La Politica chiede gli Psicologi

Non ci sono solo le tre Proposte di Legge sull’accesso alla Psicoterapia in Parlamento in questi giorni al centro della nostra attenzione, tra le quali spicca quella proposta e appoggiata da AltraPsicologia e scritta da Psicologi.

Colleghi non-psicoterapeuti che vi siete sentiti esclusi o avete sentito una incrinatura nella comunità professionale per via di questa nostra PdL presentata (lo ricordiamo) in concorrenza di altre due PdL  e che comunque sarebbero state discusse, non adombratevi! AltraPsicologia ha occhi e orecchie sempre aperti e continua ad avere come prioritario l’interesse di tutti.

Ma voglio anche dirvi di darvi decisamente una svegliata.

Perché, vi domanderete…? È presto detto: i “clinici”, sia medici che psicologi, si stanno facendo rappresentare e stanno spingendo progetti di legge, e gli altri?! Cosa stanno facendo?

Ecco cosa una semplice ricerca sul sito del Senato inserendo “psicologi” ha prodotto: un interessante risultato e non poche scoperte in materia di proposte e disegni di legge in Parlamento che in misura minore o maggiore riguardano la nostra categoria.

Abbiamo più volte parlato dell’assenza o latitanza della nostra figura professionale nelle sedi istituzionali, sociali e lavorative… beh, a giudicare dal numero di PdL e DdL nelle quali siamo previsti, non si direbbe affatto che la politica (e dunque una rappresentanza sociale significativa) non “desideri” la nostra presenza, tutt’altro. Sembrerebbe piuttosto che siano gli stessi psicologi che si contorcano in una fatale crisi di rappresentanza riproponendo la loro solita delega in bianco ai soliti quattro sanitari e non abbiano ancora imparato ad interloquire a-u-t-o-n-o-m-a-m-e-n-t-e con le stanze della Politica.

Questa ricerca riguarda le PdL e DdL presentate di recente, ma non quelle del passato o quelle invece divenute legge.

Viene da pensare che i tempi siano diventati maturi per cambiare registro e soprattutto cambiare marcia ed intensificare la nostra azione di pressione ed influenza per perorare i nostri servizi alla popolazione, il nostro know-how, il nostro sapere, dimostrando a politici e amministrazioni che ci danno fiducia di poterla degnamente ripagare coi fatti.

Sarebbe il caso allora, preso atto della neutralità ed indifferenza dei nostri rappresentanti istituzionali della professione (considerate, cari colleghi, che costoro sono già troppo occupati a pensare di riconfermarsi alle prossime elezioni, tra due anni e mezzo per occuparsi delle nostre sorti), che i colleghi in grado di auto-organizzarsi in comitati spontanei e/o presso AltraPsicologia e, lontani dalle squallide beghe degli equilibri della vecchia politica professionale, si rappresentino a-u-t-o-n-o-m-a-m-e-n-t-e e per conto dei colleghi presso la politica nazionale e chiedano a gran voce di dare corso a queste iniziative.

Molti di questi progetti legislativi infatti giacciono da tempo nelle cantine del Parlamento e s’impolverano sempre più, altri non sono nemmeno stati assegnati o non hanno cominciato la fase preliminare, altri ancora sono solo alle fasi iniziali dell’iter.

Ed intanto, un forte russìo si ode provenire dalle stanze dei nostri Ordini:

ronf, rrronf, rrrrrronffff!

Sogni d’oro, cari colleghi sanitari, incardinati, poltronati, di ogni ordine e grado, che avete così a cuore la nostra professione, sogni d’oro.

Ma basta sparare sulla Croce Rossa ed entriamo nel dettaglio.

D’interesse primario ci appaiono in particolare le PdL/DDL (o gruppi di PdL/DDL) che riguardano rispettivamente la psicologia scolastica, la psicologia militare, lo psicologo nei contesti giuridici, la psicologia del lavoro, la mediazione familiare, ed altre aree ancora.

 

Area Psicologia scolastica

 

Due sono le PdL di grande interesse per la categoria e per tutta la popolazione che giacciono in Parlamento e presentate di recente e che pur assegnate non hanno ancora cominciato alcun iter. E questo nonostante il gran can-can dei media sul disagio minorile scolastico, bullismo, etc. Tutti organizzano task force, commissioni, ma nessuno fa la cosa più logica e semplice del mondo: istituire lo psicologo scolastico.

Le due leggi presentano alcune differenze seppure concordano sull’istituzione della figura. La PdL 1508 De Simone concepisce lo psicologo scolastico più come figura di sostegno individuale, mentre il DdL 612 Asciutti lo concepisce come figura al servizio dell’istituzione nel suo insieme. Entrambi i progetti prevedono una fase sperimentale triennale.

 

! C. 1508
On. Titti De Simone (RC-Sin. Eur.)
Istituzione dello psicologo scolastico per il sostegno alla formazione dei minori
28 luglio 2006: Presentato alla Camera
3 ottobre 2006: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

 

! S. 612
Sen. Franco Asciutti (FI)
Istituzione sperimentale del servizio di psicologia scolastica
12 giugno 2006: Presentato al Senato
18 luglio 2006: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

C’è poi anche una PdL più specifica sull’integrazione scolastica di fasce svantaggiate che prevede nelle unità multidisciplinari anche lo psicologo in servizio presso le aziende sanitarie locali o in regime di convenzione con le medesime.

! C. 737
On. Katia Zanotti (Ulivo)
Norme per una migliore integrazione scolastica degli alunni minorati della vista, dell’ udito e psicofisici
16 maggio 2006: Presentato alla Camera
29 gennaio 2007: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

Da segnalare anche (ma si tratta di una legge regionale) la Legge approvata nel 2004 per l’Istituzione del Servizio di Psicologia Sclastica della Regione Abruzzo

Area Psicologia del lavoro

 

Importantissimi ci sembrano i seguenti DdL che introducono principi e criteri che aprono nuove prospettive e nuovi ambiti di operatività delle competenze socio-lavorative e cliniche degli psicologi.

Il DDL S. 132 è uno dei pochi in esame in Commissione Lavoro e Previdenza Sociale e con altri progetti similari S.405, S.471, S.584, S.657, S.939. Esso è molto chiaro nel suo art. 1, ed è molto preciso e coerente in tutto il suo articolato.

!S. 132
Sen. Maurizio Eufemi (UDC) e altri
Norme generali contro la violenza psicologica
3 maggio 2006: Presentato al Senato
In corso di esame in commissione

Art. 1.

(Princìpi e finalità della legge)

1. Ai fini della presente legge è definito «violenza psicologica nell’ambiente di lavoro» ogni complesso d’atti, caratterizzati da ripetitività e durata di medio-lungo periodo, posti in essere da una o più persone nella loro qualità di lavoratori pubblici o privati, sopraordinati o sottordinati, contro altri lavoratori di livello rispettivamente inferiore o superiore e che comportano la sistematica non attribuzione d’incarichi adeguati o l’assegnazione di compiti squalificanti, la formulazione di continue critiche alle prestazioni od alle capacità professionali anche con atti di rilevanza esterna al luogo di lavoro, l’irrogazione di censure prive d’effettiva motivazione o con motivazione scarna e lacunosa, la compromissione dell’immagine professionale e personale sul luogo di lavoro ed altre conseguenze negative sul soggetto colpito. È parimenti definito «violenza psicologica nell’ambiente di lavoro» ogni comportamento di persona lavorativamente sopraordinata o sottordinata, che arbitrariamente ed ingiustificatamente nonché in assenza di fondate ragioni obiettive determini nei confronti di lavoratori singoli o di gruppi di lavoratori una lesione dei propri diritti esplicantesi in demansionamento professionale, attesa la sua idoneità a dar luogo ad una pluralità di pregiudizi incidenti sulla potenzialità economica nonché sull’intera vita professionale e di relazione degli interessati, con particolare riguardo alla lesione del diritto fondamentale alla libera esplicazione della loro personalità nel luogo di lavoro.

 

Il DDL 386 ci sembra ugualmente rilevante in quanto prevede l’opera di intervento e prevenzione su ogni attività del campo sanitario e sociosanitario che viene considerata usurante e a rischio di burn-out.

! S. 386
Sen. Rosario Giorgio Costa (FI)
Norme a tutela dei mestieri e delle professioni di aiuto alla persona dalla sindrome di burnout
18 maggio 2006: Presentato al Senato
9 giugno 2006: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

 

Art. 4.

(Prevenzione)

1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della salute e dell’università e della ricerca, organizza corsi di formazione permanente mirati alla prevenzione del disagio degli operatori dei mestieri e delle professioni di aiuto, prevedendo attività di tirocinio per l’adeguamento e l’aggiornamento delle tecniche professionali teoriche e pratiche, partecipazione programmata a gruppi esperienziali per affrontare le problematiche delle diverse figure professionali, possibilità di alternare i periodi di lavoro con un anno sabbatico di formazione.

2. Il sostegno e la supervisione dell’attività professionale è svolta da esperti nel settore psicologico e da personale specializzato della medesima area professionale, garantendo il lavoro di rete e la collaborazione tra istituzione e professionisti dell’aiuto.

 

 

 

Area Psicologia Militare

 

Di questa PdL il sito della Camera non fornisce il testo

 

! C. 1655
On. Lionello Cosentino (Ulivo)
Istituzione del ruolo speciale degli psicologi dell’Amministrazione della difesa
18 settembre 2006: Presentato alla Camera
Da assegnare alle commissioni

 

 

Area Psicologia Giuridica

 

Questa è l’area decisamente più variegata e ricca di proposte che coinvolgono la nostra professione in prima linea, a dimostrazione che nelle società complesse i saperi psicologici, ponendosi sui confini tra le diverse esigenze e competenze sociali, risultano essere essenziali per la comprensione di moltissimi fenomeni.

Ma entriamo nello specifico:

Ci sono due PdL che introducono il nuovo principio di “molestia insistente”, la 1819 di Lussana, e la 1326 di Castelli, entrambe prevedono in ogni questura la presenza di uno psicologo che presti assistenza psicologica alle vittime di molestie e la creazione di un numero verde presso il Ministero di Giustizia con personale in possesso di adeguate competenze in ambito psicologico e giuridico

 

! C. 1819
On. Carolina Lussana (LNP)
Introduzione del delitto di molestia insistente
12 ottobre 2006: Presentato alla Camera
In corso di esame in commissione

! S. 1326
Sen. Roberto Castelli (LNP)
Introduzione del delitto di molestia insistente
15 febbraio 2007: Presentato al Senato
6 marzo 2007: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

 

Ed ancora, nella legge 2315, Bongiorno, si chiede la presenza di uno psicologo o psichiatra infantile durante gli interrogatori:

 

! C. 2315

On. Giulia Bongiorno (AN) e altri
Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, in materia di lotta contro la pedofilia e di tutela del minore nel processo penale
2 marzo 2007: Presentato alla Camera
18 aprile 2007: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

 

Al fine di superare le incongruenze normative, si propone l’introduzione della figura del consulente tecnico «esperto in psicologia o in psichiatria infantile», che deve garantire la necessaria protezione psicologica del bambino durante l’assunzione delle informazioni da parte della polizia giudiziaria, del pubblico ministero e del difensore. In altri termini, ogniqualvolta il minore deve essere sentito dall’autorità inquirente o dal difensore, l’ausilio del consulente rende meno traumatico il contatto del minore con la realtà giudiziaria e, al contempo, contribuisce a garantire maggiore attendibilità e genuinità alle dichiarazioni rese.

 

Art.5

«1-ter. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale, la polizia giudiziaria, quando deve assumere sommarie informazioni da persone minori, si avvale dell’ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile, nominato dal pubblico ministero».

 

Nel DdL 683 Castelli, si introduce la figura del giudice onorario che può essere, tra gli altri, uno psicologo.

! S. 683
Sen. Roberto Castelli (LNP)
Delega al Governo per l’ istituzione delle sezioni specializzate per la famiglia e per i minori
27 giugno 2006: Presentato al Senato
24 luglio 2006: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

 

Art. 8.

1. Possono essere nominati giudici onorari presso le sezioni specializzate di cui all’articolo 1, comma 1: psicologi con specializzazione in materia di diritto di famiglia o di diritto minorile, pedagogisti, nonché criminologi e neuropsichiatri infantili e per l’età evolutiva. La nomina deve essere seguita da un periodo di tirocinio di almeno un anno, presso le istituende sezioni specializzate.

2. Il giudice onorario ha il compito di delineare il profilo psicologico del minore e svolgere le audizioni nelle procedure di adozione. Nelle controversie in materia penale compone il collegio e partecipa alla camera di consiglio.

Area Violenza sessuale

Abbiamo contato 16 DDL concorrenti sulla violenza sessuale:

C. 950 C. 1249 C. 1256 C. 1374 C. 1595 C. 1623 C. 1639 C. 1819 C. 1823 C. 1901 C. 2033 C. 2066 C. 2101 C. 2169 C. 2385 C. 212

Prendiamo a caso, l’ultima presentata, la 1249 BIANCHI ed altri che recita:

Art. 2.

(Istituzione di pool sui reati di violenza sessuale, presso le procure della Repubblica, istituzione di sportelli di sostegno al cittadino presso le questure e potenziamento delle unità specializzate di polizia giudiziaria).

1. Per le finalità di cui all’articolo 1 e allo scopo di consentire lo svolgimento coordinato delle funzioni previste dalla legislazione vigente in materia di violenza sessuale sono istituite, presso le procure della Repubblica, strutture specializzate sui reati inerenti la sfera della violenza sessuale, denominate «pool».
2. Al fine di potenziare le unità specializzate di polizia giudiziaria costituite presso le squadre mobili di ogni questura e di favorire il coordinamento con le attività dei pool di cui al comma 1, sono previsti corsi di formazione professionale e di aggiornamento in materia di abusi, maltrattamenti e violenze sessuali.
3. Presso ogni questura è istituito uno sportello al fine di dare sostegno e assistenza ai cittadini, in relazione ai fenomeni di abusi, ai maltrattamenti e ai reati inerenti le violenze sessuali. A tale scopo, ogni sportello deve prevedere nella propria dotazione organica almeno uno psicologo e un assistente sociale.

Nei successivi tre DdL aventi medesime finalità, sostegno e la tutela delle vittime dei reati, l’ assistenza, il sostegno e la tutela delle vittime dei reati, pur prevedendo per esse il sostegno psicologico assieme ad altri sostegni, non sono previsti negli articolati misure coerenti con tali enunciati, tranne la convocazione di un rappresentante dell’Ordine degli Psicologi all’interno di un comitato tra le cui finalità però non è, neanche qui, previsto sostegno psicologico.

 

? C. 520
On. Francesco Tolotti (Ulivo) e altri
Legge quadro per l’ assistenza, il sostegno e la tutela delle vittime dei reati
8 maggio 2006: Presentato alla Camera
25 luglio 2006: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

? S. 112
Sen. Walter Vitali (Ulivo) e altri
Legge quadro per l’ assistenza, il sostegno e la tutela di vittime dei reati
29 aprile 2006: Presentato al Senato
7 giugno 2006: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

? C. 30
On. Marco Boato (Misto, Verdi)
Legge quadro per l’ assistenza, il sostegno e la tutela delle vittime dei reati
28 aprile 2006: Presentato alla Camera
19 settembre 2006: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

 

Area Mediazione familiare

 

Questa è invece una modifica della legge 898 sullo scioglimento del matrimonio dove lo psicologo può essere chiamato (con altre figure) nell’accertamento delle condizioni di scioglimento.

!S. 1174
Sen. Olimpia Vano (RC-SE) e altri
Modifica alla legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di abbreviazione dei tempi di concessione dello scioglimento del matrimonio
16 novembre 2006: Presentato al Senato
12 dicembre 2006: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

Art. 1.

1. All’articolo 3, primo comma, numero 2), della legge 1º dicembre 1970, n. 898, dopo la lettera b) è inserita la seguente:

«b-bis) i coniugi hanno svolto, con esito negativo, un tentativo di conciliazione in sede non contenziosa davanti al giudice di pace ai sensi dell’articolo 322 del codice di procedura civile, ed in tale sede il giudice di pace ha accertato l’esistenza di una crisi coniugale grave, che non è stato possibile risolvere con tecniche conciliative. Tale accertamento, che costituisce condizione di ammissibilità della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, deve essere compiuto dal giudice di pace nell’ambito del procedimento di cui al citato articolo 322 del codice di procedura civile, su istanza di almeno uno dei coniugi, valendosi dell’opera di un ausiliare scelto nell’ambito di professionisti fra psicologi, medici, avvocati, specializzati in problematiche familiari e di mediazione familiare;».

Altri progetti di Legge che ci riguardano

!S. 753
Sen. Massimo Polledri (LNP)
Nuova disciplina dei consultori familiari
5 luglio 2006: Presentato al Senato
20 settembre 2006: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

!C. 83
On. Luca Volonte’ (UDC (CCD-CDU))
Disciplina dei consultori familiari
28 aprile 2006: Presentato alla Camera
6 giugno 2006: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

!S. 440
Sen. Piergiorgio Massidda (FI) e altri
Norme in favore dei pazienti incontinenti e stomizzati
19 maggio 2006: Presentato al Senato
27 giugno 2006: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

 

!C. 1099
On. Cesare Campa (FI)
Nuove disposizioni concernenti il personale del Corpo di polizia penitenziaria
13 giugno 2006: Presentato alla Camera
9 ottobre 2006: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

 

 

Progetti di Legge che ci penalizzano

Abbiamo trovato queste due PdL sulla pet-therapy che ci penalizzano, settore questo nel quale gli psicologi sono da sempre in primissima linea.

Nella S. 760 TomassiniNorme sulla riabilitazione attraverso l’utilizzo del cavallo lo psicologo è si previsto nell’organico, ma non in funzioni dirigenziali.

Nella C. 240 Zanella Norme per l’ utilizzo degli animali a fini terapeutici e nei trattamenti di sostegno psicologico è prevista la presenza in organico di un “medico psicologo” ma non di uno psicologo !

 

Progetti di Legge“preoccupanti”

 

Citiamo infine, a mò di esempio, altre PdL che dovrebbero, a nostro parere, sollevare preoccupazioni e quesiti…

 

C. 614
On. Erminia Mazzoni (UDC (CCD-CDU))
Disciplina della professione di antropologo esistenziale e istituzione del relativo albo
10 maggio 2006: Presentato alla Camera
3 luglio 2006: Assegnato (non ancora iniziato l’esame)

C. 2582
On. Sandra Cioffi (Pop-Udeur) e altri
Istituzione della professione di mediatore familiare
3 maggio 2007: Presentato alla Camera
Da assegnare alle commissioni

 

Per concludere, ci domandiamo come mai un manipolo di avventurieri (definizione AUPI di AltraPsicologia, dicembre 2005), sia in grado di presentarsi al cospetto del Parlamento con una PdL propria, e in quasi 20 anni di governo-occupazione della professione da parte dell’AUPI nessuno sia riuscito a far passare una sola di queste PdL o DDL. Una sola risposta: non gliene frega granché!

A noi invece non ci sembra operazione impossibile contattare i capo-gruppi parlamentari di Camera e Senato, i ministri competenti (Salute, Giustizia, Famiglia, Solidarietà Sociale, etc.), far sapere loro del nostro vivo interesse per alcuni progetti legislativi, provare a convocarli in un grande convegno sui temi a noi cari, chiedere loro un impegno più sostanziale per mandare avanti i nostri servizi per la collettività, etc.

Si ma ci vuole per il politico-professionale-medio (molto “medio”) della nostra categoria uno sforzo di fantasia e di energia che non ci sentiamo assolutamente di poter chiedere.

Proviamo a pensarci noi, va.




Conversazione sulle scuole di formazione in psicoterapia

Conversazione sulle scuole di formazione in psicoterapia

Intervista di Maurizio Mottola a Vittorio Rubini

Fonte: Nuova Agenzia Radicale
Supplemento quotidiano di Quaderni Radicali
Commento di AltraPsicologia:

Le parole di Vittorio Rubini vengono a confermare ciò che AltraPsicologia va dicendo da due anni, dal giorno cioé della sua nascita, sulle Scuole: mancanza di valutazione seria della didattica e delle procedure, impossibilità di distinguere in tale mare magno il grano dal loglio, mancanza di una regolamentazione seria ed univoca, non utilizzabilità del titolo specialistico a fini pubblici. E, aggiungiamo, prevalenza dei criteri commerciali su quelli etici.

Ci fa piacere che la Commissione Ministeriale prenda atto, forse tardivamente e dopo aver colluso palesemente nelle precedenti composizioni con la lobby delle Scuole, di tutti questi aspetti e ci attendiamo che corra al più presto ai ripari, tutelando la qualità della formazione e la qualità della professione.

AltraPsicologia dal canto suo ha già approntato da tempo uno strumento di qualità e di verifica che intende proporre a tutte le Scuole che intendessero assumerlo, la Carta Etica delle Scuole di Specializzazione in Psicoterapia,
e che permetterebbe a tutti, docenti, allievi e pazienti, di riconoscere “dal basso” quelle Scuole desiderose di garantire livelli di eccellenza da tutte le altre.

Attualmente, questo documento è in discussione in un Ordine regionale degli Psicologi (Emilia Romagna) con la prospettiva di proporlo in forma volontaria e discuterlo con le scuole di quella Regione. Diamo atto del coraggio di questo Ordine che ha saputo introdurre un elemento qualitativo a dispetto delle logiche prevalenti.

Cogliamo questa occasione per riproporre alla Commissione (cosa già fatta appena insediata) questo documento e proponiamo una sua revisione e co-costruzione comune.

Luigi D’Elia

Presidente di AltraPsicologia




Quanto è intelligente il mercato?

Il decreto Bersani fa discutere tutti in questi giorni e ciò che si sta cucinando per i professionisti vecchi e nuovi è per il momento non ancora dispiegato e dunque non ancora prevedibile in tutte le sue conseguenze. Gli altri interventi informativi paralleli a questo e qui pubblicati sottolineano pro e contro, ma è difficile capire bene cosa accadrà veramente.

Le conseguenze sono controverse, a quanto pare, visto che per quanto ci riguarda come Psicologi, non v’è già da sempre professione più “liberalizzata” della nostra considerando che, in assenza di un tariffario approvato e di una tutela reale da parte dei nostri Ordini, in assenza cioè da sempre di solide basi di contrattazione sociale, tutte le nuove generazioni si muovono già in una sorta di triste anarchia, aggiungendo a ciò anche la tristezza di sentirsi totalmente inadeguati poiché, come si dice spesso e ovunque, “non sappiamo stare sul mercato”!

Gli ottimisti impenitenti godono dell’ulteriore flessibilizzazione del mercato ed intravedono in essa spazi di manovra e di movimento nuovi e promettenti; gli scettici (e tra questi mi annovero d’ufficio) svolgono altre riflessioni, provando a leggere certi andamenti culturali senza trionfalismi modernisti, ma con i piedi per terra.

C’è infatti un presupposto implicito (ideologico? Psicologico?) a tutta l’operazione liberistica da cui partirei, prima ancora di addentrarmi nei meandri del decreto, ed è il seguente: quanto l’idea di una liberalizzazione del mercato poggia in realtà sull’idea neo-liberista della totale deregolamentazione ed autoselezione? Quanto cioè la delega all’intelligenza autogovernate del mercato è assunta come posizione ideologica implicita? E quanto infine l’idea stessa di “mercato” possa attribuirsi, senza alcuna distinzione, a prestazioni rivolte a persone (e per di più così delicate e particolari) come le nostre? Mi domando: prestare pensiero, benessere e sostegno a persone è proprio la stessa cosa che affettare e vendere prosciutti?

Comincerei innanzitutto a sfatare una volta per tutte l’idea insita, implicita, ormai connaturata in tutti noi dell’intelligenza del libero mercato? Il mercato NON è affatto intelligente. Diciamolo con nettezza e in forma definitiva. Il mercato è di chi ci sa stare. Chi non ci sa stare fa da zavorra, carne da mecello (come vengono chiamati i piccoli risparmiatori dalle banche). Il mercato è dei furbi ed è fondamentalmente an-etico.

Il mercato inoltre crea una neo-standardizzazione dei linguaggi: basta guardare cos’è diventato il linguaggio televisivo nella democratica pluralità di scelte, o basta osservare le continue derive che il concetto di aziendalizzazione ha portato nella qualità dei servizi e a produrre di fatto l’annullamento del welfare. Senza contare il fatto che a volte il “mercato” che abbiamo in mente è quello di 20-30 anni fa, portatore ancora di qualche “scrupolo etico” e non certo quello attuale, del tutto deregolamentato e per certi versi degenerato.

Questo del mercato intelligente, lungimirante e selettivo è il mito con il quale siamo cresciuti, forse nati, che delega ad un’entità del tutto astratta e volubile il nostro destino in quanto responsabili di professioni, come in particolare la nostra, etiche, e dunque non commerciali. Professione etica vuol dire che il nostro scopo non è il profitto e che le nostre “prestazioni” non sono omologabili, culturalmente e concretamente, a quelle commerciali.

Non so che fine farà il nostro Ordine e cosa gli rimarrà da fare (qualcuno se ne accorgerà della sua scomparsa o del suo dimagramento? Dubito); non ho idea di quale giungla associazionistica verrà fuori a coprire (anche commercialmente) lo spazio lasciato vacante. Certo, noi non siamo l’Inghilterra e tutto lascia prevedere che di quella tradizione (di fondazioni scientifiche e di ricerca) e di quel rigore non ci appartiene nulla. Le attuali Associazioni di categoria sono ben lontane, per vari motivi, dall’essere pronte ad assumere funzioni istituzionali complesse. Allora che accadrà?

Temo solo che, se l’andazzo è questo, la tendenza attuale ad aprire le dighe alle nuove pseudo-professioni, all’accreditamento stile bollini del supermarket, alla formazione “tanto al kilo“, all’omologazione tra una psicoterapia efficace e il dentifricio al fluoro approvato dall’associazione dei dentisti delle Langhe, sarà sempre maggiore e si stabilirà sempre più profondamente nell’immaginario di tutti l’idea che lo psicologo (il medico, l’avvocato, il giudice, etc.) “ti vende qualcosa“. Ma forse è già così…

Dovremo allora tutti ridurci a tirar fuori i nostri banchetti da venditori all’ingrosso e al dettaglio di formazione, di salute, di benessere ed affiancarci nel “mercato” agli altri competitors (counselors, etc..). È questo che vogliamo?

Ed allora cosa ci auspichiamo? Sicuramente una maggiore unità di tutte le anime della professione verso una maggiore chiarezza sulle regole:

  • regole sulla tutela, che avvenga con puntualità e rigore;
  • regole sull’accreditamento professionale che segua e certifichi i diversi livelli di competenza e l’articolazione delle esperienze, e che non sia la squallida raccolta punti ECM (che prima o poi saremo costretti a fare tutti) che nulla dicono della formazione reale e del saper fare della Psicologo;
  • regole sull’etica professionale, ben distinta dalle logiche mercantili.

Chi ha dettato fino ad oggi queste regole, chi le detterà per il futuro per la nostra professione? Noi Psicologi? Non credo.




Lettera aperta all'onorevole Luigi Cancrini

LETTERA APERTA DI ALTRAPSICOLOGIA A LUIGI CANCRINI

 *************

Caro Professore ed Onorevole Luigi Cancrini,

ci rivolgiamo a Lei in quanto estensore del disegno di legge N. 4652 dell’8 Giugno 2000 ed oggi, sappiamo, ripresentato in questa legislatura in forma più articolata (col DDL 439). Stiamo parlando della tanto attesa Legge sulla Psicoterapia Convenzionata.

Non conosciamo ancora il nuovo articolato, bensì quello precedente sul quale ci siamo, come AltraPsicologia esaurientemente espressi a firma Nicola Piccinini già oltre nove mesi fa (Vedi articolo).

Oggi, a nove mesi di distanza, da molte parti del mondo professionale, tutti sembrano accorgersi (con il solito ritardo) degli stessi problemi lì sollevati e si rende perciò necessario un sereno confronto pubblico. 

In quella occasione la nostra opinione fu critica, non certo sulle encomiabili intenzioni sottese al disegno di legge, che di massima condividiamo, ma in merito ad almeno un paio di passaggi oltremodo controversi:

  1. il primo relativo all’estensione della possibilità per tutti gli psicoterapeuti (medici inclusi) ad operare la consulenza psicologica, riservata agli psicologi in base alla legge 56/89. Dopo il recente passaggio di Psicologia Clinica anche a Medicina, la nostra legge istitutiva rischia in tal modo di essere ulteriormente calpestata e con essa tutta la categoria professionale.
  2. il secondo legato all’accreditamento di quei professionisti che operino da almeno dieci anni, criterio palesemente ingiustificabile se efficacia ed esperienza professionale si considerano legate a specifici percorsi formativi e non genericamente ad un lunghissimo tempo posteriore alla qualifica, che di per sé e da solo non offre alcuna garanzia di competenza

Delle due l’una: o lo Stato titola e consente di operare a tutti gli psicoterapeuti in possesso del titolo; oppure riconosce di essersi sbagliato ed afferma che questi titoli non qualificano a sufficienza ed occorre un supplemento di formazione ed esperienza per essere psicoterapeuti accreditati. Benissimo, ci sta bene, ma allora secondo quali criteri? Se ne vuole discutere con le Associazioni di categoria?

È proprio sui criteri di accreditamento che noi di AltraPsicologia vorremmo con Lei e con tutta la categoria professionale poter discutere apertamente, per comprendere in quale modo Lei abbia pensato di convenzionare gli psicoterapeuti.

In tutta franchezza, caro Professore, e ci rivolgiamo a Lei conoscendo la sua serietà professionale anche come formatore, le vogliamo dire che temiamo molto questi delicati passaggi legislativi nelle cui pieghe possono annidarsi le solite furbizie “all’italiana” ed i soliti criteri cerchiobottisti per i quali non sono certo i bisogni dell’utenza, ma i bisogni politico-economici delle solite lobby che monopolizzano l’attuale mercato della formazione e del lavoro psicologico a dettare l’agenda delle priorità.

Non vorremmo ad esempio vedere estendere alla categoria degli psicologi non sanitarizzati il mercatino degli ECM, così come non vorremmo che tali criteri privilegiassero i soliti noti e lasciassero fuori i soliti ignoti, cioè i soliti reietti vessati ed ingannati da anni ed anni di tasse, rette, onorari, salatissimi.

Ci si intenda: noi siamo a tutela degli psicologi, ma per tutelarli davvero occorre per prima cosa tutelare i cittadini che a loro si rivolgono. Non chiediamo alcuno sconto per i colleghi psicologi in nome dei posti di lavoro ma solo trasparenti, verificabili e condivisi criteri (di efficacia ed efficienza) per l’accesso ad una funzione pubblica delicata quale la psicoterapia in convenzione. Siamo certi che solo in questo modo eventuali accreditamenti potranno giovare al prestigio della nostra professione. Ci auguriamo dunque che il nuovo articolato corrisponda a quanto stiamo qui dicendo.

Caro Professore, questa volta ci piacerebbe davvero sederci intorno ad un tavolo con Lei e tutti gli altri e capirci qualcosa di più e, casomai, poter dare il nostro modesto contributo.
Grazie

Cordialmente
Luigi D’Elia
Presidente di AltraPsicologia
www.altrapsicologia.it




Compiacenza del giovane psicoterapeuta precario ed imprevedibili effetti di retroazione

Prendo spunto dal libro appena uscito dell’amico e collega Fabrizio Rizzi; “Dottore in carne ed ossa. Libretto d’istruzioni emotive per aspiranti psicoterapeuti” Clinamen Editore, per argomentare su un tema messo sotto silenzio.

Il libro è davvero utile e assai godibile, ma le sue principali qualità, oltre queste, sono la sua onestà intellettuale (mostra dubbi, limiti, contraddizioni della persona reale dello psicoterapeuta e non di quello ri-costruito nei casi clinici) e la sua capacità di prendersi cura della professione e delle giovani generazioni di colleghi, fatto raro nel nostro panorama.

M’ispiro in particolare ad un capitolo il cui titolo non lascia spazio ad equivoci: Curare non significa lisciare per il verso del pelo, che significa che non è utile né opportuno mostrare compiacenza e ruffianeria nei confronti dei propri pazienti nella prospettiva di ingraziarsi la loro approvazione o come se si volesse raccogliere la loro “soddisfazione” in quanto “consumatori di servizi”. Nella psicoterapia dunque non è detto che il cliente abbia sempre ragione, così come non è vero che la psicoterapia si debba fondare sul principio della esperienza emozionale correttiva e riparativa rispetto alle esperienze della vita e delle relazioni passate del paziente.

Queste sintetiche note qui riportate mi inducono, sulla scia della lucida veracità del libro di Fabrizio Rizzi, ad alcune riflessioni sulla realtà di innumerevoli giovani colleghi che intraprendono questa professione. Fabrizio non me ne voglia se lo utilizzo un po’ come pre-testo (con lui tra l’altro ne abbiamo anche parlato), ma ho pensato che i suoi giusti e puntuali ammonimenti se applicati al proliferante ed incontrollato campo del settore privato (Fabrizio lavora nel servizio pubblico) assumono ben altra rilevanza ed obbligano ad amare riflessioni sul presente e sul futuro della nostra professione.

Mi sono allora domandato: quanti sono i giovani colleghi appena specializzati o quasi specializzati che cominciano ad “incontrarsi” con i loro primi pazienti e a sperimentarsi in questo bellissimo e difficilissimo lavoro? Beh, il conto è presto fatto: molte migliaia. Tra di loro la grande maggioranza prosegue, in una sorta di galleggiamento, nel conservare i propri 2-3 o 5 pazienti per molti anni, e molto spesso, lo sappiamo tutti, moltissimi colleghi non vanno oltre. Magari, se sono fortunati, cominciano a lavorare mentre conservano in parallelo un altro lavoro (cameriera, informatico sono tra i più gettonati), oppure, se non lo sono, sperano d’incrementare il loro bacino di utenti, e sperano di coronare il loro sogno di poter diventare un giorno dottori in carne ed ossa. Si, perché per diventare uno di quei dottori in carne ed ossa di cui parla Fabrizio Rizzi ci vuole molto di più di una semplice frequentazione quadriennale di una delle 300 scuole del nostro territorio nazionale. Si cominci a dirla questa semplice e onesta verità, seppure risulti molto impopolare.

Mi sono inoltre domandato come mai non si parli nel nostro ambiente della ricattabilità di questa lunga condizione di precariato di tutti questi nostri giovani colleghi e non si parli, al contempo, delle conseguenze teorico-tecniche e poi cliniche di questo pesante scenario metacontestuale nel quale quasi tutte le nuove leve si muovono oramai da oltre dieci anni (e forse più).

Non c’è dubbio che uno psicoterapeuta instabile, precario, ricattabile, oltre che inesperto ed incerto (e mantenuto tale per innumerevoli anni), non è nelle condizioni di svolgere appieno il proprio lavoro. Il primo semplice motivo, e non certo l’unico, è che questo scenario stravolge e capovolge innaturalmente le condizioni per le quali dovrebbero essere i pazienti ad aver bisogno del lavoro dello psicoterapeuta e non viceversa. Chi sorvola o glissa su questo elementare principio contrattuale sociale non esercita, nonostante il nominalismo contemporaneo, alcuna psicoterapia.

Non c’è dubbio quindi che uno psicoterapeuta disperatamente dipendente da quei pochissimi pazienti che ha (non solo economicamente, ma anche per quanto riguarda la sua identità professionale) può facilmente attuare meccanismi, più o meno consapevoli, miranti a realizzare una loro artificiosa fidelizzazione (termine che non a caso importo da ambienti del marketing), una sorta di compiacenza che è intrinsecamente contraria al lavoro trasformativo che comporta ogni psicoterapia.

L’effetto domino che questa condizione, in tutti i suoi risvolti, ha sulle pratiche della psicoterapia è imprevedibile e visibilmente pericoloso per l’utenza, soprattutto se pensiamo alla dimensione macro che assume il fenomeno in questione.

Se esaminiamo questo scenario dal punto di vista delle possibili retroazioni e conseguenze che esso produce, ci rendiamo conto, forse con maggiore drammaticità, dello scempio a cui assistiamo.

Mi riferisco alla retroazione che la domanda formativa dello psicoterapeuta precario in formazione potrebbe produrre sull’industria formativa che, recependo tali bisogni, ne potrebbe assumere le logiche sussistenziali. Ne consegue che la sopravvivenza del sistema formativo e delle istituzioni psicoterapeutiche diventa immediatamente sovraordinato rispetto all’orizzonte etico-deontologico della professione.

Provo a riassumere e sintetizzare i passaggi interconnessi da me immaginati, ma che tutti noi intuitivamente possiamo facilmente visualizzare:

  1. scarsità di pazienti e condizione di precarietà e bisognosità dello psicoterapeuta in formazione e all’inizio della sua carriera e prolungamento di questa precarietà.
  2. necessità di fidelizzazione dei pochi pazienti disponibili: effetti di connivenza e collusione.
  3. forzatura su numerosi aspetti della tecnica e dell’analisi della domanda psicoterapeutica
  4. retroazione di questi bisogni esistenziali e sussistenziali sulle domande formative
  5. effetti conservativi delle istituzioni formative psicoterapeutiche i cui bisogni diventano sovraordinati e indipendenti rispetto alle finalità etiche della pratica psicoterapeutica
  6. abbassamento del livello qualitativo dell’offerta formativa psicoterapeutica e livellamento sulle logiche commerciali domanda/offerta e conseguenti effetti di retroazione e di promozione di domande e bisogni artificiosi
  7. effetti di modificazione delle tecniche e delle teorie delle tecniche psicoterapeutiche non a partire dalla ricerca empirica, né dall’esperienza clinica, ma finalizzate a corrispondere al mantenimento del sistema psicoterapeutico.
  8. distanziamento dalle problematiche dei pazienti e adulterazione delle finalità professionali

La circolarità nefasta qui esposta ha una sua chiara causa a monte nell’ingiustificabile gonfiamento della domanda formativa in psicoterapia, lo sappiamo, ma ancora non riusciamo a riflettere con la necessaria lucidità sulla catastrofe culturale annunciata ed in corso che riguarda la fatale squalificazione delle pratiche. E proprio pensando alla dimensione ubiquitaria e trasversale del fenomeno che certi nessi assumono valenza preoccupante. Penso alla forte competitività che esiste nella nostra categoria, penso alla patologizzazione/medicalizzazione dell’esistenza a cui si assiste in molti nostri ambienti, penso alla proposizione di modalità tecnicistiche o di modalità manipolatorie (indipendentemente dai paradigmi teorici di riferimento), penso infine alla squalificazione prossima alla cialtroneria che rischia di attraversare tutta la categoria.

Domandiamoci allora chi o cosa alimenta, direttamente o indirettamente, questa circolarità? Chi ne diventa più o meno implicitamente complice? E soprattutto: quanti sono i formatori di psicoterapeuti che illustrano agli allievi le reali possibilità di lavoro e le reali difficoltà connesse e quanti, tra di essi, monitorano e seguono da vicino i percorsi d’inserimento e d’inizio attività dei loro ex allievi?