario.

Buona ricerca, in bocca al lupo e fateci sapere.